Le nuove norme fiscali fanno lievitare gli indicatori economici patrimoniali delle famiglie degli studenti, senza che ci sia una rimodulazione delle fasce universitarie. La Rete della Conoscenza ha lanciato una petizione per chiedere un tavolo tecnico e un intervento immediato del governo

Ora anche gli studenti universitari rischiano di diventare 'esodati'. Tanti ragazzi che fino all’anno precedente avevano infatti maturato il diritto alla borsa di studio, a ottobre rischieranno di non essere ammessi. Da idonei a non idonei nel giro di un attimo. Senza che nulla, da un punto di vista reddituale, sia minimamente cambiato. Questa è la denuncia lanciata dalle associazioni studentesche, secondo cui le nuove regole che stabiliscono la situazione economica e patrimoniale degli studenti porteranno all’esclusione di una buona fetta degli attuali borsisti. Il 25 per cento, per essere precisi.

Molto di più rispetto al 10 per cento di cui aveva parlato il ministero del Lavoro già a marzo scorso nel report sui primi tre mesi di attuazione del nuovo Isee. «La reale portata del problema, in realtà, non si evince solo da chi perde l’idoneità – denuncia infatti Alberto Campailla, portavoce del Coordinamento Universitario Link – ma da tutti coloro che non presentano nemmeno più la domanda di borsa». Questo perché «moltissimi studenti, non rientrando più nei parametri, non presentano domanda per l’accesso alla graduatoria e quindi non figurano nemmeno come non idonei».

Insomma, l’anno accademico che si appresta a cominciare non parte con i migliori auspici. Tutta colpa, come detto, del nuovo Isee, in vigore da gennaio 2015. «Una norma nata con ottime premesse, avendo come obiettivo quello della lotta all’evasione fiscale, obiettivamente molto diffusa anche a livello universitario – riconosce ancora Campailla – Il punto, però, è che il governo ha modificato le norme per il calcolo dell’indicatore della situazione economico-patrimoniale, ma non ha provveduto a un riordino della materia».

È quanto denuncia anche Gianluca Scuccimarra, coordinatore nazionale dell’Udu (Unione degli Universitari), secondo il quale «migliaia di studenti risulteranno più ricchi, nonostante non abbiano avuto variazioni di reddito, e non potranno ricevere la borsa di studio che percepivano sino all’anno precedente». In altre parole, accanto ai nuovi criteri di calcolo, non è si è pensato anche a una rimodulazione delle fasce di reddito per la contribuzione studentesca.

E così, continua Campailla, «col nuovo Isee spesso si passa dalla prima alla seconda o alla terza fascia senza che però ci sia stato un benché minimo aumento sostanziale di reddito. E lo studente finisce col non avere più accesso alla borsa di studio». Ecco perché la Rete della Conoscenza, il network dei soggetti universitari cui aderiscono sia Link che Udu, ha lanciato una petizione, “#iononrinuncio”, che ha già raggiunto oltre 1.600 firme, per chiedere al ministero che «la soglia Isee venga rimodulata a livello nazionale» alzando l’asticella per l’accesso alle borse dagli attuali 21 mila euro a 23 mila, in modo da mantenere una percentuale tra idonei e richiedenti in linea con quella dell’anno scorso (basandosi sui dati del ministero del Lavoro).

Ma questa non è l’unica richiesta avanzata dagli studenti. «La vera mannaia – sottolinea ancora Campailla – è determinata non tanto dall’Isee, quanto dall’Ispe, ovvero dall’Indicatore di Situazione Patrimoniale Equivalente». Parliamo, in soldoni, di un altro indicatore essenziale per l’accesso alla borsa di studio che tiene conto del patrimonio di ciascun componente della famiglia, sia immobiliare che mobiliare. Ad avere un peso eccessivo secondo le associazioni è infatti la rivalutazione della prima casa, derivante anche in questo caso da una modifica nelle modalità di calcolo. Cosa è accaduto? Lo si legge chiaramente nella circolare Inps del 18 dicembre scorso riguardante, appunto, la riforma Isee. Al punto 5 si specifica che «gli immobili sono considerati in base al valore definito ai fini IMU (anziché ICI)».

Un piccolo cambiamento che non è assolutamente trascurabile se si considera, come fa osservare a L’Espresso la dottoressa e commercialista Ludovica Aiello, che un immobile con rendita catastale pari a 500 euro, se prima aveva un valore ai fini Ici pari a 75 mila euro, ora ha un valore ai fini Imu di 120 mila euro. E mentre l’Ispe cresce, nulla è stato toccato nei bandi universitari.

