Per i 20 anni della band salentina: chilometri di code, parcheggi al completo e spettatori che non hanno potuto assistere allo show pur avendo pagato il biglietto. Pronta una class action per chiedere il rimborso

«Tucca li curcheno crai’mmane», «Devono farli a pezzi domani mattina», sibila la donna che cammina controcorrente sullo sterrato che porta al concerto dei Negramaro, sabato 12 agosto. Ma il giorno dopo, sui giornali non c’è nessuna testimonianza di prima mano dell’incubo che hanno vissuto i 40mila spettatori paganti del concerto di compleanno della band salentina. Nelle recensioni dei giornalisti che si occupano di musica, e che come è giusto sono stati accompagnati all’aeroporto civile di Galatina come ospiti d’onore, c’è solo un cenno all’inizio ritardato di tre quarti d’ora, e alle scuse di Giuliano Sangiorgi ai presenti, «abbiamo aspettato i tanti che sono ancora in coda».
In coda? Sembra un problema di traffico, ma non lo è. Quella che ha accolto i 40mila spettatori è una disorganizzazione ingiustificabile in una zona d’Italia che da venticinque anni ospita un evento musicale che di spettatori ne attira 250mila, la Notte della Taranta. Il concerto è iniziato da mezz’ora, noi camminiamo su questa strada che sembra non finire mai. «Se potessi far tornare indietro il moooondo», canta commosso Sangiorgi. «Di certo non mi troveresti quiiiii», rispondiamo noi con un rimasuglio di allegria.

«Sono due chilometri», assicura la pattuglia di militari che controlla la rete col filo spinato intorno all’aeroporto militare. Perché dopo il danno la beffa: ci sono volute due ore per riuscire a entrare dentro il parcheggio PO («Oh, quello», esclama sconsolata una delle ragazze che controllano il flusso delle auto, «provate a passare di qua, se vi fermano dite che avete un’emergenza»). Un posto auto pagato in anticipo, online, 20 euro, quattro volte più di quello che costa in questa zona un parcheggio organizzato per eventi notturni. Deve essere stato dato un ordine preciso di dire che tutto è a due chilometri, quando invece sono quattro o cinque.

La stessa distanza ci era stata assicurata mentre eravamo in coda dai poliziotti che bloccavano le strade consigliate dai navigatori - «Non potete passare da qui, ci sono case private», ripetevano mentre obbligavano migliaia e migliaia di auto a imbottigliarsi sulle uniche strade permesse. In realtà erano cinque, i chilometri. Cinque chilometri a passo d’uomo significa che una donna che cammina a fianco a noi ci supera, ogni tanto la raggiungiamo ma alla fine è lei ad arrivare per prima al parcheggio.

Parcheggio, poi: un campo di patate pieno di buche, adatto solo a Suv e 4x4, circondato da cavi d’acciaio invisibili in cui gli aspiranti spettatori inciampano senza speranza, mentre chi ha lasciato l’auto si chiede come farà a ritrovarla, visto che non c’è nessuna indicazione che aiuti a identificare in che fila era («Facile, basta aspettare che vadano via tutti», esclama uno dopo il concerto, con eroica allegria»). Che meraviglia il profumo di origano a mentuccia, quando scendiamo dall'auto: al ritorno sarò affogato nei gasi di scarico delle auto bloccate per ore con i motori accesi.


Il Salento non si dimenticherà mai del ventesimo compleanno dei Negramaro, la band di casa. Una disorganizzazione così non s’è mai vista. Soprattutto ingiustificabile qui, dove ogni anno (lo so: ci vado sempre) la Notte della Taranta passa senza traumi. Il motivo iniziale dell’esperienza da incubo che hanno vissuto 40mila persone lo spiega ridendo Elisa dal palco, quando il concerto si avvia ormai alla fine: «Zio Peppu fa una grande festa, ho detto ai miei figli. Sapete com’è, lui esagera sempre: stavolta ha affittato un aeroporto». E giù a ridere. «Una location mai usata prima per un concerto», vantavano i comunicati stampa ripresi dalla stampa e dai social. Scommettiamo che non verrà usata mai più?
Nessuno ha avuto il coraggio di dire a Sangiorgi che organizzare un evento da 40mila persone in un posto mal collegato e senza parcheggi era una pessima idea. Gli organizzatori – Magellano per il concerto e Parkforfun per i parcheggi – si sono accollati un compiuto che sarebbe parso evidentemente impossibile a chiunque conoscesse la logistica del posto. E così quella che doveva essere una grande festa si è trasformata, per il pubblico pagante (da 50 a 70 euro a biglietto) in un incubo. Il problema non sono state tanto le code chilometriche sulle strade: la piana del Salento è intessuta di superstrade. Il problema sono stati i parcheggi. Insufficienti, difficilmente raggiungibili, con migliaia e migliaia di posti auto collegati alla superstrada da un budello sterrato a una corsia.
Dopo il concerto, gli spettatori stremati che avevano resistito fino alla fine si sono trovati davanti a una nuova prova: due ore per uscire dai parcheggi. Le decine e decine di parcheggiatori dell’inizio erano sparite, ne restavano solo due o tre. Dopo un’ora passata tra la folla di auto bloccate in una situazione senza speranza abbiamo chiamato i carabinieri ma non rispondevano: alla centrale del 112 ci hanno spiegato che a Galatina le chiamate erano talmente tante che i colleghi non riuscivano a gestirle. All’incrocio dove si forma l’imbottigliamento c’è un poliziotto (uno!): allarga le braccia: «Non possiamo occuparci di gestire il traffico all’interno del parcheggio, quello riguarda l’organizzazione». Ma gli organizzatori sono andati via.

