Chef tristellato, tedesco trapiantato a Roma, racconta entusiasmi e ricette, esperienze e riflessioni. E spiega che si può coniugare il buon cibo con la buona salute. «Non dobbiamo mai dimenticare da dove veniamo»

La cucina di Heinz Beck, chef 3 Stelle Michelin, si tuffa dall’ultimo piano del Rome Cavalieri nel panorama mozzafiato sulla Città Eterna. Fuori la meraviglia di antica memoria, dentro la tecnologia del futuro. «Ho una passione per gli strumenti di ultima generazione», esordisce mentre illustra liofilizzatori con cui ottiene il sale vegetale e vasche a ultrasuoni che rompono le molecole degli alimenti sprigionando un profumo divino. Ma, se gli si chiede qual è l’oggetto indispensabile ai fornelli, risponde senza esitazione: «Il cucchiaio. Qualsiasi cosa tu proponga al prossimo, devi assaggiarla prima». E infatti, dal tardo pomeriggio, un nugolo di collaboratori felpati come gatti si alternano in processione gastronomica per far provare allo “chef” i piatti in menù. Lui annuisce, storce il naso, consiglia aggiustamenti.

«L’ultima ricetta creata? è decisamente estiva: scampo marinato su ragù di peperoni con gazpacho verde e olio alle erbe. I nomi li scelgo io. L’ispirazione arriva osservando un fiore, un’opera d’arte, un sorriso. Qualsiasi cosa che regala emozioni. Amo camminare nei boschi e, proprio nel Parco Nazionale d’Abruzzo, è nata l’idea del lichene da usare nella purea di ghiande, funghi e manzo marinato». Ricordi della sua terra natia, la Baviera, dove inizia a fare la gavetta in una ditta di catering a Monaco. Nel 1986 diventa chef di partita al Colombi Hotel di Friburgo e, tre anni dopo, si traferisce al prestigioso Tantris. Dopo un’esperienza in Spagna e la qualifica di Maestro di Cucina, nel 1994 approda sul biondo Tevere. E ci resta.

«Non ero mai stato in Italia, neppure in vacanza e non conoscevo quasi nulla della tradizione culinaria se non quello che arrivava all’estero. Quando ero ragazzo (Beck compirà 60 anni il 3 novembre prossimo, ndr) cominciava l’interesse verso l’alta gastronomia europea: in Francia nasceva la Nouvelle Cousine di Paul Bocuse e Michel Guérard, poi il movimento di Ferran Adrià in Spagna ha influenzato molto quelli della mia generazione. Qui a La Pergola abbiamo praticamente lanciato l’abitudine di cenare in un ristorante di hotel, non senza difficoltà e pregiudizi. Nel 1998 è arrivata la prima stella Michelin. L’anno prima, sempre in albergo, ho incontrato la donna che sarebbe diventata mia moglie (Teresa Maltese, palermitana, che è socia dello chef nella Beck&Maltese Consulting, ndr). Anche lei con esperienze di lavoro all’estero, dopo gli studi di lingue e turismo. È stato un lungo corteggiamento. Se l’ho conquistata con un manicaretto? Certo che sì. Il carpaccio di astice con agrumi e gelato al basilico e gelsomino è dedicato a Teresa. Nel tempo libero ci piace passeggiare per Roma: i nostri luoghi del cuore sono il Giardino degli Aranci all’Aventino, il Roseto comunale di fronte ai resti del Palatino, la Chiesa di S. Anselmo con il monastero, il Pantheon perché quando entri emana energia».

L’Heinz Beck in modalità turista romantico ricorda un po’ gli artisti del Grand Tour nordeuropei che, a cavallo fra ’700 e ’800, visitavano Roma, Napoli, la Sicilia. Dimentichiamoci lo stereotipo “Pizza, pasta e mandolino”: lo chef non è portato per le serenate e, nella sua cucina, la parola d’ordine è leggerezza.

«Se prima l’essere umano inseguiva il cibo, ora è il cibo a inseguire l’essere umano. E il nostro organismo non è stato progettato per questo. Socrate diceva: “Il cibo sarà la tua medicina”. Nel mio percorso professionale, stagione dopo stagione, ho indagato il rapporto cibo-salute pensando a menù degustazione composti da molti piatti ricchi di micronutrienti. In questa direzione, da un paio di anni porto avanti un programma di food line legato a protocolli medici con Palazzo Fiuggi, la wellness medical Spa nell’omonima località termale del Lazio. Nessuna dieta punitiva bensì una selezione di cibi in grado di garantire perdita di grasso e non di massa muscolare».

 

Per chi resta a casa, chef Beck consiglia una pianificazione settimanale dei pasti, suddivisi in prima colazione, pranzo, merenda e cena. Legata alla stagionalità delle materie prime. Perché «il corpo non è qualcosa di sterile, ha una mente e un’anima».

