Bambini drogati per alleviare il dolore fisico. Adolescenti attirate in Italia con la promessa di un lavoro finite a fare le prostitute. Per arginare il fenomeno servirebbe una legge. Che l'esecutivo tarda ad approvare
«Prima di arrivare in Italia – racconta
M., diciottenne rumena - la mia vita era molto difficile, non avevo da mangiare e dormivo fuori casa da quando avevo 5 anni perché i miei genitori mi picchiavano. Una mia vicina di casa mi ha proposto di venire in Italia e mi ha detto che mi avrebbe
trovato un lavoro, così ho deciso di partire. Sono arrivata in Italia il giorno del mio diciassettesimo compleanno e quel giorno lei mi ha detto: “adesso andiamo a fare i soldi”».
Questa è solo una delle tante impressionanti
storie raccolte da Save The Children nel dossier «Piccoli schiavi invisibili» sulla tratta e sullo sfruttamento minorile. Come dice a L’Espresso Carlotta Bellini, responsabile protezione minori dell’associazione, «è un fenomeno gravissimo, con una fortissima incidenza proprio nel nostro Paese e che riguarda sia minori stranieri che italiani». Se nel 2010 il nostro Paese registrava
2.400 vittime (dati Eurostat), secondo l’ultimo aggiornamento dell’associazione umanitaria, quest'anno i minori tra i 7 e i 15 anni coinvolti sono circa 340.000. E l’11% dei 14-15enni che lavora, ossia circa 28.000 minori, è coinvolto in attività definibili «a rischio di sfruttamento». Dall’artigianato ai lavori in campagna. Fino alla prostituzione.
«Dalle indagini – continua la Bellini - sono emersi anche
casi di tratta allo scopo di sfruttamento: significa che ci sono minori intercettati nei loro Paesi e spostati per essere sfruttati in Italia. E questo riguarda soprattutto le minori, soprattutto
rumene e nigeriane, per la prostituzione». È il caso di L., diciassettenne nigeriana: «Ho perso i miei genitori quando avevo 16 anni. Due uomini del mio paese in Nigeria mi hanno promesso un lavoro di parrucchiera in Italia, ma quando sono arrivata qui mi hanno costretta a fare la prostituta, ogni notte dalle 10 alle 5 di mattina in strada per restituire il
costo del mio viaggio, 40.000 euro. Quando piangevo e mi rifiutavo, la Madam (la figura femminile che svolge un ruolo-chiave in tutte le fasi dello sfruttamento,
ndr) mi picchiava con bastone e cinghia, voleva almeno 500 euro a settimana». Ripagare il costo del viaggio, però, è praticamente impossibile. Al debito iniziale, che varia dai 30.000 ai 60.000 euro, si aggiunge il costo mensile (100/250 euro) della postazione su strada e l’
affitto (200/500 euro) delle stanze in cui le ragazze dormono, anche in sei assieme.
Bambini drogati per alleviare il dolore fisicoStorie incredibili, che non toccano però solo il mondo della prostituzione femminile, ma anche quello dello
sfruttamento maschile. Nell’ultimo anno, denuncia Save The Children, è impressionante il numero dei bambini non accompagnati provenienti soprattutto dall’Egitto. Uno degli “schiavi invisibili” arrivati in Italia è M. Ha solo
tredici anni: «Sono stanco, la sera non riesco nemmeno a dormire da quanto sono stanco. Non voglio più lavorare così tanto, voglio vivere tranquillo e avere qualcuno che mi dice di andare a scuola. Io voglio studiare. Ho lavorato
per 4 settimane dalle 7 del mattino all'1 di notte. Dormivo 3 ore, guadagnavo
150 euro alla settimana. Vorrei guadagnare almeno 200 euro da mandare a casa. Se potessi esprimere un desiderio vorrei fare lo chef e girare il mondo».
