Da Torino a Monza, da Brescia a Ancona, il ribaltone era nell'aria: nell'Italia fuori dal centro il partito di Matteo Salvini ha convinto gli elettori. Che hanno voltato le spalle al Pd. Come a Ferrara, dove il ministro Franceschini è stato battuto da una leghista sconosciuta

Ci scherzava sopra, Tiziano Tagliani, sindaco di Ferrara: «Io mi figuravo che le Frecce e Italo si fermassero per via della nostra crescita turistica... Invece no: si fermano per imbarcare una folla smarrita di ferraresi derelitti che fuggono da questa città un tempo felice», ha scritto ironico in una lettera, dopo il reportage sul mal di vivere nella sua provincia pubblicato da L’Espresso l’11 febbraio, tre settimane prima delle elezioni. I turisti però non votano nei luoghi di vacanza e a Ferrara il Pd, il partito del sindaco, ha subìto un crollo che resterà nella storia. Tanto da non riuscire a eleggere in Parlamento nemmeno un ferrarese di lunga carriera dem: il ministro della Cultura, Dario Franceschini, battuto all’uninominale da una leghista sconosciuta, l’avvocata Maura Tomasi.

Il ribaltone soffiava già, nell’aria delle cinque nostre inchieste che raccontavano l’Italia di periferia. Premesse confermate perfino nei luoghi simbolo scelti per la chiusura della campagna elettorale: Paolo Grimoldi, segretario lombardo della Lega, artefice del successo di Matteo Salvini in Lombardia e rieletto per la quarta volta alla Camera, la sera del 2 marzo per l’ultimo discorso prima del voto ha raccolto i fan al night club “Noir” vicino a Monza, lo stesso che offriva gratis le feste alla ’ndrangheta. No, non si tratta di un bene confiscato. I proprietari sono gli stessi.

Rifacciamo il percorso, numeri alla mano. Cominciando da Torino. Il Movimento 5 Stelle, che governa l’ex capitale industriale, è passato dal 30,9 per cento delle comunali vinte nel 2016 al 23,5 del 4 marzo 2018. Le 118.273 preferenze raccolte dal sindaco Chiara Appendino si sono ridotte alle 111.598 per Luigi Di Maio premier. Il Pd è il partito più votato in questa città controcorrente: 26,4 per cento al Senato, con il record del 28 in centro, nei quartieri ricchi della borghesia. Le aree popolari conquistate due anni fa dai 5Stelle, Aurora, Barriera di Milano, Vallette e Borgo San Paolo, preferiscono invece il centrodestra: Forza Italia all’11,8 e la Lega al 21 per cento nel collegio 02-Torino, lo stesso in cui è stato trombato il candidato ministro dello Sport dei 5Stelle, Domenico Fioravanti. In cinque anni la lista di Salvini si diffonde in città dal 2,4 al 17 per cento. E appena fuori dell’area metropolitana, l’ex partito di Matteo Renzi conferma lo sfacelo nazionale: centrodestra al 38,29 per cento, con la Lega al 21,40; M5S al 30,16; centrosinistra al 24,35 con il Pd al 19,76.

Ed ecco Brescia. Qui il centrodestra conquista il 42,74 per cento dei voti: Lega al 25,66, Forza Italia 11,75, Fratelli d’Italia 4,47. Il centrosinistra segue al 29,91 con il Pd, partito al governo della città, che si ferma al 25,05 per cento, secondo dietro alla Lega. Terza la lista del M5S con il 19,09. Considerando tutto il Collegio Lombardia 3, che comprende la provincia bresciana, gli elettori di Salvini sono ovunque la maggioranza: centrodestra al 51,27 per cento (Lega 33,22), centrosinistra al 22,91 (Pd 19,71), M5S al 18,79.

Nemmeno in Emilia Romagna l’ex partito di Renzi conserva più il primato: primo è il M5S con il 27,54 per cento, secondo il Pd con il 26,37 (centrosinistra al 30,79), terza la Lega con il 19,20 (centrodestra prima coalizione al 33,05). Il collegio di Ferrara rientra quindi in questo contesto elettorale. Ma la divisione netta e a pari merito rivela il tormento sociale che attraversa oggi la città del sindaco Tagliani: Lega al 24,75 per cento dei voti, M5S 24,75, Pd 24,74. La differenza la fanno le coalizioni: primo il centrodestra al 39,66, dietro il centrosinistra al 29,14. Per questa ragione nel confronto uninominale del 4 marzo l’avvocato della Lega batte il ministro Franceschini, poi comunque ripescato dal voto proporzionale.

Ancona la rossa conferma la migrazione dei voti di sinistra verso il movimento di Luigi Di Maio. M5S con il 35,24 per cento è infatti il primo partito nel collegio che comprende il capoluogo e i comuni della provincia. Secondo il centrodestra con il 28,93 (Lega 15,52, Forza Italia 8,48, FdI 4,09). Il Pd è invece il secondo partito con il 23,92 per cento, ma la coalizione di centrosinistra non va oltre il 27,66. Le Marche hanno votato compatte per Di Maio premier. Tranne la provincia di Macerata, città governata dal centrosinistra, dove un ex candidato locale della Lega, Luca Traini, il 3 febbraio a colpi di pistola aveva ferito sei immigrati africani: scelti a caso per vendicare l’omicidio di una ragazza di 18 anni, Pamela Mastropietro. Il primo partito a Macerata è oggi il M5S con il 32,06 per cento dei voti. Ma il 20,97 per cento conquistato dalla Lega spinge il centrodestra al 37,64. Mentre il Pd crolla al 20,61 e ferma il centrosinistra al 23,20 per cento. Nel 2015 l’attuale sindaco dem, Romano Carancini, era passato al ballottaggio con il 39,92 per cento dei voti, davanti al candidato di centrodestra lasciato al 18 per cento. Il 13,62 era andato all’esponente di FdI e il 13,46 al M5S. Un altro mondo.

I vincitori in Brianza sono invece i due partiti coinvolti nell’inchiesta sui presunti favori a un costruttore in contatto con la ’ndrangheta: nel Collegio 04-Seregno la Lega conquista il 28,86 per cento e Forza Italia il 15,13, portando il centrodestra al 49,19 per cento. Staccato al 23,41 il M5S e al 21,88 il centrosinistra, con il Pd al 18,34. Lo scandalo di sei mesi fa non ha spostato l’orientamento degli elettori brianzoli. Nemmeno la festa elettorale alla discoteca “Noir” di Lissone, a pochi chilometri da Monza, ha ridotto il consenso al segretario lombardo della Lega, Paolo Grimoldi, e al neoeletto consigliere regionale Andrea Monti. Il club ha la sua storia. L’ha scritta il Tribunale di Milano nella sentenza confermata nel 2014 contro gli appartenenti alla ’ndrangheta, arrestati nella famosa operazione “Infinito”: «I gestori di questi locali (ad esempio quelli del Noir...)», comunque mai indagati, «traevano anche beneficio, perché potevano contare sulla loro protezione: quando avevano problemi con gli avventori o con malavitosi non contattavano certamente le forze dell’ordine, ma gli affiliati che intervenivano immediatamente in loro ausilio». La nuova Lega va in Parlamento un po’ più calabrese.