Ogni settimana un termine discusso e analizzato da una grande firma

Può passare per una parola grigia, per un segno di resa. Se usata distrattamente, somiglia a un’attenuante, a un alibi. Nelle giornate più nere, è un magazzino del disincanto. C’entra con il cielo basso, con il tirare avanti. La vita adulta è un respiro più profondo fra un nonostante e l’altro? Nonostante la fatica, la stanchezza. Nonostante il mal di schiena. Nonostante tutto. Non sembra, ma il suo valore avversativo è alla base di gran parte dei nostri sforzi. Alimenta piccole imprese eroiche della quotidianità.

Nella vita pubblica, è il presupposto di ogni speranza, di ogni ideale. Se fossimo in un videogioco, i livelli di realtà si conquisterebbero a furia di “nonostante”. Passa per i “nonostante” la distruzione di un mondo fallace, fatto di illusioni. Ogni uomo che tenta di fabbricare un’alternativa al peggio è un esperto di “nonostante”. Non è uno che fugge dal mondo, o che lo rifiuta. «Il suo desiderio principale è di far parte di questo mondo», scrive Hannah Arendt quando descrive il modello dell’uomo comune armato di buona volontà. Intenzionato a difendere una possibilità di «armonia con i bisogni e le dignità» dell’umano. Così, ricostruisce ogni giorno il suo mondo. «Quest’uomo di buona volontà può essere chiunque e ognuno, forse persino me e te».

La stagione politica più mortificante, più tossica, più insensata non spinge a rinunciare, ma a reagire. Diventa un’occasione straordinaria per darsi da fare. «Un solo atto, e qualche volta una sola parola, basta a mutare ogni costellazione di atti e parole». Nonostante.