Il suo mantra è: «Perdere tempo per i sapori». Tutto inizia dalla dispensa. «La migliore è quella vuota. Il motivo? Una dispensa vuota permette di non mangiare alimenti vecchi. Al contrario, una piena ha il difetto di farci ingozzare. Lo stesso vale per il frigorifero e il congelatore. Bisogna abituarsi a comprare quantità minori di cibo, controllarne la provenienza e la scadenza. Per evitare gli sprechi, il metodo da seguire è non cedere alla tentazione della scorta. Inoltre, fare un giro tra i banchi del mercato aiuta a coinvolgere i cinque sensi. E ad accrescere la felicità».

Per Heinz Beck felicità è anche condivisione. In occasione della cena di gala organizzata al Rome Cavalieri che festeggia proprio a giugno i sessant’anni di attività, ha voluto accanto a sé due colleghi di caratura internazionale: Jacob Jan Boerma, una stella al The White Room di Amsterdam e Paolo Casagrande, veneto trapiantato in Spagna, che dirige la cucina del tristellato Lasarte a Barcellona. In menù, una scarola cotta agli ultrasuoni con aragosta, la sua emulsione e mandorle e un dolce battezzato “Latte, pane e cioccolato”. «Non dobbiamo mai dimenticare da dove veniamo. Ho cercato sempre di lavorare sui piatti della tradizione, mescolando tecnica e prodotti. Solo così si può creare qualcosa di originale perché le idee non cadono dall’alto. Da questa filosofia sono nati i Fagottelli che conservano il dna della carbonara, tra i piatti-simbolo di Roma. Nel ripieno metto tuorli d’uovo, pecorino grattugiato, pepe. Nella salsa, guanciale e zucchine. Sempre separando sapori, odori e colori».

Dall’autunno La Pergola chiuderà i battenti per un radicale restyling a cura dello studio francese Jouin Manku (artefice della ristrutturazione de La Mamounia a Marrakech e della boutique Van Cleef&Arpels sulla Fifth Avenue di New York) ma, di certo, lo chef non andrà in vacanza. Tramite la B&M Consulting gestisce ristoranti in Algarve e in Toscana, a Santa Margherita di Pula e a Pescara. «Il cuore mi porta spesso in Sicilia, a Taormina, dove c’è il St. George Restaurant by Heinz Beck, due stelle Michelin all’interno dell’Ashbee Hotel. Profumi intensi di mandorli e gelsi».

Fra convegni e docenze, libri e collaborazioni con aziende, aerei e viaggi in macchina, l’instancabile Beck non perde mai di vista la formazione del suo vivaio di allievi. «Fare training significa investire nel futuro per migliorare la qualità complessiva del nostro settore. Solo così possiamo essere davvero competitivi. Mi impegno a seguire molti dei miei vecchi collaboratori che hanno intrapreso con successo ed entusiasmo la professione di chef. Cosa consiglio ai giovani con il talento per la cucina? Prima di tutto di non perdere mai la curiosità e di coltivarla, di studiare ed essere costantemente aggiornati e di non dimenticare che questa attività richiede dedizione. Lavoriamo quando gli altri si riposano». E lancia un messaggio alla politica. «Trovare manodopera qualificata è sempre più difficile e noi abbiamo un grande bisogno di personale. Sarebbe auspicabile una detassazione degli stipendi oltre a una concreta promozione del made in Italy, aiuti per agricoltori e allevatori, player fondamentali per la filiera alimentare. In questo modo la dieta mediterranea sopravviverà per altri mille anni».

Nella cucina vista Cupolone appollaiata su Monte Mario del bavarese-romano Beck lavorano ventidue persone che parlano italiano. Lui gesticola come un qualunque meridionale, saltella sulle stampelle regalo poco gradito di un incidente accaduto tra pentole e mestoli, usa il tablet per mostrare grafici e seguire in tempo reale la vita degli altri locali.

Cosa pensa dei colleghi che fanno spettacolo in tv nei talent o che entrano nelle cucine altrui senza colpo ferire? «Premesso che i talent hanno avuto il merito di avvicinare un pubblico vastissimo al cibo e a tutto ciò che gli ruota intorno, sarebbero auspicabili anche nel nostro settore format in grado di mettere insieme intrattenimento e approfondimento. E in giro non ne vedo. La mia esperienza sul piccolo schermo è marginale, dato che ho preso parte come ospite a Masterchef Italia, Portogallo e Regno Unito e a Kitchen Impossible in Germania. Cosa risponderei se mi offrissero un programma da condurre? Valuterei al momento la proposta», sentenzia con piglio teutonico.