Un luogo simbolo nel polmone verde di Roma, sottratto ai cittadini e lasciato al degrado. Ora col Pnrr si punta al rilancio. Ma i costi dei lavori mai partiti sono già lievitati. L’ex direttore Lo Savio: «Sognavo che diventasse un luogo per i giovani ma oggi quel patrimonio così pregevole è perduto»

Nel 1978 l’Italia è stato il primo paese al mondo ad abolire gli ospedali psichiatrici con la legge 180, promossa da Franco Basaglia, che rivoluzionò la salute mentale nel nostro paese. Tra le priorità dell’inedito scenario che si aprì dopo la firma del Presidente Leone e del Premier Andreotti c’era la chiusura del Santa Maria della Pietà, il più grande manicomio d’Europa, situato a Roma nord.

Inaugurato dal Re Vittorio Emanuele III in persona, ospitava tremila pazienti in 37 padiglioni circondati da un parco monumentale da 270.000 metri quadrati. La difficile missione di smantellamento fu affidata allo psichiatra Tommaso Losavio, tra i più stretti collaboratori di Basaglia. Ebbe successo a gennaio del 2000. Ventitré anni dopo, però, questo gioiello architettonico stracolmo di storia e immerso in un polmone verde, sta lentamente morendo dimenticato nel degrado e incuria più totale.

La maggior parte dei suoi 27 ettari sono abbandonati in un contesto inquietante tra edifici pericolanti nel migliore dei casi e distrutti nel peggiore. Eppure, uno spazio così ampio e ben collegato sarebbe indispensabile per la Capitale.

«Nel resto d'Europa e d'Italia, gli ex manicomi offrono bellezza e servizi pubblici: perché qui non è possibile?» si rammaricano molti abitanti come Filippo Guardascione di Diarioromano. «Quando sono riuscito a chiudere il manicomio, il mio obiettivo era restituire alla città un bene prezioso e produttore di indotto in una periferia accessibile. Il comune accoglieva i pazienti e in cambio aveva la possibilità di usufruire di uno spazio che era sempre stato separato da cancelli e fossati», spiega all’Espresso Tommaso Losavio. «Sognavo che diventasse un luogo per i giovani - continua l’ultimo direttore - ma oggi quel patrimonio così pregevole è perduto e ne sono infinitamente rattristato».

Lo psichiatra ricorda come insieme alla facoltà di Architettura della Sapienza, guidata da Roberto Palumbo, abbia cercato di rinnovare l’area con ambiziosi progetti, bloccati negli anni da una mancanza di visione che ha invece preferito “impallinarla con idee slegate”. Nonostante qualche tiepido tentativo di rilancio in passato, oggi la vera opportunità arriva dal Piano Nazionale Ripresa Resilienza.

 

La misura M5C2I2.2 prevede infatti circa 60 milioni di euro per il nosocomio tra interventi di restauro e riqualificazione, progetti socioassistenziali e culturali, iniziative di sostegno a disabili e donne vittime di violenza. In base alla documentazione della commissione capitolina PNRR, ottenuta dall’Espresso, nel solo ultimo anno i costi dei lavori sarebbero però lievitati di quasi dieci milioni di euro. Senza che sia stato avviato neanche un cantiere.

Una prima analisi del gennaio 2022 quantificava in 50 milioni l’importo totale. Un anno dopo, a gennaio 2023, l’importo era già salito a 58 milioni di euro. Per le stesse operazioni. Ciò nonostante, fonti della ASL Roma 1 ci fanno sapere di essere “fiduciose” della conclusione dei lavori nel 2026, precisando che “l’impegno nasce dal centenario del Santa Maria della Pietà celebrato nel 2014 che ha stimolato la politica”.

Durante l’ultima campagna elettorale per la Regione Lazio, il candidato del centrodestra Francesco Rocca ha visitato il complesso promettendo un “centro servizi per la sanità e il sociale”. Oggi lo staff del neogovernatore, già presidente della Croce Rossa, ci conferma la “forte volontà di agire al più presto”. Nel frattempo, un sopralluogo dell’Espresso ha potuto verificare come gran parte dei 37 padiglioni (di proprietà della Regione e ASL, con il Municipio XIV che ne ha affittati sei) risulti pericolante. Interi edifici cadono a pezzi, alcuni non hanno più neanche le porte, le finestre sono spaccate, le infiltrazioni si diffondono più veloci delle crepe e la vegetazione cresce incontrollata. Il padiglione 25 è addirittura occupato abusivamente (fino a poco tempo fa anche il numero 31 che nel 2013 ospitò – illegalmente - l’assemblea generale del M5S con l’ex Sindaca Raggi) e risulta essere al diciassettesimo posto nel piano sgomberi del Ministro Matteo Piantedosi, come ci conferma il Viminale. Un contesto fatiscente e pericoloso, aggravato da percorsi dissestati e vandalismo dilagante, che però vede tutt’oggi padiglioni in uso con servizi sanitari e varie attività.

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Emblematica la situazione del padiglione 8, che ospita l’ambulatorio veterinario, dove le uniche scale di emergenza sono chiuse con un cartello che in inglese recita: “Possono crollare, stare alla larga!”. Il segretario romano del sindacato NurSind, Stefano Barone, ci denuncia le condizioni di lavoro dei suoi colleghi infermieri all’interno: “Non c’è sicurezza, è tutto diroccato ed è un peccato. Ogni giorno accogliamo con imbarazzo i pazienti”. La situazione desta sempre più preoccupazione tanto da arrivare sul tavolo della Commissione Sanità del Senato della Repubblica.

La Vicepresidente Daniela Sbrollini (IV) annuncia infatti all’Espresso di volersi occupare della vicenda e ci promette di vigilare sul recupero di questa “ferita aperta, fatta di degrado e abbandono” diventata ormai una “terra di nessuno tra incuria e cantieri infiniti”. La senatrice Sbrollini auspica un’intesa virtuosa per risanare definitivamente la struttura e sviluppare un polo del benessere per i cittadini. Una trasformazione da luogo della sofferenza a luogo della bellezza, come immaginava Tommaso Losavio mettendo i lucchetti 23 anni fa. Si spera che questa sia la volta buona.