Mascherine, sanificazione dei seggi, distanza da mantenere: a due settimane dalle elezioni non esiste ancora nessuna indicazione pratica. E in molti stanno valutando di rinunciare al'incarico
Da settimane è sul tavolo del dibattito, l'opportunità che a ospitare i seggi elettorali siano ancora una volta le scuole, dopo mesi di didattica a distanza, che imporrebbe un nuovo stop alle lezioni. Però a quindici giorni dall'apertura dei seggi, nessuno si è preoccupato di avvertire scrutatori e presidenti sulle precauzioni da adottare nella prima votazione in tempo di Covid. Tanto che qualcuno per la paura del contagio e per quella di trovarsi in una situazione di caos, in cambio di poche decine di euro, sta valutando seriamente di rinunciare all'incarico e non presentarsi venerdì 19, quando si costituiranno le sezioni e si prepareranno i seggi e le schede per l'apertura ufficiale delle votazioni.
«Serve una sanificazione degli ambienti per tutto il tempo che i seggi resteranno aperti. Senza questa assicurazione, non possono aprire. Servono mascherine e tutte le accortezze per evitare i contagi. Va misurata la temperatura ai votanti all'entrata per la sicurezza di tutti. Da presidente di seggio, chiedo che la risposta arrivi presto». L'appello è stato lanciato qualche giorno fa, da Stefano Pedica, appena nominato presidente di una sezione elettorale nel quartiere Balduina di Roma. Pedica con un passato da parlamentare e da candidato alle primarie per il sindaco della Capitale nel 2016, si dice scettico sull'organizzazione materiale dei seggi elettorali al tempo della pandemia. «Oltre al solito avviso non abbiamo ricevuto alcuna indicazione pratica» conferma a distanza Valentina, nominata anche lei presidente in un comune alle porte di Roma tanto che «con il sindaco stiamo cercando di capire come organizzarci».
Eppure, un documento ufficiale esiste. Si tratta del "protocollo sanitario e di sicurezza per lo svolgimento delle consultazioni elettorali e referendarie dell'anno 2020", firmato congiuntamente dal Ministro della Salute, Roberto Speranza e dal Ministero dell'Interno, Luciana Lamorgese. Un documento di appena tre pagine, siglato il 7 agosto, nell'indifferenza estiva, di cui quasi nessuno conosce l'esistenza.
Quindi, i 52 milioni di elettori chiamati alle urne e i circa 62 mila presidenti di seggio possono stare tranquilli?
L'atto adottato dai due ministeri riporta le indicazioni che il comitato tecnico scientifico ha redatto per la sicurezza dei membri del seggio e gli elettori. Un papiello ministeriale con indicazioni generiche e anonime, che talvolta lascia dubbi di interpretazione o non fa capire chi debba fare cosa.
Per esempio, si legge: «È necessario rendere disponibili prodotti igienizzanti» oppure «è necessario evitare assembramenti», ma chi debba fornire il gel o occuparsi delle file fuori dagli edifici scolastici non è indicato. Così come la sanificazione degli ambienti prevista prima dell'insediamento del seggio elettorale e alla fine di ogni giornata di voto: come si fa a sanificare un'aula che il Presidente sigilla con nastro adesivo e lucchetto, alla chiusura della prima giornata di votazione per tutelarne i documenti e garantire l'inviolabilità delle urne contenenti le schede già votate?
Ma non finisce qui. L'uso dei guanti non è obbligatorio, ma al presidente è consigliato l'utilizzo per inserire le schede nelle urne. Inoltre, cabine, tavoli e le altre superfici dovranno essere "periodicamente" igienizzate, ma non si capisce chi sia il responsabile di queste operazioni: il presidente di seggio o ci sarà un personale apposito? E poi con quale frequenza va fatto? «Sembrano domande retoriche - afferma Pedica - ma il presidente di seggio è penalmente responsabile di quello che accade. E se uno scrutatore si ammala di Covid e mi accusa di non aver rispettato le indicazioni prescritte? Mi sembra che ci sia troppa incertezza anche su questo punto».
«Riconoscimento dell'elettore a due metri di distanza? E che me lo tirano il documento?» ironizza Vincenzo, che ha tanti anni di esperienza ai seggi elettorali alle spalle. «Chi ha scritto queste pagine non ha mai visto un'aula scolastica, perché sennò saprebbe che è impossibile che le persone non si incrocino entrando e uscendo dal seggio e non tutte le scuole prevedono doppie entrate». Il rischio è che a questo punto, tra le tante indicazioni da far rispettare, la paura legittima per un virus subdolo e ancora presente, molti scrutatori rinuncino all'ultimo all'incarico e a quei 100 euro di compenso, che salgono a 124 dove si vota anche per le amministrative, dovendo riparare in nomine last minute tra i soliti dipendenti pubblici per le sostituzioni. Tra percorsi differenziati, file fuori dagli edifici, mascherina si, mascherina no, disinfettanti e pulizia delle mani prima e dopo il voto, questa tornata elettorale rischia di assomigliare sempre più a una puntata di "Giochi senza frontiere", dove le squadre si scontravano in gare semplicissime, ma condite di una serie infinita di prove. Il voto del 20-21 settembre rischia di diventare così una prova estrema di cittadinanza attiva.