Il governo francese ordina dosi massicce di antidoti. Perché il Califfato sicuramente possiede ordigni con il gas e li ha già usati contro i curdi. Bombe con cui vuole "scatenare l'apocalisse"

Può esserci qualcosa di più terribile dei massacri di Parigi? Si, un attacco dello stesso tipo ma con le armi chimiche al posto dei kalashnikov. Non è una minaccia remota. Il governo francese ha ordinato l'acquisto massiccio di dosi di atropina, l'antidoto per il primo trattamento delle vittime dei gas nervini. E ha disposto esercitazioni della protezione civile negli stadi e nella metropolitana proprio per fronteggiare questo pericolo.

Tutti gli analisti sono convinti che lo Stato islamico considera prioritarie le armi di distruzione di massa, quelle che possono concretizzare l'immaginario apocalittico che pervade il Califfato. La loro strategia prevede un'offensiva continua, di potenza crescente e di infinita crudeltà per terrorizzare gli avversari. La loro matrice ideologica sogna di ripetere le conquiste dei primi maomettani, che costruirono un impero esteso dai Pirenei all'India. I loro predicatori evocano in continuazione l'armaggedon musulmano, la battaglia finale contro le armate "romane" che avverrà nella piana di Daqib: la cittadina siriana che dà il nome al giornale dell'Is.

Oggi il Califfato possiede già piccole scorte di armi chimiche. Si tratta di testate con iprite e con sostanze a base di cloro. Queste ultime colpiscono soffocando le vittime mentre l'iprite - o gas mostarda - ha effetti multipli: devasta pelle e gli occhi ma diventa letale aggredendo i polmoni. L'Is ha cominciato a usarle sul campo nei combattimenti contro i curdi in Siria e in Iraq. E ha impiegato ordigni sempre più perfezionati.

All'inizio si è trattato di autobombe che disperdevano nell'aria il contenuto di una bombola di clorina. Una tecnica usata un paio di volte anche da Al Qaeda contro i marines in Iraq otto anni fa che però è poco efficace. Invece negli ultimi mesi i miliziani con la bandiera nera hanno sparato decine di granate all'iprite, creando uno sbarramento chimico contro l'avanzata dei peshmerga.

In un solo combattimento hanno lanciato 45 bombe pesanti da mortaio, concentrando il tiro per generare una nuvola tossica, gialla e velenosa. Una tattica che dimostra come a gestire le operazioni ci siano ufficiali esperti, probabilmente alcuni di quei reduci dell'esercito di Saddam Hussein che formano i vertici militari del Califfato e che per decenni hanno prodotto e usato in battaglia armi chimiche.

Molti indizi raccolti dai militari occidentali in Kurdistan sembrano confermare il peggiore degli scenari: l'Is starebbe costruendo il suo arsenale di gas. Le granate degli ultimi attacchi non sarebbero residuati provenienti dai depositi iracheni di Saddam ma ordigni assemblati nelle officine del Califfato. I suoi tecnici sarebbero in grado di distillare la clorina e confezionare miscele a base di iprite, usando tecnologie rudimentali e procedimenti di un secolo fa. E poi avrebbero anche la capacità di inserire le sostanze in testate - soprattutto per bombe da mortaio da 120 millimetri e razzi da 127 millimetri - che stanno funzionando. Trattandosi di composti "rozzi" hanno di conseguenza una bassa letalità, lontanissima dal micidiale gas nervino Sarin lanciato dal regime di Assad contro la resistenza alle porte di Damasco. Resta però potentissimo l'impatto psicologico contro le popolazioni e contro truppe prive di equipaggiamenti protettivi.

L'obiettivo del Califfato sembra rivolto soprattutto ai combattimenti in Iraq, dove il panico per i gas può minare lo spirito guerriero dei peshmerga curdi e dare un colpo finale al morale già basso delle forze sunnite irachene. E armi del genere possono fare strage di civili nelle capitali "nemiche": a Baghdad e Damasco, nei quartieri sciiti e halawiti che sostengono i due governi.

Più difficile che possano usarle per un attentato in Europa. I kamikaze che hanno colpito a Parigi si sono procurati mitra ed esplosivo in Francia e Belgio perché trasportarli dalla Siria è troppo difficile. Ma il Califfato ha dimostrato di sapere spiazzare le valutazioni occidentali. E non sarebbe così difficile nascondere un bidone di iprite da 50 litri su un tir turco e farlo arrivare. Oppure trasferirlo con un peschereccio. Molti miliziani dell'Is sono arrivati così dalla Siria alla Libia, sfruttando porti e complicità ancora misteriosi. E i rapporti con scafisti libici - come ha rivelato Paolo Biondani sul nostro giornale - sono stati provati dagli investigatori che indagano sulla strage del Museo del Bardo: il primo degli assalti scatenati nell'offensiva globale delle bandiere nere.