«Si è insediata nei gangli dell’economia dei monopoli e del cosiddetto libero mercato, soggetto però alle regole dei più forti. Oggi il problema è la connivenza tra sistema capitalistico e sistema criminale». Le parole del presidente di Libera

Don Luigi Ciotti, lei è il presidente di Libera, associazione impegnata da anni contro mafie e corruzione, queste oggi che volto hanno?
«Mascherato in base a occasioni e opportunità. Nella società dell’economia senza regole, o con regole stabilite nell’interesse dei potenti, la corruzione è diventata il grimaldello del malaffare, il reato che garantisce al tempo stesso maggiori profitti e minori rischi».

Cosa ci dicono il calo dei delitti di origine mafiosa e la diffusione delle mafie anche in nord Italia?
«Intanto che l’espressione “delitti di origine mafiosa” va ripensata o almeno aggiornata, perché riferita a un’idea non più al passo con i tempi. La mafia che uccide o esercita forme di violenza diretta oggi è residuale. Prevale quella “imprenditoriale”, che usa il denaro per corrompere e aprirsi strade, eventualmente grazie a minacce e intimidazioni. Il rischio è che la strategia di “basso profilo” induca a pensare che non esista più. Invece, è più che mai potente perché insediata nei gangli dell’economia dei monopoli e del cosiddetto libero mercato, libero ma soggetto alle regole dei più forti. Oggi il problema è la connivenza tra sistema capitalistico e sistema criminale, la commistione tra crimine economico e mafioso. Resa spesso possibile dalla latitanza della politica in quanto cura del bene comune».

Perché, a 30 anni da Tangentopoli, criminalità e corruzione sono per i cittadini ancora radicati nel tessuto del Paese?
«Perché nella società del “mercato”, sarebbe meglio dire della “mercificazione”, la complicità col male viene costruita attraverso la sua normalizzazione. Ci si arrende alla sua ineluttabilità, accontentandosi di conviverci. Questo fa pensare alla corruzione e alle mafie come fenomeni endemici, ma non è così. Si nutrono di indifferenza, omissione e complicità. Basterebbe prendere sul serio gli articoli della Costituzione, assumerci le responsabilità che come cittadini ci chiede di assumere, e mafie e corruzione sparirebbero dall’Italia».

Come evitare che i fondi europei del Pnrr diventino una mangiatoia per le mafie?
«Le mafie da sempre approfittano dei momenti di crisi e lo hanno fatto anche nella fase più acuta della pandemia. È più che mai necessario, dunque, unire forze e competenze per proteggere i fondi europei dalle mire delle cosche, parassiti sociali favoriti da quelle forme virali che da troppo tempo infettano la democrazia: complicità, disuguaglianze, divisioni».