Indagati sindaco e assessori di Lavagna in provincia di Genova. Dove esiste un clan radicato al punto da fare affari con gli amministratori locali e con l'ex parlamentare che per 24 anni è stata la prima cittadina del paese ligure

Lavagna 'ndrangheta connection. I clan calabresi parlano sempre più ligure. Non da oggi. Decine di inchieste hanno dimostrato l'esistenza di un'organizzazione con vere e proprie succursali radicate sul territorio. Ora però le evidenze si fanno sempre più lampanti. Basta scorrere l'elenco di indagati e arrestati eccellenti nell'ultima operazione antimafia: sindaco, consiglieri, assessori. Persino un ex parlamentare.

Nel patrimonio di relazioni della 'ndrangheta ligure c'è un pezzo della classe dirigente locale. L'indagine coordinata dalla procura antimafia di Genova ha portato ai primi arresti, eseguiti dalla squadra Mobile e dal Servizio centrale operativo: otto persone fermate e tre ai domiciliari. Indagati, e ai domiciliari, l'attuale primo cittadino del paese di Lavagna, Giuseppe Sanguinetti, e l'ex sindaco Gabriella Mondello, già parlamentare per tre mandati consecutivi per il centrodestra. Sanguinetti era stato eletto nel 2014 con il Movimento per Lavagna, lista civica vicina al centrodestra.

L'accusa nei confronti del sindaco, di un consigliere comunale e dell'ex parlamentare è abuso d'ufficio. Ma i tre sono anche indagati, a vario titolo, per voto di scambio e traffico illecito di influenze. Il sospetto, quindi, è che le elezioni siano state condizionate dal clan Roda-Casile originario di Condofuri, provincia di Reggio Calabria. Rappresentati a Lavagna dalla famiglia Nucera, con un capo che è stato individuato in Paolo Nucera.

Per gli altri, tra cui i Nucera, l'accusa più grave contestata è l'associazione mafiosa e traffico di rifiuti. Tutto, infatti, ruota attorno all'appalto per la gestione dei rifiuti del comune ligure assegnato a un'impresa di Udine che avrebbe ricevuto pressioni dal sindaco Giuseppe Sanguineti per subappaltare il servizio alla società EcoCentro dei Nucera. Secondo l'accusa i rifiuti urbani solidi raccolti nel comune di Lavagna e destinati alla discarica di Scarpino a Genova, venivano mescolati con rifiuti speciali che invece sarebbero dovuti andare in un'altra discarica. In alcuni casi venivano smaltiti in modo irregolare rottami di motori marini e barche, che venivano inglobati per fare peso e guadagnare di più. Un business molto remunerativo trasformato dalle 'ndrine in un doppio vantaggio: con società di copertura per il riciclaggio e un affare vero e proprio in grado di garantire un appoggio "istituzionale".

Per quanto presentabili, però, gli 'ndranghetisti fanno comunque paura. I politici coinvolti nell'inchiesta temevano le reazioni violente nel caso in cui non avessero rispettato i patti. In una intercettazione contenuta nell'ordinanza di arresto, il sindaco di Lavagna Giuseppe Sanguineti dice ad un altro consigliere comunale che occorre fare come dicono loro, «altrimenti saltiamo in aria come vent'anni fa». Il riferimento è l'attentato ad un'auto nella zona, mai chiarito. Già, perché la mafia calabrese da queste parti è radicata da parecchi anni, anche se molti hanno fatto finta di niente. Questione di affari e di opportunità: come del resto accade nelle altre regioni del Nord Italia, allacciare rapporti con le cosche è un vantaggio competitivo.

Oltre ai rifiuti, gli investigatori hanno scoperto che in cambio dei voti i clan calabresi hanno ottenuto la gestione di chioschi che affittano ombrelloni sulle spiagge del litorale. In pratica è una storia che assomiglia molto a quanto avvenuto per anni sul litorale laziale, emersa con le indagini sulla mafia a Ostia. A Lavagna gli inquirenti avrebbero rilevato che nell'anno 2014 i titolari di queste attività gestite dai calabresi indagati, al contrario delle altre attività del settore, non risultano mai essere stati controllati e tantomeno sanzionati per irregolarità.

Secondo l'accusa i vertici del Comune di Lavagna avrebbero omesso nella stagione 2014 i controlli «intenzionalmente e per lungo tempo» sugli stabilimenti balneari del lungomare di Lavagna, gestiti, sempre secondo l'accusa, dai referenti della famiglia Nucera e ora posti sotto sequestro». L'ex deputato del'Udc Gabriella Mondello è finita ai domiciliari: avrebbe ricevuto gioielli in cambio di un suo intervento per fare assumere un conoscente. In particolare, secondo l'accusa, Mondello si faceva dare soldi e gioielli (una collana, un bracciale e un paio di orecchini) «come prezzo della propria mediazione illecita verso l'allora assessore Giovanni Boitano (della giunta Burlando Pd ndr e candidato con la lista Paita alle scorse regionali) per fare assumere presso Arte, l'agenzia a partecipazione regionale, un suo conoscente». Sempre l'ex deputato avrebbe fatto ottenere illecitamente il cambio di residenza a un altro amico per consentirle di ottenere i benefici della legge 104, e cioè i permessi retribuiti per assistere un familiare con grave malattia.

Ma Mondello - per oltre 20 anni sindaca di Lavagna - grazie alla sua carriera a Montecitorio avrebbe avuto accesso anche ad atti riservati sulla 'ndrangheta in Liguria. Ciò che viene riportato in quegli atti lo rivela al sindaco Sanguineti e al vicesindaco Luigi Barbieri: era venuta a conoscenza - dai dossier riservati della Commissione parlamentare antimafia - della mafiosita? di Nucera Santo, Nucera Paolo e altri soggetti tra cui Roda? Francesco Antonio. Anche Sanguineti negli anni '90 ha conosciuto la famiglia Nucera, quando ricopriva l'incarico di assessore nella giunta del Sindaco Mondello Gabriella.

Insomma, chi ha guidato la città di Lavagna sapeva benissimo la caratura dei suoi interlocutori. Per questo, secondo gli inquirenti, più che di distrazione si tratta di complicità. E ora sono indagati con i pezzi grossi delle 'ndrine liguri. E visto il numero di politici dell'amministrazione locale finiti sotto inchiesta, non è da escludersi l'arrivo di una commissione d'accesso, che potrebbe preludere a un futuro scioglimento per mafia.

Sarà il prefetto che dovrà valutare. Sarebbe la quinta volta che accade in questa regione. Così lontana per chilometri dalla Calabria, ma sempre più in sintonia criminale con la provincia di Reggio Calabria.