Lo scorso novembre sono nate due bambine col dna migliorato. Tutti hanno gridato allo scandalo e il bioingegnere cinese è stato messo alla gogna. Invece il futuro dell'umanità è quello. Per fortuna

Come Galileo Galilei, anche He Jiankui alla fine ha abiurato di fronte alle autorità politiche e scientifiche del suo Paese e del pianeta intero.

Per lo scienziato cinese non c’è stato nemmeno bisogno del Sant’Uffizio: sono state sufficienti le dure dichiarazioni dei più alti dirigenti del partito, seguite da un articolo del "Quotidiano del popolo" che definiva le sue ricerche «folli, immorali e pericolose». Poi è arrivato l’ostracismo della sua università, il coro sdegnato dell’establishment scientifico mondiale e - per sicurezza – anche qualche settimana di strana sparizione, forse agli arresti domiciliari. Così He Jiankui ha promesso che non lo rifarà mai più e tutti difensori della sacralità dell’essere-umano-così-com’è hanno tirato un sospiro di sollievo.

Sollievo fuori luogo, temo. Perché la ricerca scientifica alla fine va sempre per la sua strada. Si può ostacolarla, minacciarla, ritardarla e anatemizzarla, ma lei va avanti lo stesso e va oltre: e dopo He Jankui arriveranno altri, chissà quanti altri.

Intanto, cresceranno Lulu e Nana, le due bambine il cui genoma He Jankui ha modificato prima che nascessero, nel novembre scorso. Cresceranno e il mondo ne studierà ogni sviluppo, ogni progresso, ogni palpito, ogni malattia, anzi ogni resistenza alle malattie: quella resistenza per cui lo scienziato è intervenuto sul dna, potenziandola.

Funzionerà la tecnica usata da He? Può darsi, ma se anche così non fosse se ne troveranno altre, diverse, più evolute. Del resto il primo aereo volò 12 secondi e non si alzò a più di 400 metri da terra, oggi Elon Musk ci porta su Marte.

Insomma l’umanità è destinata a cambiare. L’essere-umano-così-com’è, così come lo conosciamo, non è una specie che ha davanti un lungo futuro. Più probabilmente questo appartiene all’essere umano modificato, potenziato, migliorato. Un “homo sapiens 2.0”, un essere che supera il suo se stesso attuale, che compie un salto evolutivo e sconfigge alcuni (molti?) dei suoi limiti.

È temutissimo oggi, questo salto, così come temuto è il suo simbolo He Jankui. Allo stesso modo fu (letterariamente) temuto il più grande uomo scimmia del Pleistocene di Roy Lewis, il geniale ominide Edward, il primo a controllare il fuoco e a fabbricare utensili, il quale non fece in tempo ad abiurare e finì quindi vittima dell’orda passatista, terrorizzata dalle sue invenzioni.

Che paura abbiamo, che la nostra ipsissima res venga modificata – seppure in meglio - quanto siamo attaccati al “legno storto” di Kant, quanto siamo poco propensi a guadagnare la vittoria per via genomica su quelle che pure, già 2.500 anni fa, il Gautama ci aveva indicato come le grandi sofferenze da cui emanciparsi.

Eppure in modo diverso lo facciamo giorno, anzi tentiamo di farlo ogni giorno: con le protesi, gli antidepressivi, gli antinfiammatori, i sonniferi, gli antidolorifici, l’alcol, la chirurgia, le droghe e tutto il resto. Lo facciamo ogni giorno e quindi ogni giorno andiamo in quella direzione perché quella è la direzione che naturalmente (quindi proprio seguendo la nostra natura!) vogliamo prendere: quella di minore sofferenza, di più possibilità, di una vita allungata e allargata.

Viviamo insomma in un’ambivalenza: da un lato vogliamo allargare-allungare la vita, dall’altro siamo paurosi, conservatori e ostili di fronte a innovazioni così radicali e sensibilli come quelle dell’ominide William o del bioigegnere He Jankui.

Poi però la storia insegna che a un certo punto, come per miracolo, l’ambivalenza si scioglie e l'ostilità diventa accettazione, anzi desiderio: questo avviene quando la possibilità di cambiamento in meglio si fa reale e riguarda direttamente noi, il nostro handicap, la nostra sofferenza, le nostre malattie.

Quello che oggi è affidato alla Paroxetina, alle valvole cardiache, al Toradol, alle protesi colorettali e a tutto il resto, domani sarà più potentemente affidato all’editing del genoma.

Non sarà più un tabù, né ci sarà bisogno di abiure o scuse.

Al massimo ci sarà qualche resistenza da parte delle religioni più istituzionalizzate, quella che dalla sofferenza umana traggono oggi i loro fatturati di anime o d’altro tipo.

Poi, finiranno pure quelle. E dopo qualche secolo chiederanno scusa anche a He Jiankui.