All’una di notte i parcheggiatori rimasti guardano il caos basiti, appoggiati a una macchina, senza fare nulla. «Che mi dà la paletta luminosa che cerco di regolare il traffico?», chiede un giovane volenteroso. Viene da Galatina, lui: ci ha messo tre ore e mezzo come noi che arrivavamo da Tricase. Le storie si accavallano. C’è la famiglia arrivata da Avellino e tornata indietro senza essere riuscita a entrare. Il gruppo che esce dopo aver ascoltato mezz’ora di musica perché prevede il caos che, effettivamente, aspetta chi resiste fino alla fine.
I racconti dei giornalisti sono entusiastici. Il concerto è grandioso, è ben amplificato, la band suona benissimo, Sangiorgi canta come sa fare, gli ospiti sono generosi. Ma il pubblico è diviso a metà: più vicini al palco gli entusiasti, che malgrado tutto riescono a godersi lo spettacolo. Alle loro spalle una folla immobile, stremata dal caos che hanno attraversato e rassegnata a quello che le aspetta. «Alzate le mani», grida Sangiorgi, ma metà del pubblico resta fermo. «Cantate! Ballate!». Bah.


È difficile far capire cosa significa impiegare due ore a percorrere duecento metri, circondati da auto con guidatori sempre più esasperati. Solo il “nubbale” salentino ci salva dalle risse: quel fatalismo che ti convince fin dalla nascita che quello che puoi fare “non vale la pena”, non serve a niente. Mentre siamo incolonnati tiriamo giù i sedili e ci appisoliamo per una mezz’ora, ma un uomo accanto a noi se ne accorge e, per rabbia o per invidia, batte sul vetro: «Dovete andare di là! Stanno aprendo un’altra uscita!». Ma perché proprio noi dobbiamo provare questa alternativa? E come potremmo muoverci, incastrati come siamo come sardine in una scatola di latta?
Mentre torniamo ascoltiamo Rds. Chiedono agli ascoltatori di raccontare perché sono in macchina a quest’ora, «quando la gente normale dorme». In ogni gruppo di risposte, un commento su tre è di reduci del concerto. Ridono, i presentatori, la disorganizzazione del concerto salentino dei Negramaro è già la barzelletta delle radio italiane. Apprendiamo così che a noi è andata bene. C’è chi non è riuscito a entrare perché gli organizzatori dei parcheggi avevano fatto l’overbooking, e dopo aver pagato 20 o 25 euro e fatto due ore di coda molte persone sono state mandate via. C’è chi attraversato la campagna nel buio, alla luce dei cellulari, terrorizzato dall’abbaiare dei cani (il Salento ha un problema di randagi, anche se questa notte non ne abbiamo incontrato neanche uno). Una famiglia partita da Napoli non è arrivata neanche al parcheggio ed è tornata a casa. Chi si è fidato del servizio navetta ha avuto brutte sorprese: corse annullate, e spettatori lasciati comunque in mezzo al nulla, a quattro chilometri dal concerto. All’ingresso poi - e questa è probabilmente è la cosa più grave – non solo non venivano controllati i biglietti, ma nemmeno le borse: avessi avuto con me non solo delle bottiglie d’acqua col tappo (che nei concerti organizzati bene vengono sequestrate per motivi di sicurezza) ma un carro armato, non se ne sarebbe accorto nessuno. E tutto questo in un’estate in cui il Salento ha fatto parlar male di sé per tanti motivi. Una figuraccia come questa, proprio quest’anno i Negramaro ce la potevano risparmiare.


Noi che abitiamo vicino siamo usciti di casa alle sette di sera e siamo tornati alle cinque e un quarto. Sbollita l’ira e passato il Ferragosto, il proposito è di organizzare una class action per chiedere il rimborso dei biglietti del concerto e soprattutto quello del parcheggio. Cercheremo di coinvolgere Altro Consumo o la Polidream, associazione consumatori di Polignano specializzata in problemi della regione. Ci vediamo lì.


PS. Il giorno dopo mi ritrovo in testa “Diamanti” («È solo vento negli occhi. E non ho un cazzo da dirti…») e non me lo perdono. Corro ai ripari. Penso quel è la canzone più infettiva dell’estate, mi ricordo dei Kolors e mi obbligo a cantare «Questa non è Ibiza, Festivalbar con la cassa dritta…». Ha funzionato.

 

Aggiornamento del 17 agosto 2023
La precisazione di ParkForFun: Regole ignorate, i parcheggi non c’entrano