Al congresso del sindacato che l'ha confermato numero uno si è presentato con un paio di occhiali da rockstar. Ma nessuno si è stupito più di tanto. Perché il segretario puo fare e, soprattutto, dire qualsiasi cosa

Il 23 giugno s’è issato sul palco del congresso Uil, chiamato a ratificare con una standing ovation la sua conferma a numero uno, con un paio di occhiali da sole che manco una rock-star. E, riconquistato lo scettro, a 71 anni suonati s’è abbandonato giulivo a un tragicomico balletto sulle note dell’adorata Fiorella Mannoia.

Carmelo Barbagallo, cui è toccata in sorte per la prima volta la guida del sindacato di via Lucullo quando già era in pensione (con uno chéque da 2.797 euro), è davvero così, come appare. Può fare qualsiasi cosa e, soprattutto, dirla: per lui le parole sono solo un insieme di vocali e consonanti e alle sue peraltro nessuno si dà neanche più la pena di rispondere.

Il fatto è che gli piace tanto ascoltarsi mentre conciona: nel 2018 ha già collezionato 224 titoli Ansa, uno ogni 1,24 giorni, domeniche comprese. Sempre mostrando un rassicurante vuoto di pensiero. E inconsapevolmente ergendosi a esempio di quanto in Italia l’ascensore sociale funzioni eccome, se è vero che lui a 8 anni era stato spedito a bottega.

Un’intervista via l’altra, sempre comunque regalando chicche tipo: «Soprattutto per un sindacato, il lavoro deve essere una priorità assoluta». Nel 2016, processato per aver scroccato con una variopinta compagnia di parenti e colleghi una crociera da 16.456 euro al sindacato, ha subito ammesso senza tentennamenti: «Faceva freddo». Vero: erano a Capo Nord. Tentando poi di derubricare il Titanic della Uil a «una minchiata».

Due anni prima, a chi gli chiedeva conto della presenza del figlio e della di lui sposa in società contigue al sindacato, il novello Stakanov aveva risposto serio: «Che c’è di male...loro li abbiamo sistemati; ora ci stiamo battendo per gli altri». Impareggiabile.

E Aldo Grasso, che gli contestava il segreto sul suo stipendio, si era visto recapitare una lettera. In cui Barbagallo si guardava bene dal fare cifre. Ma scolpiva: «la Uil è per la trasparenza». Quella degli altri, però.