La mozione di sfiducia alla ministra del Turismo causa più guai alla minoranza che alla maggioranza. Il destino dell’esecutivo (e dei suoi componenti) è soltanto nelle mani della premier. Infatti l’unica botta è arrivata dalla Spagna

La mozione di sfiducia al ministro Daniela Santanchè (Turismo), presentata dai volenterosi Cinque Stelle e bocciata dal centrodestra al solito compatto, parla molto di più dell’opposizione che della maggioranza. E con nettezza dice che, di fronte a un caso giudiziario-politico-giornalistico sollevato da un’inchiesta di Report firmata Giorgio Mottola e rinfocolato da gran parte dei media non allineati al potere del momento, l’opposizione non ha una strategia condivisa, non ha una visione del mondo che, pur con ipocrisia, è sempre collante e movente di associazioni di uomini e di coalizioni di partiti. Anche per gustarsi dei prelibati formaggi olandesi bisogna essere d’accordo. L’opposizione non lo è mai. Questa è la più solida polizza sulla vita del governo di Giorgia Meloni.

 

La mozione impallinata, e qui l’esito va interpretato, non rafforza né la Santanchè, che potrebbe aver posticipato soltanto di pochi mesi la sua uscita, né la maggioranza di governo, ma indebolisce l’opposizione già profondamente debilitata con lo strascico, prevedibile, di una polemica fra i 5S di Giuseppe Conte e Azione di Carlo Calenda.

In nove mesi di governo non si percepisce l’avvento dei patrioti a Palazzo Chigi, se non in goffi piani di riscrittura delle regole e in una particolare (non inusuale) foga di accaparrarsi le poltrone e dividersi le nomine di società e aziende a controllo statale o pubbliche.

Le cronache politiche quotidiane, ispirate dai bravi (a volte, brevi) portavoce, riportano spesso lo scontento di Meloni, la delusione per il lavoro di più di un ministro e la tentazione, puntualmente repressa, di avviare un repulisti, un paludoso (e rischioso) rimpasto. Questa è la modalità «crociera», che è necessaria al governo per evitare di addormentarsi e mantenere un minimo di sana tensione e di rapporto protetto col pericolo.

In nove mesi l’evento più insidioso che si è abbattuto su Meloni è arrivato dalla Spagna; cioè dalla retromarcia dei neofranchisti di Vox che, nelle illusioni di coloro che non distinguono la frizzante secolarizzazione iberica dal noioso tartufismo italico, avrebbero potuto ricalcare la trionfante ascesa di Fratelli d’Italia.

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Il fallimento di Vox in Spagna fa vacillare il progetto europeo di Meloni per una alleanza dei suoi conservatori con i popolari. Tecniche e tattiche politiche che mal si conciliano con l’opposizione raminga a cui "Soy Giorgia” dovrà pur volere un po’ di bene e sussurrarle un pudico grazie. Perdindirindina.