Con l’inizio dell’anno scolastico pronto il numero verde per contrastare e controllare tutte le iniziative dedicate ai temi dell’omosessualità in classe. Una battaglia dei leghisti del Pirellone che hanno stanziato 30 mila euro e raccolto sfottò e scherzi telefonici. La nostra chiamata dirottata a due uffici regionali di Milano

«Gentile dottoressa, l’anno scorso un omosessuale mi ha picchiettato sulla spalla per chiedermi l’ora. Ho dodici anni e da quel giorno il mio seno non è più cresciuto, lasciandomi piatta come una tavola. Mi ha trasmesso il gender?».

«Ho imparato ad uccidere le cimici (cosa da uomo) soffocandole con la lacca Splend’or (cosa da donna) e adesso non so più cosa sono, aiuto!»

«Aiuto! Aiuto! Alla squola di mio figlio hanno detto che molte piante sono sia maschio che femmina!».

Ecco il tono degli sfottò e sberleffi rivolto allo "Sportello famiglia" voluto dalla Regione Lombardia per contrastare e controllare tutte le iniziative dedicate ai temi dell'omosessualità e del "genere" nelle scuole.

Partito con un tam-tam e diventato gruppo Facebook con tanto di hastag #callmegender, con l’inizio dell’anno scolastico l’unione degli studenti e il gruppo i Sentinelli di Milano hanno deciso di usare l’arma dell’ironia invitando a intasare il centralino con scherzi telefonici.

Da oggi il numero 800.318.318 è affidato al gruppo Age (associazione genitori cattolici) e partecipanti entusiasti al Family day.

“L’Espresso” ha provato a chiamare il numero verde e dopo 17 minuti di attesa l’operatrice ci ha dirottato su due sportelli regionali dove presentare domanda: «Diciamo che si danno informazioni culturali su questa tematica. Se lei non è d’accordo con il gender nella scuola e pensa ci sia discriminazione può avere tutte le informazioni del caso ma deve rivolgersi allo sportello di via Fabio Filzi 22 e via Melchiorre Gioia 39 a Milano. Non serve l’appuntamento. Clic».

Paladina della battaglia anti-gender è l’assessore alle Culture, identità e autonomie Cristina Cappellini che ha scritto un bando ad hoc e finanziato con 30 mila euro l’iniziativa.

«Il gender è un tema di cui ci siamo occupati per scongiurarlo. Abbiamo avuto notizia di lezioni tenute da esponenti dell'Arcigay o di associazioni schierate col movimento Lgbt. Siamo perplessi. È iniziata questa battaglia da due anni, io ci credo, abbiamo conosciuto il Family day e le problematiche coinvolte. C'è una maggioranza silenziosa spesso oscurata da minoranza chiassosa», ha spiegato la leghista Cristina Cappellini.

Dalla partecipazione al Family day a Roma fino alle battaglie anti-profughi è lei il braccio armato dei leghisti made in Padania impegnati nella difesa della famiglia come istituzione monolitica.

Uno sforzo di idee, risorse ed energie per «ribadire che la famiglia composta da madre, padre e possibilmente figli, è un argine alla deriva antropologica che si sta diffondendo con l'ideologia gender».

Un fronte aperto con la messa al bando delle (inesistenti) teorie gender nei libri di scuola e un crescendo di campagne e fondi portate avanti a colpi di iniziative legislative e controversi eventi.

Primo atto il convegno omofobo a Palazzo Lombardia (voluto fortemente dalla stessa Cappellini) sposando la tesi che l’omosessualità è un malattia e tutti i nuclei sono sotto attacco per i piccoli impercettibili passi in avanti nella lotta all’omofobia e dei tentativi di parificare le coppie omosessuali a quelle etero.

Un bis andato in scena lo scorso 17 ottobre sempre al Pirellone e negli stessi giorni una una mozione votata in consiglio regionale perché «vengano ritirati dalle scuole i libri e il materiale informativo che promuove la teoria del gender che ha la tendenza a diventare sinonimo di educazione alla genitalità e alla masturbazione precoce».