Una categoria unica nel suo genere che esercita un abuso di fatto di una posizione dominante. Refrattaria a ogni tentativo di mettere dei paletti e arginarne gli eccessi

L’ennesimo “campionato giudiziario” che ha riguardato il calcio ed in particolare la Juve ha tenuto fuori ancora una volta l’unica componente del sistema che qualsiasi cosa accada è sempre più potente e deresponsabilizzata. È abbastanza ovvio che non possano prodursi plusvalenze fittizie o realizzarsi strane manovre sugli stipendi, senza che le stesse vengano condivise dagli agenti o congegnate con loro, eppure non se ne parla. In realtà qualsiasi cosa accade in questo mondo, tanto ricco e tanto controverso, nulla li tocca: se un campione si sgonfia o si rivela un brocco non è certo colpa loro e le commissioni corrono sempre anche se i calciatori si fermano. Se, al contrario, un giovane di belle speranze esplode, il vecchio contratto non vale più e gli agenti cavalcano i cosiddetti mal di pancia. Così, se si tratta di consigliare di non rinnovare un contratto e di indirizzare lo sportivo da una parte o dall’altra. Se poi le plusvalenze sono reali o fittizie, un trasferimento funzionale o strumentale, per loro nulla cambia, tanto a pagare sono i club sempre più indebitati e con conti sempre più gonfiati.

 

Una categoria unica nel suo genere che esercita un abuso di fatto di una posizione dominante che non è chiaro (o lo è fin troppo) da dove nasca, visto che gli agenti non hanno l’esclusiva di un prodotto, né la proprietà delle società che lo realizza, né una qualche prerogativa infungibile. L’agente ha via via cannibalizzato le diverse aree operative, divenendo un mediatore, un brasseur d’affaires retribuito direttamente dai club per conto di tutte le parti in causa, in quanto in grado di condizionare le scelte degli atleti e forse di mediare tutto il mediabile anche quando le proprietà non possono (o non vogliono) comparire, diventandone conseguentemente ostaggio.

 

Alla funzione originaria di procuratore a cui il calciatore si affidava per la gestione delle proprie attività e dei suoi interessi tipicamente di parte, si è infatti sovrapposta quella di intermediario tra il club che vende, il calciatore e il club acquirente con una clamorosa distorsione dei ruoli. Una figura che dovrebbe fare gli interessi di tutti, anche di parti contrapposte e che quindi alla fine fa solo gli interessi propri; percependo commissioni dagli uni e dagli altri (e talora anche da terzi) e dando così vita a doppie o triple rappresentanze e mediazioni con conseguenti ed evidenti conflitti di interesse.

 

D’altra parte, se confrontiamo il giro d’affari del calcio-mercato a livello globale con gli importi fatturati dagli agenti e con i bilanci dei club, il volume di commissioni è sproporzionato fino a divenire paradossale. E ciò si riflette in tutti i mercati nazionali, anche a causa della nuova voce delle commissioni per i calciatori ingaggiati a parametro zero, ennesima prassi tutt’altro che virtuosa che si è diffusa e che produce extra-profitti all’agente per determinare la scelta del calciatore. Il parametro zero è tale per il club che il calciatore lascia ma non per la nuova società che paga una serie di anomali bonus e commissioni, con l’effetto di produrre una distorsione degli stessi fini della sentenza Bosman.

 

Paradossalmente, l’aumento delle commissioni sportive è direttamente proporzionale all’indice di indebitamento delle società: ad esempio il deficit di bilancio dei 20 club di Serie A nell’ultimo decennio è raddoppiato, raggiungendo i 4,6 miliardi di euro, di cui una fetta consistente è costituita dai costi in esame. La degenerazione è arrivata al culmine qualche anno fa con la prassi delle Third party ownership, operazioni che vedono coinvolti agenti nell’acquisizione di una percentuale sulla futura valorizzazione del contratto di un calciatore. Tuttavia la Fifa fu costretta a metterle formalmente al bando alla fine del 2014, a seguito di vicende clamorose culminate con il caso Neymar. Ma, secondo il Cies, al centro del controllo tuttora esercitato dai super-agenti ci sarebbero ancora queste pratiche tutt’altro che scomparse.

 

Così, a fronte di una situazione divenuta esplosiva, la Fifa, per difendere la sua stessa esistenza (rispetto alle ipotesi sempre più incombenti della creazione di Authority regolatorie pubbliche del settore) ha approvato a Doha il 16 dicembre 2022, il nuovo Football agent regulations in vigore dal 1° ottobre 2023. È stata così posta fine alla deregulation della professione che generava il fenomeno del football trafficking con l’obbligo di licenza ufficiale Fifa, l’introduzione di un tetto sulle commissioni e di limiti alla rappresentanza multipla per evitare conflitti di interesse. Tutti i pagamenti dovranno essere effettuati dal soggetto che ha sottoscritto il mandato di rappresentanza tramite la Fifa clearing house che sarà una vera e propria banca del calciomercato attraverso cui dovranno passare ed essere tracciati tutti i pagamenti, per evitare anche vicende criminali di riciclaggio ed evasione che pure sono sempre più frequenti.

 

Com’era prevedibile il nuovo regolamento è stato subito attaccato dalle associazioni di settore che hanno intentato azioni giudiziarie a tempo di record per bloccarlo: la prima, contro la Fifa e la Federazione Olandese, è stata rigettata dal tribunale di Utrecht il 10 maggio scorso, un’altra presentata da due membri del Dfvv (l’equivalente tedesca dell’Assoagenti) è stata accolta il 24 maggio dal tribunale di Dortmund che ha emesso un’ingiunzione contro il nuovo regolamento, mentre il tribunale di Magonza ha preferito rimettere le questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia Ue. Resta da vedere come le singole Federazioni si adegueranno al nuovo corso e soprattutto in quali tempi vista l’urgenza di bonificare un settore industriale ormai tanto rilevante non solo sul piano economico ma anche su quello politico e sociale.