Dal 3 luglio entra in vigore la direttiva europea che vieta l’utilizzo del materiale monouso. A rischio migliaia di posti di lavoro. Rimane l’incertezza sulle soluzioni alternative

La battaglia all’inquinamento da materiali plastici sembra essere arrivata a un punto di svolta. Dal 3 luglio scatta lo stop a tutti i prodotti in plastica usa e getta all’interno dei Paesi membri dell’Unione. Il fine è nobile, le conseguenze sul piano lavorativo un po’ meno. L’obiettivo, infatti, è ridurre la presenza di rifiuti plastici soprattutto in mare; il rischio però è di andare a colpire 50 mila lavoratori.

Ma come si è arrivati a questo? Nel 2019 l’Unione Europea ha emanato la direttiva “Single Use Plastic” vietando, dal 2021, l’utilizzo di alcune plastiche monouso ritenute tra le più inquinanti: bastoncini cotonati, piatti, posate, cannucce, palette, bastoncini per palloncini, tazze, contenitori per alimenti e bevande in polistirolo e tutti i prodotti in plastica oxo-degradabile, cioè la plastica tradizionale trattata con sostanze che in natura ne accelerano la frammentazione. L’Italia ha recepito la direttiva lo scorso 20 aprile e il 31 maggio la Commissione Europea ha emanato le linee guida per l’entrata in vigore della disposizione già dal 3 luglio. Tra queste spunta anche l’obbligo, non previsto dalla direttiva, di ridurre il consumo di piatti, bicchieri e imballaggi di carta plastificata contenenti una percentuale di polimeri inferiore al 10%. 

 

L’Italia però è fra i primi Paesi europei per la produzione di materiali plastici e la messa al bando di questi prodotti rischia di provocare un aumento dei licenziamenti e delle chiusure di un intero settore industriale. «La consapevolezza ambientale, progetto condivisibile e obiettivo da perseguire - ha dichiarato il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti -, non può ignorare le conseguenze di un approccio ideologico che penalizza le industrie italiane, lasciando sul terreno “morti e feriti” in termini di fallimenti aziendali e disoccupazione». Dello stesso pensiero anche il presidente di confindustria, Carlo Bonomi che ha twittato: «Le linee guida Ue su Direttiva SUP chiudono di fatto un intero settore industriale. Non vedo reazione decisa e coesa da politica, sindacati, imprese. Sembra non interessi il futuro dei lavoratori del settore del packaging, eccellenza italiana nel mondo».

 

Come se non bastasse a essere prese di mira dall’Ue sono state non solo le bioplastiche biodegradabili anche quelle non biodegradabili. La questione ha scatenato l’ira del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che è intervenuto definendo «assurde» le direttive dell’Unione Europea, perché «si è data una definizione di plastica stranissima: si può usare solo quella riciclabile mentre le altre non vanno bene. Però si stanno finanziando ricerche importanti sulla plastica biodegradabile».

Le uniche ad essere state estromesse dal bando sono state la cellulosa e la lignina, estratte dal legno o l’amido di mais ottenuto mediante macinazione a umido, che andrebbero ad impattare in misura minore sull’ambiente.

 

Insomma, che l’obiettivo fosse nobile era assodato. Ora, che lo siano anche le soluzioni al problema è fondamentale.