La comunità colpita duramente dodici mesi fa rielabora il lutto in modo collettivo. E affronta il vero problema che da anni la affligge e il virus ha peggiorato: lo spopolamento

Un anno dopo, nel paese più colpito, della regione più colpita, dello Stato d’Europa più colpito dalla prima ondata del Covid-19, il sindaco di Nembro Claudio Cancelli si arrovella su alcune cifre anagrafiche. Anno di disgrazia 2020: 263 morti e 61 nati. Nel 2019 erano stati 121 morti e 70 nati, il saldo negativo parzialmente mitigato da una benefica migrazione praticamente scomparsa con la pandemia. La denatalità è un dato di più lunga durata, aggravato però dal flagello e al primo cittadino scappa un sorriso amaro: «Si sperava che, magari, dovendo stare per forza costretti in casa...». E allude a una consolazione da camera da letto quando invece è venuto meno anche quell’impulso. Niente eros accanto a thanatos quando imperversava la sirena delle ambulanze nel silenzio totale di un borgo abituato all’operosità e dove si era messo il bavaglio persino alle campane perché i rintocchi funebri non deprimessero ulteriormente una comunità già stremata.

Rievoca, Cancelli, i tempi del baby boom in cui le cicogne depositavano almeno il triplo di neonati nelle case della Valseriana ma è solo un attimo. Non c’è spazio per la nostalgia consolatoria e un buon amministratore, asciugate le lacrime dei troppi lutti, deve pensare al futuro: «Nei codici giuridici si cita come esempio il comportamento virtuoso del buon padre di famiglia». E lui si sente investito del ruolo. Già, come si comporterebbe il buon padre di famiglia davanti allo sfacelo demografico?

«Cercherebbe di costruire le condizioni affinché i figli possano pianificare con serenità la loro esistenza contemplando di poter tranquillamente formare una famiglia. Mentre noi stiamo rasando al suolo l’erba alle prossime generazioni». Una tendenza alla chiusura della società «che non dipende soltanto da questioni pratiche, risorse economiche, lavoro precario, incertezze, anche da un aspetto culturale sul quale bisogna intervenire».

Nembro sarà anche una goccia ma è la goccia di cui si deve occupare. Ed ecco che alza il telefono, chiama il don Matteo dell’oratorio, gli altri personaggi di riferimento per cercare insieme una strada per non rassegnarsi a un destino di spopolamento.


Il coronavirus è stato il potente acceleratore di una presa di coscienza che induce a interventi drastici. Ora si tratta di rianimare chi è rimasto, ricostruire la colonna vertebrale di un paese di 11.500 abitanti che conta 13 negozi chiusi nello spazio di dodici mesi. E si sa come le attività commerciali non siano solo profitto, ma luoghi di incontro, scambio, chiacchiere. Dunque il Comune, oltre ai ristori governativi, ha elargito altri 550 euro a chi ha tenuto alzate le serrande. Ha previsto una serie di incentivi (fino a 8.500 euro) per coloro che in tempi di vacche magre rilanciano aprendo un’attività. E ha avviato la promozione di prodotti locali attraverso il sito “visitnembro” ripescando, ad esempio, l’antica ricetta di un dolce andato a ruba nelle panetterie.


Nel fervore della ripartenza non ci si dimentica tuttavia di ciò che è stato. Non si sta pensando a un monumento, a una stele, ma a un luogo «di meditazione e di sentimenti». Uno spazio verde con alberi, forse, non è detto, 188 alberi quante sono state le vittime dei crudeli marzo e aprile, corredato da scritte, frasi significative, da allestire nella zona Saletti. Un’idea rafforzata da una scena che il sindaco ha visto al cimitero: un uomo si è fermato per lunghissimi minuti a parlare con la moglie sulla di lei tomba.

Nel parco di tutti, pur nel silenzio, l’elaborazione del lutto da individuale può diventare collettiva.
E ancora. Un libro del fotografo Marco Quaranta, una collettiva di 20 artisti che, ciascuno con la propria tecnica, hanno lavorato su lenzuola da ospedale, mentre è allo studio l’idea di un grande murale che rappresenti la forza della comunità da disegnare su un edificio pubblico.


Nembro ha avuto il 52 per cento di contagiati la primavera scorsa. È moltissimo ma non è l’immunità di gregge (si raggiunge attorno al 70 per cento). Oggi conta un solo positivo e asintomatico. Ha già pagato. Ora vorrebbe voltare pagina, pensare ai figli dei figli. I nonni scomparsi vorrebbero così.