E, così come per gli altri casi, anche su M. grava il peso del
debito contratto per l’organizzazione del viaggio: circa 3.000 euro, impossibili da ripagare: «I minori – racconta Carlotta Bellini - lavorano per 12 ore di fila pagati a circa 2-3 euro all’ora». Non solo: «Spesso i bambini sfruttati fanno
lavori molto pesanti, per cui poi, per alleviare il dolore fisico, assumono farmaci antidolorifici, oppiacei, che creano dipendenza, facilmente reperibili anche perché costano molto meno delle sostanze stupefacenti pur avendo gli stessi effetti. Una cosa, peraltro, che abbiamo registrato anche sulle minori dell’Est che vengono proprio drogate proprio per far sì che le ragazze abbiano un atteggiamento di maggiore rilassatezza».
I ritardi del governo: manca la firma di Renzi per il Piano anti-trattaIl 6 agosto 2013 il Parlamento delega al governo il compito di ricevere la direttiva europea sulla prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime. Una direttiva che risale al 5 aprile 2011. Insomma, ci sono voluti due anni prima che il Parlamento impegnasse l'esecutivo. Sono passati altri otto mesi prima della ratifica del governo, siglata con un decreto legislativo il 4 marzo 2014.
Tutto risolto? Niente affatto. Sebbene nel testo siano state apportate modifiche importanti soprattutto al codice penale (come la reclusione da 8 a 20 anni per chiunque si rende responsabile della tratta, sia che trasporti soltanto o che recluti o che infine ceda l’autorità sulla persona), è sul piano della prevenzione e del monitoraggio del fenomeno che ci sarebbe ancora molto da fare. L’articolo 7 del decreto assegna un ruolo centrale al Dipartimento delle Pari Opportunità, soprattutto nel coordinamento di «interventi di prevenzione sociale del fenomeno della tratta degli esseri umani e di assistenza delle relative vittime, nonché di programmazione delle risorse finanziarie in ordine ai programmi di assistenza ed integrazione sociale» e nel «monitoraggio posto in essere anche attraverso la raccolta di dati statistici».
Per realizzare tutto questo si prevede l’istituzione di un «Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani». Ed ecco il punto. Quali i tempi? Lo si legge all’articolo 9: «Il Piano è adottato
entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione». Considerando che il decreto è entrato in vigore il 4 marzo, siamo
in ritardo di oltre due mesi. Del quale deve rendere conto anche Matteo Renzi, dato che il Piano diventerà operativo «previa delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'interno nell'ambito delle rispettive competenze». Senza dimenticare -
come L’Espresso ha già rilevato per un’altra questione delicata come il femminicidio - che Renzi, a differenza dei suoi predecessori, ha tenuto per sé la delega alle Pari Opportunità, cosa che contribuisce a rallentare l’iter e a frenare i ruoli operativi dello stesso Dipartimento (come denuncia anche Save The Children).
«Per l’ennesima volta – commenta Save The Children - registriamo spaventosi ritardi. Basti questo: noi curiamo questo dossier da anni e ogni anno chiediamo le stesse cose. Non solo. Abbiamo dato anche la nostra disponibilità a dare un supporto ma
nessuno ci ha coinvolto, né ci ha dato una risposta. Vorremmo sapere quali sono le difficoltà, ma è praticamente impossibile saperlo».
Il Fondo? InsufficienteAmmettiamo che a breve il Piano diventi funzionante. Per il 2014 sono stati assegnati in totale
5 milioni di euro che, secondo l’associazione umanitaria, sarebbero assolutamente insufficienti. «Considerato che dall’attuazione del decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, l’ammontare del Fondo non sembra essere adeguato e sufficiente a garantirne l’attuazione, se consideriamo che la previsione di risarcimento per ogni vittime di sfruttamento è di
1.500 euro». Visti i numeri, il fondo non basterebbe all’indennizzo nemmeno della metà delle persone coinvolte.
Insomma, il sistema così com’è oggi non funziona anche perché, sino ad ora, «sono state adottate solo soluzioni tampone senza un piano concreto, spesso in condizioni del tutto inaccettabili per un Paese civile come l’Italia. E allora ecco che i minori scappano. Se i minori vanno a lavorare ai mercati generali bisogna chiedersi anche il perché». Per creare un sistema ad hoc, Save The Children ha presentato anche una
proposta di legge. Peccato che da tempo sia ferma in Commissione Affari Costituzionali.