Ritardi, errori burocratici, cavilli e difficoltà nelle traduzioni fanno slittare il procedimento. Che ora rischia di finire in prescrizione

Due giovani cinesi fatti a pezzi in un ristorante, un regolamento di conti con un machete come arma. Era il 2010 e da quel duplice omicidio partì “China Truck”, l’inchiesta che secondo la Dda di Firenze e la Squadra mobile di Prato, non solo smantella una delle principali organizzazioni mafiose cinesi in Europa la cui base era nella cittadina toscana, ma ne svela forse per la prima volta meccanismi, peso, caratteristiche. E soprattutto nomi, come quello del «capo dei capi», Zhang Naizhong, «l’uomo nero», artefice di una pax fra bande criminali la cui guerra aveva già fatto una quarantina di morti, e ritenuto la mente di quel sodalizio.

 

Se questo sia stato di «stampo mafioso», lo decideranno i giudici di Prato, in un processo che però non riesce a partire per cavilli legali, difficoltà di traduzioni, reperibilità degli imputati: lo scorso 11 novembre, per difetti di notifica ad alcuni di loro, per la terza volta l’udienza è stata rinviata. In quella del 23 settembre invece non si trovavano i 56 faldoni che costituiscono il fascicolo penale, mentre il 16 febbraio, data di inizio del processo, il rinvio era dipeso dall’accoglimento delle istanze di impedimento presentate da alcuni difensori.

 

Le indagini nel gennaio 2018 culminarono con 70 indagati e 33 arresti, tra cui Naizhong, ritenuto il boss delle triadi in Italia con l’accusa di controllare la logistica merci delle aziende cinesi pratesi e di altre città italiane da e verso mezza Europa imponendo le ditte di trasporto. Attività corroborata da estorsione, usura, riciclaggio, sfruttamento della prostituzione, spaccio, gioco d’azzardo, reati ora contestati a vario titolo a 55 imputati. Tutto rimandato al 10 marzo 2023, col rischio concreto che molti reati finiscano in prescrizione.

 

L’aggravante mafiosa, contestata a 38 di loro tra cui il presunto boss, è il cuore del colossale lavoro di indagine della Squadra mobile di Prato, allora diretta da Francesco Nannucci, ora capo centro della Dia di Firenze: «Chi comanda a Prato, comanda in Europa», spiegò dopo gli arresti, annullati venti giorni dopo dal Tribunale del Riesame di Firenze che non rilevò «gravi indizi» di colpevolezza tali da contestare l’esistenza di un sodalizio mafioso. Sentenza che la Cassazione confermò in due pronunciamenti, fino alla decisione nel 2021 del Gup di Firenze di portare invece alla sbarra per la prima volta proprio la «mafia cinese». Le 5.000 pagine di informativa ricostruiscono circostanze, metodi, potenza economica, timori e omertà non sul territorio ma dentro le comunità, i legami verticistici in Cina, e l’ascesa e gli affari milionari di Naizhong. Per il 62enne originario del Zhejiang, il 19 settembre è però arrivata la prima assoluzione, sempre a Prato, nel processo stralcio di “China Truck”. Erano a giudizio sei dei 55 imputati, quelli ancora destinatari della misura cautelare, non per l’aggravante mafiosa ma per i soli reati satellite: due sono stati condannati a otto e sei anni di reclusione. Naizhong, accusato di un episodio di usura risalente al 2011, è stato assolto perché «il fatto non sussiste».

 

L’uomo che nelle intercettazioni si autoproclama «boss dei boss» ufficialmente è un imprenditore nel settore logistico. Stando alle carte, le società risultano affidate a prestanome e sempre lui sarebbe beneficiario finale dei proventi di sale da gioco illegali, estorsioni, droga, prostituzione e riciclaggio. Giri milionari: nei camion dell’organizzazione, oltre alle merci, viaggiavano anche scatole di banconote da 500 euro. Residente a Roma, ma temuto e riverito nelle più grandi comunità cinesi italiane ed europee, a Prato la polizia lo riprende mentre all’interno un ristorante riceve «l’inchino» di decine di connazionali arrivati in auto di lusso per omaggiarlo. Lusso che sfoggia anche al matrimonio del figlio nel 2013: all’hotel Hilton di Roma gli invitati li aveva fatti arrivare a bordo di Ferrari e Lamborghini noleggiate, 500 gli ospiti giunti anche da Francia e Cina, 80 mila euro di conto saldato in contanti.