Ogni settimana sull'Espresso un termine commentato da una grande firma

Aggettivo derivato dal sostantivo maschile “abuso”. Etimologicamente originato dal verbo latino abutor, ossia: usare interamente, smodatamente, impropriamente, dilapidare.

Aggettivo esso stesso di recente usato smodatamente e ormai attribuito, in maniera del tutto incongrua, addirittura a cariche istituzionali previste dalla Costituzione o a governi legittimamente formati in Parlamento. Aggettivo dunque abusato.

Tullio De Mauro raccontava spesso che gli italiani sono immobilizzati dalla paura che qualcosa nelle loro vite sia abusivo. Troppe leggi, leggine, codici. Ciascuno di noi anche senza saperlo ha commesso un abuso. In ciascuna delle nostre case, a studiare con attenzione, si nasconde qualcosa di abusivo. Questo ci impedisce di lottare contro i grandi abusi. Perché i nostri piccoli abusi abusano di noi ricattandoci.

Ma che succede se ci convinciamo che la soluzione migliore, per liberarci di ciò che abusa della nostra fiducia in noi stessi, sia considerare abusivo ogni essere e ogni cosa ci appaiano estranei alla nostra particolare prospettiva? Se il nostro nemico in quanto tale è abusivo, chi siamo noi che di qualsiasi fiducia abusiamo e la parola abuso dilapidiamo?

Inutile domandarselo. Del resto, l’abuso si vendica da sé. Chiede il conto alla psiche dell’abusante e lo mette di fronte a se stesso. Dalla gloria alla caduta. Dai pieni poteri al fallimento. Perché quando si abusa delle parole e le si lasciano rotolare come pietre smodatamente e impropriamente esse perdono qualsiasi significato e non suonano più per ciò che definiscono.

È come quando bambini ripetiamo all’infinito un termine fino a dimenticarne il senso ascoltandone solo la corporeità, il suono, il ritmo. Il significante. Un uso improprio che tuttavia costituisce un gioco, stupisce e spinge al riso, eppoi abitua il bambino alla musica e alla poesia.

Ma l’adulto che parla e abusa dell’abuso non voleva farsi comico e non vuole ora farsi cantante né poeta. Semplicemente abusa e abusando dimentica anche ogni altro suo abuso e infine necessariamente dilapida.