Con la conseguenza, anche in questo caso, che chi fino a ieri godeva della borsa di studio, da oggi molto probabilmente dovrà farne a meno. È quanto capiterà a Massimiliano, studente all’Università di Pisa, e ai suoi due fratelli. «Siamo in tre a frequentare l’università e tutti gli anni abbiamo avuto accesso alle borse di studio – racconta a L’Espresso – La nostra famiglia ha una casa di proprietà, ma l’Ispe quest’anno è passato da 30 mila a 37 mila. Siamo fuori da qualsiasi criterio concepibile per qualsiasi borsa di studio in Italia». La legge nazionale, d’altronde, parla chiaro: per accedere alle borse di studio, l’Ispe non può superare i 35 mila euro. E tutto questo a prescindere dall’Isee: «non prenderemo alcuna borsa di studio per questo cambio di calcolo, nonostante la nostra situazione reddituale lo consenta dato che l’Isee è nella prima fascia». Ecco un’altra conseguenza paradossale, come denunciato dalle associazioni studentesche: «spesso capita che l’Isee della famiglia di uno studente permetterebbe l’accesso alla borsa di studio, ma tutto si blocca a causa della crescita esponenziale dell’Ispe».

È quanto emerge anche da uno studio realizzato dall’Irpet (Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana) riguardante gli effetti del nuovo Isee sul diritto alle borse di studio, da cui emerge che in Toscana tra tutti gli studenti che perdono l’idoneità, l’80 per cento lo deve ad un aumento vertiginoso dell’Ispe che in media addirittura raddoppia, passando da 24.300 a 41.250. Ma è, questa, una realtà comune a tutte le regioni. I sindacati studenteschi, infatti, hanno interpellato le singole aziende per il diritto allo studio, registrando picchi negativi incredibili, come quello dell’Emilia (incremento del 18 per cento) o, peggio, quello della Puglia (30 per cento).

Non è un caso, allora, che la Rete della Conoscenza, nella sua petizione, ha chiesto anche che «venga abolito l’Ispe come parametro scisso dall’Isee per l’accesso ai benefici». Questo perché, come sottolineano sia Link che Udu, «il Diritto allo Studio è l’unica prestazione sociale per la quale è previsto, come parametro a sé stante, anche una soglia massima di Ispe sopra la quale allo studente viene negata la borsa nonostante l’Isee sia nei parametri fissati».

Come nel caso di Massimiliano. Ma non è l’unico a vivere una situazione simile. Le associazioni studentesche hanno infatti anche aperto un gruppo su facebook dove ognuno può raccontare la sua storia, chiedere suggerimenti, confrontarsi. Maria, ad esempio, da quest’anno non rientrerà più nei requisiti per 500 euro. Raffaella per 326 euro. Caterina, invece, al terzo anno di giurisprudenza a Bari, non accederà alla borsa di studio per soli 17 euro. E sempre per le nuove modalità di calcolo dell’Ispe. Ma ci sono situazioni ancora più paradossali come quella di Fabio, per il quale non solo «i valori degli immobili sono calcolati con una rendita superiore del 60 per cento», ma da quest’anno il genitore invalido non verrà considerato nella scala di equivalenza (che abbassa l'Ispe). Insomma, «il nuovo Isee è chiaramente fatto per far sembrare tutti più ricchi».

Le associazioni, però, non hanno intenzione di fermarsi ai gruppi su facebook, alla petizione lanciata qualche giorno fa o allo sportello online dell’Udu (www.sosisee.it) ricco di indicazioni e FAQ per monitorare e tentare di risolvere le problematiche più frequenti che stanno colpendo gli studenti. Come promette Campailla, «lanceremo assemblee nei vari atenei per passare dal virtuale al reale. Chiederemo, poi, un tavolo al Miur perché si risolva questo scempio. Stiamo parlando del diritto allo studio e della vita di ragazzi». Ma non basta: «chiederemo anche alle regioni di intervenire». Sebbene non abbiano responsabilità dirette, sono tante le regioni che hanno fissato un tetto per l’accesso alla borsa di studio, sia per quanto riguarda l’Isee che per quanto riguarda l’Ispe, più basso del massimale nazionale (rispettivamente, come detto, 21 mila e 35 mila euro). È il caso, ad esempio, dell’Università di Padova: qui l’asticella Ispe è ferma a 27.700 euro.
«Ora – insistono le associazioni – è necessario che gli studenti si facciano sentire per difendere il loro diritto allo studio». Prima che venga ridotto al lumicino.