La tragedia dell’Emilia-Romagna è avvenuta esattamente per i motivi che i ragazzi e le ragazze dei movimenti ambientalisti avevano denunciato. Noi adulti li abbiamo ignorati, derisi, criticati. Mentre loro a spalare il fango ci sono andati davvero

È difficile comprendere il disprezzo adulto verso i ragazzi e le ragazze che si battono per il clima, ovvero per noi oltre che per loro. A meno di non spiegarlo con i romanzi di fantascienza.

Bene, in un numero incalcolabile di distopie Young Adult gli adulti spariscono a causa di morbi misteriosi che risparmiano solo i giovani fino ai diciotto anni. “The Enemy” di Charlie Higson narra di un’epidemia che uccide uomini e donne e chi non muore viene ridotto a uno zombi. Solo i ragazzi al di sotto dei quattordici anni non sono colpiti, salvo doversi difendere da non morti affamati che fino a poco prima erano i loro padri e le loro madri. Qualcosa di molto simile avviene in “Anna” di Niccolò Ammaniti e ancora prima in “The young world” di Chris Weitz, dove i giovani newyorkesi attendono la morte dopo la malattia (febbre, vomito, delirio) che uccide quando si raggiunge la maturità fisica. In “Between”, serie televisiva del 2015, si muore a ventidue anni.

La letteratura fantastica non è una fuga dal mondo reale: anzi, serve a capirlo. Il filone appena citato dice, infatti, due cose: primo, questa generazione di adulti non fa una gran figura ed è meglio sbarazzarsene il prima possibile. Secondo, gli adulti medesimi (che nella maggior parte dei casi sono quelli che scrivono i romanzi) non intendono essere soppiantati, dunque fanno morire giovanissimi i loro personaggi: anche e forse soprattutto perché sono i giovani ad aver capito che l’Apocalisse sta arrivando, o è già arrivata.

D’accordo, storia vecchissima, materia prima del mito: c’è sempre una Statua del Commendatore che bussa alla porta di Don Giovanni per ricordargli che la morale va rispettata e chi non lo fa finisce tra le fiamme (tranne che nella regia di Robert Carsen alla Scala nel 2011: in quel caso, a finire all’inferno erano i moralizzatori). Questa volta, però, l’accanimento è più insensato del solito.

Ricapitoliamo. Sono passati pochi giorni dalla tragedia dell’Emilia-Romagna. Che è avvenuta esattamente per i motivi che ragazzi e ragazze dei movimenti ambientalisti hanno denunciato in tutti i modi: il consumo di suolo, la cementificazione, l’indifferenza. Non è così difficile informarsi, anche per i ritardatari o i duri d’orecchio.

Sull’account Twitter di Extinction Rebellion si legge: «A Faenza pende un progetto di urbanizzazione, l’orto della Ghilana, vicino al fiume, contro il quale ci eravamo mobilitati già nel 2021; si vuole costruire una nuova tangenziale, si ampliano gli impianti industriali». Ultima generazione (sì, quelli della vernice lavabile, quelli che sono diventati il nemico pubblico numero uno, le nuove Br e così via): «Quante altre case devono essere distrutte, quante altre vittime devono esserci prima che il nostro governo si decida a fare qualcosa?». Fridays for Future Italia (già, coloro che vengono chiamati amabilmente «gretini»): «Passata l’emergenza, verranno messe in atto le misure per rendere il territorio più resiliente o ce ne dimenticheremo fino alla prossima tragedia?».

Su questi punti sono intervenuti i Wu Ming, con un lungo articolo sul blog “Giap”, che riprende lo stesso tema: «Il motivo per cui la pioggia sta avendo conseguenze dannose e a volte letali è presto detto: cade su un suolo asfaltato, cementificato, impermeabilizzato, che non può assorbirne una sola goccia; dunque quest’acqua non solo non rigenera la vita, non solo non ricarica le falde, ma si accumula in superficie e corre via, a grande velocità, travolgendo quel che trova. Spesso esonda da corsi d’acqua i cui argini – e spesso anche i letti – sono stati cementificati e le cui aste sono state “rettificate”. Corsi d’acqua intorno ai quali, dissennatamente, si è costruito e ancora costruito».

Infatti, ricordano, «l’Emilia-Romagna è la terza Regione più cementificata d’Italia, col suo 9% circa di suolo impermeabilizzato – contro il 7,1% nazionale, percentuale già altissima – ed è la terza per incremento del consumo di suolo nel 2021: oltre 658 ettari in più ricoperti, equivalenti al 10,4% del consumo di suolo nazionale di quell’anno». E si è costruito, ricorda su “Altreconomia” Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, «nelle aree protette (più 2,1 ettari nel 2020-2021), nelle aree a pericolosità di frana (più 11,8 ettari nel 2020-2021), nelle aree a pericolosità idraulica dove l’Emilia-Romagna vanta un vero e proprio record, essendo la prima Regione d’Italia per cementificazione in aree alluvionali: più 78,6 ettari nelle aree a elevata pericolosità idraulica; più 501,9 in quelle a media pericolosità, che è poi più della metà del consumo di suolo nazionale con quel grado di rischio idraulico. Pazzesco».

Nodi che vengono al pettine, dicono i Wu Ming. Nodi che sono stati raccontati dai giovani ambientalisti fino allo sfinimento, nell’assoluta indifferenza. Anzi. Nello scherno. Nei primi giorni della catastrofe in Emilia-Romagna, sia Ignazio La Russa sia Enrico Mentana li hanno invitati ad andare a spalare come gli Angeli del fango. Così Mentana: «Dai, ragazzi, che siete ancora in tempo, meno tangenziali occupate, meno comparsate tv e più sana, ma faticosa, militanza».

Peccato che c’erano tutti, i ragazzi e le ragazze di quei movimenti, a spalare, a raccogliere beni di prima necessità, a contribuire con le loro mani (a differenza dei twittatori). Ci sono decine di fotografie, a testimonianza. E resta la pessima figura di chi vilipende (e da anni) chi ha ragione, anche quando la realtà stessa glielo sta dimostrando.