La scomparsa del Pontefice tedesco mette fine all’era dei due Papi. Ecco le iniziative in attesa dei funerali di giovedì e come cambiano gli equilibri vaticani

Non ci saranno i novendiali, i canonici nove giorni di lutto che seguono la morte di un papa, ma è un triduo non canonico quello iniziato oggi con l’esposizione pubblica della salma di Benedetto XVI, morto l’ultimo giorno dell’anno, fino a giovedì mattina, quando papa Francesco officerà la cerimonia funebre e il corpo del papa emerito sarà tumulato nelle Grotte Vaticane, lì dove un tempo era stato sepolto Giovanni Paolo II. Oggi il papa polacco è in un sarcofago accanto alla Pietà di Michelangelo, per cui il posto vacante nella cripta sarà occupato dal suo successore tedesco.

 

In questi giorni, il corpo di Ratzinger è esposto nella basilica di San Pietro, davanti al baldacchino del Bernini e dalle 9 alle 19 i fedeli possono rendergli omaggio: cerimonia solenne ma sobria, sottolinea la Santa sede, lontana dalle manifestazioni di pubblico cordoglio riservate a Wojtyła. Stando alle stime della prefettura di Roma, è previsto un afflusso fra 50 e 60mila persone nel giorno dei funerali, e circa mille agenti sono stati dispiegati per regolare il flusso dei fedeli che gli stanno rendendo omaggio dalle prime ore della mattina. Fra le personalità istituzionali che hanno omaggiato per prime il papa emerito ci sono state il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la premier Giorgia Meloni, che nel video tweet d’inizio anno lo aveva definito: «Un gigante della fede e della ragione».

 

La fine dei due papi
Eccetto per il presidente della Germania, Frank Walter Steinmeier, e il capo dello Stato Mattarella, non sono stati invitati ufficialmente altri capi Stato. Dal giorno della sua rinuncia, nel febbraio 2013, Ratzinger ha smesso di essere papa: il suo anello del pescatore veniva distrutto e, malgrado la talare bianca, manteneva solo il nome di papa emerito. Per questo motivo, la Segreteria di stato vaticana non ha mandato inviti ufficiali alle cancellerie, né hanno preso a suonare le campane di San Pietro o quelle della città di Roma alla sua morte, come invece avvenne alla morte di Giovanni Paolo II.

 

Al papa emerito, Francesco ha concesso l’esposizione nella basilica vaticana ma non è stato previsto l’omaggio della famiglia pontificia nella Sala Clementina. Ciononostante, dopo il trattamento, il suo corpo è stato esposto in una piccola camera ardente nel monastero Mater Ecclesiae, nel cuore dei Giardini Vaticani dove ha vissuto gli ultimi nove anni della sua vita. La stessa salma è arrivata a San Pietro nella mattina di lunedì senza una cerimonia pubblica. Scelte che suggeriscono il simbolismo degli elementi legati a un uomo che ha avvertito su di sé l’incapacità di guidare la chiesa cattolica, ma da cui non si può prescindere, considerando il peso decisivo dei suoi otto anni di pontificato: i più problematici, ma anche determinanti per il cattolicesimo giunto alle porte dell’era moderna. Eppure, quello che i media hanno sempre ritratto come il difensore dell’ortodossia, con la sua rinuncia ha aperto la chiesa a una novità: il diritto canonico, infatti, non prevede lo status di «pontefice emerito» e, in occasione del Natale, lo stesso papa Francesco ha detto al quotidiano spagnolo ABC che non lo avrebbe finora regolamentato: «Non l’ho toccato affatto, non ho pensato di farlo. Forse lo Spirito Santo non ha interesse che mi occupi di queste cose».

