Un centro culturale che ospita una sinagoga, una chiesa e una moschea. Progettato da un’italiana. Perché il sogno della pace tra i credenti sta prendendo piede in tutto il mondo. L’analisi per la nuova newsletter dell’Espresso sulla galassia culturale araba

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Il sogno che ha portato Papa Francesco fino in Iraq si sta già realizzando a Berlino. Uno dei momenti più importanti della visita del papa in Medio Oriente è stato l'incontro interreligioso nella piana di Ur, la città sumera che sarebbe stata la patria di Abramo prima della chiamata di Dio verso la Terra Promessa. Un luogo che è quindi culla delle tre “Religioni del libro” (ebraismo, cristianesimo, islam) ma che accoglie anche i seguaci di altre religioni antichissime. Yazidi, mandei, kakai e shabak, legati in modi diversi ai tre monoteismi, sono sopravvissuti a stento alle recenti persecuzioni, quando la zona è stata dominata dall'islam fanatico e sanguinario di Daesh.

 

Sabato 6 marzo papa Francesco ha pregato insieme a rappresentanti delle altre religioni «nel segno del padre Abramo, che riunisce in un’unica famiglia musulmani, ebrei e cristiani». Negli stessi giorni, è stata annunciata la posa della prima pietra di un edificio che nasce dallo stesso ideale di dialogo interreligioso: la House of One di Berlino.

 

La città che nel 2016 è stata colpita da uno degli attentati ai mercatini di Natale ospiterà un edificio unico al mondo. Conterrà una chiesa, una moschea, una sinagoga unite da un centro congressi che – assicurano gli ideatori - sarà aperto anche agli atei, categoria malvista dalle frange più conservatrici di tutte le religioni. Il progetto è di un affermato studio berlinese, Kuen Malvezzi, fondato nel 2001 da due architetti tedeschi e dall'italiana Simona Malvezzi.

 

L'idea di costruire la House of One sulle fondamenta di un'antica chiesa danneggiata dalla guerra e distrutta nella Germania comunista è stata portata avanti da tre religiosi di provenienza diversa: l'imam Kadir Sanci, il rabbino Tovia BenChorin e il pastore evangelico Gregor Hohberg.

 

Malgrado le recenti ferite del terrorismo islamico, una parte fondamentale del progetto è la presenza ebraica: segna la fiducia di un nuovo inizio per gli ebrei tedeschi, tornati faticosamente nel corso degli anni nel Paese che è la loro patria ma che è anche il Paese che ha realizzato la Shoah. È anche un segnale forte della possibilità di convivenza pacifica tra ebrei e musulmani lanciato verso il governo israeliano, sempre più arroccato in una apparentemente insuperabile contrapposizione tra ebrei e musulmani.

 

Quanto ai cristiani, è significativo che la costruzione non rimandi al progetto interreligioso di Papa Francesco. Dalla Russia degli ortodossi all'Irlanda del Nord, dove la Brexit ha riattizzato le braci mai del tutto spente del conflitto armato, i rapporti tra i cristiani di confessioni diverse sono ancora problematici.

 

La frattura tra musulmani sunniti e sciiti invece torna tra le cause di tutti i conflitti del mondo arabo: dalle fazioni sostenute dalla Turchia (sunnita) contro quelle dell'Iran (sciita) in Siria, ai bombardamenti dei sauditi (sunniti) sugli houti (sciiti) dello Yemen.

 

«Chi ha il coraggio di guardare le stelle, chi crede in Dio, non ha nemici da combattere», ha detto il Papa in Iraq. La strada verso un’alleanza fra i grandi monoteismi per mettere al bando ogni legittimazione religiosa di violenze, guerre e terrorismo è ancora lunga. Ma almeno è in costruzione in tutto il mondo.