Tra le grandi città vince Milano, tra i paesi più piccoli invece la palma di località più facoltosa va a Basiglio e Cusago, sempre in Lombardia. Regione in testa alla classifica dei redditi. Tutti i dati e la mappa completa

Quali sono i comuni più ricchi d’Italia, almeno per quel che ne sa il fisco? Secondo i dati del ministero dell’Economia, basati sulle dichiarazioni dei redditi per il 2014, fra le grandi città i redditi più elevati risultano innanzi tutto a Milano, con una media di circa 31mila euro a testa. Seguono Roma (26mila euro procapite) e ancora Bologna, Firenze e Torino, che invece sono nel gruppo di chi ha dichiarato in media da 25 a 23mila euro.

Ma per trovare pesi massimi, e minimi, bisogna andare nelle località più piccole: Basiglio, per esempio, 8mila anime poco a sud di Milano dove il reddito medio ha superato i 44mila euro rendendolo di gran lunga il più ricco d’Italia. Al secondo posto ma molto staccato arriva Cusago, ancora in provincia di Milano, e non si tratta di un’eccezione: i primi venti comuni per reddito, a parte un paio in Piemonte e uno in Liguria, sono tutti in Lombardia.

In tutt’altra direzione i 295 abitanti di Cavargna, nei dintorni di Como, dove il reddito medio dichiarato non è arrivato neppure a 7mila euro. Certo si tratta di una località minuscola, e se invece andiamo a guardare fra i comuni con almeno 5mila contribuenti ne spuntano fuori molti al sud, Calabria e Sicilia in particolare.

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Nelle diverse città, com’è naturale, la torta dei redditi dichiarati viene divisa in fette di grandezza spesso anche molto diversa. A Roma, per esempio, il 90% dei contribuenti rientra negli scaglioni che vanno da zero a 55mila euro, mentre sono circa 8mila i cittadini per i quali l’imponibile era negativo. Risultano invece 32mila contribuenti che ricadono nella fascia più ricca, eccedendo i 120mila euro annui.

In confronto, a Milano i redditi individuali sono spostati verso l’alto e a superare i 55mila euro è una quota più larga degli abitanti: tanto che la percentuale di chi rientra nello scaglione superiore ai 120mila euro è quasi doppia che rispetto a Roma.


Tra le sette città più grandi d’Italia, quella in cui la parte maggiore di persone dichiara un reddito basso, fino a 10mila euro, è Palermo. Nel centro siciliano va così per circa un contribuente su tre: un valore molto vicino anche a quello di Napoli. Da Roma a Genova, e poi con Torino, Milano e Bologna assistiamo invece a un calo, tanto che in quest’ultima i meno abbienti scendono in misura consistente.

Nella capitale, poi, si vede l’impatto dei ministeriali e dell’amministrazione pubblica centrale, tanto che i contribuenti nelle fasce abbienti sono quasi quanti a Milano – dove però il peso dell’economia privata incide in misura maggiore.


Questi sono i dati ufficiali: ovvero ciò che il fisco “vede”. Eppure per capire il quadro reale bisogna tenere conto dell’evasione, che in alcune aree e per alcuni gruppi di persone raggiunge livelli anche molto elevati. Se guardiamo soltanto all’evasione dall’imposta sul reddito purtroppo non esistono stime recentissime.

Eppure secondo un’audizione della Banca d’Italia al Senato, si ipotizza che nel 2004 sia stato evaso il 13,5 per cento della base imponibile teorica. Gli autori sottolineano che “la propensione a evadere è più elevata fra i giovani (19,9 per cento, contro 2,7 degli individui ultra-sessantacinquenni e 10,6 della classe intermedia) e i lavoratori autonomi (56,3 per cento)”.

Essa poi risulta “particolarmente alta anche per i percettori di rendite e per i lavoratori con una seconda attività”. D’altra parte non emergono particolari differenze fra nord e sud Italia, anche se questo dipende sia dall’incapacità dei dati di “cogliere appieno l’evasione totale prevalente nel Mezzogiorno”, sia dal fatto che in quest’ultimo sono più diffusi dipendenti e pensionati per i quali evadere le imposte sul reddito è assai complicato.

Più in generale – e più di recente – le stime dell’Istat suggeriscono l’esistenza di un’economia non osservata che nel 2013 vale 206 miliardi di euro, cioè il 12,9 per cento di tutto quanto è stato prodotto in quell’anno. Poco meno di metà di questa cifra arriva proprio dall’evasione fiscale, un altro terzo dal lavoro in nero, in aggiunta a una parte di affitti non registrati e altri elementi oltre alle attività illegali vere e proprie. Per quanto riguarda invece l’evasione di IVA e IRAP, l’imposta regionale sulle attività produttive, un’altra analisi della Corte dei Conti segnala invece come la propensione a evadere sia molto maggiore nel Sud e nelle isole: in particolare nell’agricoltura e nel terziario privato. Tutti elementi, insomma, che vanno tenuti in conto per farsi un’idea migliore di quanto siano affidabili le dichiarazioni dei redditi degli italiani.