Il pupazzo rosso di un finto telegiornale che accusa due finti giornalisti di realizzare finti servizi. È il perfetto finale per la mutazione genetica della tv italiana 

Che  storia meravigliosa, unica, spettacolare, forse persino irripetibile. Grazie di cuore, davvero, ad Antonio Ricci e a tutto il gruppo di lavoro targato "Striscia la notizia".

Non fosse all'opera questa banda insonne, in onda dall'88 in zona Canale 5, non potremmo oggi celebrare un evento catartico: non potremmo cioè ammirare, senza ombra di sarcasmo o scherzo, la completa mutazione della tv italiana. Da specchio presunto della società vivente a circo inconsapevole di massime contraddizioni.

Mi riferisco - è il caso di specificare - alla vicenda del duo Fabio & Mingo, sospeso giorni fa dal cast di "Striscia".

Quasi fosse un affare di Stato, o una svolta nevralgica per la democrazia postmoderna, molto si è scritto e detto sulle origini di questa punizione. Infinite ipotesi sono state spese, potenti sono rimbombati i punti di domanda.

Fino a quando, in video, mister Gabibbo ci ha illuminati: «Cari spettatori», ha detto con voce besuga, «abbiamo acclarato che il caso di qualche tempo fa della maga sudamericana non esiste, e anche il caso del falso avvocato era una messa in scena».

A "Striscia", ha poi aggiunto, «già questo basta: seguiranno azioni legali per accertare le responsabilità».

Ora: già così lo spettacolo è stato abbagliante. Un finto telegiornale, come da sempre è "Striscia la notizia", che accusa due finti giornalisti (quali da sempre sono Fabio & Mingo) di aver realizzato finti servizi.

L'apoteosi. La conferma di come verità e finzione siano nel cuore della tv pornograficamente avvinte, e di quanto grottesca sia la volontà di scinderle.

Con che diritto, insomma, un pupazzo rosso può ergersi a moralista, invocando l'etica di due cronisti comici?

Una risposta esatta, come spesso accade, non c'è. Ma c'è, quale premio di consolazione, l'ultimo atto di questa fiction, con Fabio & Mingo offesi dalle insinuazioni in campo: «Ci meravigliamo per le frasi riportate dal Gabibbo», hanno infatti scritto, «in quanto noi ci siamo sempre prodigati per rendere al meglio la nostra prestazione di attori nell'ambito di servizi prodotti esclusivamente nel rispetto delle precise indicazioni ricevute, assecondando sempre gli autori del programma nella scelta e nelle modalità di esecuzione dei servizi stessi».

Chi ha ragione, dunque, e chi invece televisivamente torto? Chiederselo, a questo punto, significa appartenere a un'antica tribù: quella che ancora seguiva schemi, regole, logiche geometriche. L'esatto opposto del patchwork contemporaneo.