Accade nella scuola di Neurologia. Venti ore di sfuriate intercettate per chiedere a rettore, Asl e Ordine di intervenire. Copia dell’esposto anche in Procura. La direzione: “Aperta un’indagine”

«Siete quattro deficienti», «Co**lioni», «Mediocri», «Il tuo modo di rispondermi corrisponde ad analfabetismo mentale», «Ieri mi hai fatto imbestialire e sono dovuta uscire per non menarti», «Se esci dalla scuola così, meglio se non ci esci», sono solo alcune delle frasi che tra luglio e ottobre la docente della scuola di Neurologia dell'Ospedale di Perugia, Lucilla Parnetti, ha rivolto ad alcuni dei suoi medici specializzandi che, stanchi di essere insultati hanno deciso prima di registrare ciò che avviene all'interno del reparto di Neurologia e poi di chiedere aiuto all'Associazione Liberi Specializzandi, Als, che tutela i giovani medici. Troppa l'umiliazione, troppo lo stress fisico e psicologico a cui i giovani camici bianchi, a sentir loro, venivano sottoposti costantemente.

 

L'audio e relativa denuncia sono stati inviati dal presidente di Als Massimo Minerva, al rettore dell'Università di Perugia, al direttore generale dell'Azienda ospedaliera di Perugia, al direttore sanitario, all'assessore regionale alla Salute, all'Ordine dei medici e a Procura e Ispettorato del Lavoro, dal momento che i medici specializzandi, insieme alle registrazioni hanno fornito il tabulato delle ore lavorate mensilmente: più di 330 ore per una media di circa 12 ore di lavoro al giorno.

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L’audio che L'Espresso pubblica qui in esclusiva e inviato alle autorità, è solo una sintesi di oltre venti ore di registrazione in cui la docente, secondo quanto documentato dagli specializzandi, sfrutterebbe la propria posizione di forza, essendo a capo dell'intero dipartimento, per infierire sui medici in formazione nel dipartimento di Neurologia dell'Ospedale di Perugia. I futuri neurologi scrivono: «La situazione è insostenibile. Il personale medico, composto da medici strutturati del reparto e da giovani specializzandi in formazione, così come il personale non medico - infermieri, fisioterapisti, psicologi, personale di segreteria -, sono ormai da diverso tempo in balia della direttrice della clinica neurologica. Questa persona con il suo comportamento apertamente aggressivo e persecutorio, costruisce ogni giorno un clima di terrore e paura, basato su umiliazioni quotidiane, insulti, minacce e vessazioni di ogni tipo, che avvengono in modo pubblico anche davanti ai pazienti e ai loro familiari. Non è infrequente che la professoressa si rivolga ai suoi collaboratori con insulti quali “oca, grassone, tonto, cretino, stupido, superficiale, demente, m** umana, pezzo di m**” o appellativi come “cameriere” volti a demansionare e colpevolizzare l'interlocutore facendolo sentire emarginato e inadeguato. Tali atti di violenza psicologica sono rivolti primariamente, ma non esclusivamente, contro gli specializzandi, e gli episodi sono così frequenti e gravi da aver provocato in più di un'occasione lo sgomento e la paura anche di pazienti ricoverati in corsia».

 

In effetti nelle venti ore di registrazione ascoltate da L’Espresso sono documentate le sfuriate della docente capaci di ridurre al silenzio i giovani medici.

«In un paese civile è una pratica indegna, lesiva della dignità degli specializzandi e nessuna ragione formativa e deontologica permette che la dignità delle persone venga lesa in tal modo», scrive Minerva alle autorità, ricordando l’art. 57 del codice di deontologia medica secondo cui «il rapporto tra i medici deve ispirarsi ai principi del reciproco rispetto».

 

L’esposto sollecita all'Ordine dei medici di aprire un procedimento disciplinare. La vicenda di Perugia richiama la storia di Sara Pedri, ginecologa di Trento, scomparsa dopo avere subito mesi di vessazioni dal suo direttore.

 

«Il nostro intento è segnalare alle Autorità in indirizzo questa incresciosa situazione per una rapida risoluzione della stessa e per evitare che eventi analoghi si ripetano», scrive Minerva alle autorità.

Nella loro lettera, gli specializzandi raccontano che, sentendosi impotenti e isolati, alcuni hanno preferito rinunciare alla borsa di studio pur di sottrarsi a un clima impossibile: «Degli otto specializzandi inizialmente assegnati nel 2020 alla scuola di Neurologia di Perugia, ne sono rimasti solamente quattro», scrivono.

Per due volte consecutive la docente aggredisce gli specializzandi dicendo: «Ci sarebbe stato da sparargli». E poi ancora: «Sono uscita per non menargli». Affermazioni incassate dai medici in formazione, terrorizzati al punto di non replicare.

 

«L'effetto sulla gestione del reparto è pesante», spiegano i giovani specializzandi nella loro lettera: «L'intera qualità assistenziale ne risente, perché il clima di terrore in cui lavoriamo ostacola e rallenta l'attività di reparto. I pazienti stessi sono sistematicamente affidati agli specializzandi in formazione, sulle cui spalle viene fatta pesare una responsabilità e punibilità diretta per ogni decisione medica e non medica. Si viene quindi a creare un rapporto morboso tra il direttore e i suoi specializzandi, presi come unici diretti interlocutori, per cui viene considerato legittimo anche telefonare a casa dello specializzando fuori dall'orario lavorativo unicamente allo scopo di insultarlo e accusarlo, maltrattare lo specializzando che non si presenta prima di fare la notte o che non si trattiene dopo la notte per diverse ore (e le timbrature sono la prova di quanto diciamo), pretendere che non torni a casa fino a tarda sera facendo vivere il giovane specializzando sotto uno schiacciante livello di pressione fisica e psicologica».

 

L'azienda ospedaliera, contattata da L'Espresso per chiedere conto di quanto succede nel reparto di Neurologia risponde: «Siamo venuti a conoscenza di quanto accade in queste ore tramite la segnalazione formale che abbiamo ricevuto. La direzione provvederà ad avviare opportune indagini interne».