 

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I dettagli della sepoltura
Ma la scelta dei dettagli per un papa che ha scelto di non esserlo più, è interessante: Ratzinger indossa la veste talare bianca, che ha vestito il 19 aprile 2005, quando è stato eletto in conclave, e non ha più abbandonato, neppure al momento della sua rinuncia. I paramenti liturgici che vestono le spoglie sono quelli indossati dai vescovi: tunicella e casula, unite all’amitto e alla stola. Il papa emerito veste il rosso, colore del lutto papale, di cui è simbolo anche la mitra bianca. Mancano due elementi: la croce pastorale e il pallio, cioè i segni distintivi del papa in carica. Per Benedetto XVI i paramenti avevano un significato profondo. Sul significato del pallio aveva dedicato un’omelia il 29 giugno 2010, in occasione della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo: «Il fatto dunque che, ogni anno, i nuovi Metropoliti vengano a Roma a ricevere il Pallio dalle mani del Papa va compreso nel suo significato proprio, come gesto di comunione, e il tema della libertà della Chiesa ce ne offre una chiave di lettura particolarmente importante […]. Il Pallio diventa, in questo senso, un pegno di libertà, analogamente al “giogo” di Gesù, che Egli invita a prendere, ciascuno sulle proprie spalle». E sempre il pallio ha avuto un significato simbolico il 28 aprile 2009 quando, in occasione della sua visita alla basilica aquilana di Collemaggio, lo pose su Celestino V, il primo papa ad aver rinunciato al soglio pontificio, atto che lo rese celebre Dante nella Divina Commedia.

 

Chi gli renderà omaggio è sicuramente il mondo ecclesiastico. Per il cardinale statunitense Timothy Dolan, omaggiare Benedetto XVI è come un pellegrinaggio personale: «È lui che mi ha nominato arcivescovo di New York» ha dichiarato. Chi in queste ore gli ha espresso particolare riconoscenza è un cardinale tedesco, Gerhard Mueller, già prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, scelto da Ratzinger come suo successore all’ex Sant’Uffizio e volto dei conservatori. Alle gerarchie cattoliche si uniscono i leader delle altre fedi. In un messaggio scritto e inviato alla nunziatura apostolica di New Delhi, il Dalai Lama ha ricordato il suo spessore di uomo di fede, aperto all’ascolto: «Quando ho avuto l'opportunità di incontrare Papa Benedetto ho scoperto che c'era molto su cui eravamo d'accordo in relazione ai valori umani, all'armonia religiosa e all'ambiente. Durante il suo pontificato, ha lavorato duramente per promuovere questi temi. Ha vissuto una vita significativa».

 

La fine delle fazioni
Il vuoto generato dalla morte del papa emerito amplifica, però, i malesseri della curia vaticana. Malgrado Ratzinger abbia più volte sottolineato che «esiste un solo papa», negli anni del pontificato Bergoglio la distanza di visioni col suo successore ha alimentato la frangia ostile al papa argentino.

 

Non sono mancati incidenti di percorso: in un periodo di dialogo con un mondo cattolico intenzionato a rivedere il celibato sacerdotale, Ratzinger firmò la prefazione di un libro sul tema scritto dal cardinale Robert Sarah, ostile alla linea aperturista di Bergoglio. Nel 2019 riaccese gli entusiasmi dei cosiddetti ratzingeriani la lettera che il papa emerito scrisse sulla decadenza morale della chiesa nel Sessantotto: «In vari seminari si erano stabiliti gruppi omosessuali che agivano più o meno apertamente ed hanno significativamente cambiato il clima dei seminari».

 

Posizioni reazionarie, che colpirono perché in quei giorni in Vaticano si teneva il summit sugli abusi dei minori. Se la presenza del papa emerito ha mantenuto accesa la fiamma speranzosa dei detrattori di Francesco, anche i bergogliani hanno cercato di silenziare Benedetto XVI, quando nei mesi scorsi, davanti alle accuse di inadempienza nella lotta alla pedofilia nella diocesi idi Monaco, il già papa tedesco ha dovuto difendersi con una lettera scritta, sotto dettatura, di suo pugno. Un silenzio allora che, davanti alla quiete di questi giorni, pone un punto di domanda sul futuro che attende l’unico papa.