Nei centri specializzati sono iniziati gli interventi. E a ragione: perché non c'è bisogno di nuove linee guida, come sostiene invece il ministro Beatrice Lorenzin. Quello che serve piuttosto sono delle regole sulle donazioni di ovociti. Ecco i tre punti: ricompense, anonimato e limiti d'età

Da quando ad aprile scorso la Corte Costituzionale ha eliminato il divieto di eterologa, in Italia è partita la corsa alla donazione di gameti, femminili e maschili. Con la sentenza di aprile infatti, i giudici costituzionali hanno abolito uno degli ultimi ostacoli alla fecondazione artificiale che erano stati imposti dalla legge 40 del 2004: quello che impediva ai partner sterili di provare a concepire un figlio in vitro con ovuli o spermatozoi esterni alla coppia.

Con il via libera imposto dai giudici, è partita dunque la corsa alle terapie nei centri specializzati. E per almeno tre coppie è già arrivata alla prima tappa: tante sono infatti le gravidanze avviate grazie alla donazione di gameti annunciate dall'Associazione Luca Coscioni in questi giorni. D’altronde i direttori dei principali centri di Procreazione medicalmente assistita (Pma) lo dicono da settimane: molte donne hanno cominciato a chiedere di poter donare gli ovociti congelati da precedenti cicli di procreazione assistita.


«Chi ha sofferto di infertilità sa quanto sia doloroso non poter avere figli. E ora che non esiste più il divieto queste coppie sentono forte il desiderio di aiutarne delle altre», dice Andrea Borini, direttore scientifico di Tecnobios Procreazione. Ma prima ancora di pensare alle donatrici pure, è possibile trovare il modo di donare gli ovociti congelati di quelle donne che hanno già avuto dei figli. «O i gameti messi a disposizione da altre coppie che stanno facendo lo stesso percorso», aggiunge Antonino Guglielmino, direttore del centro Hera di Catania.

È il cosiddetto “egg sharing”, un modo usato anche in altre nazioni per regolare la fecondazione eterologa. Ma quaunque sia il modo con cui si raccolgono i gameti, è fondamentale che sia il donatore sia i riceventi siano seguiti dal punto di vista psicologico. Le principali società scientifiche italiane lo hanno ribadito nel documento che hanno inviato al ministro Beatrice Lorenzin in occasione della prima riunione del gruppo di esperti che dovrà stabilire come regolamentare la prassi della donazione. «Se infatti non ci sono dubbi che l’eterologa si possa già fare oggi – e infatti nei centri sono centinaia le coppie che si stanno sottoponendo agli esami preliminari – restano ancora da chiarire alcuni punti», sottolinea Claudia Livi direttore sanitario del centro Demetra di Firenze.

Uno di questi è la ricompensa per il donatore. In Spagna è pari a mille euro, in Italia alcuni esperti sostengono che un rimborso vada dato e si è aperta la discussione. Un secondo punto è quello dell’anonimato, garantito per legge, a cui si dovrebbe aggiungere però l’impegno del donatore a segnalare eventuali problemi di salute sviluppati anche dopo anni. E poi la questione del limite d’età, su cui l’orientamento degli esperti è quello di trattare questi pazienti come tutti gli altri che si sottopongono a Pma. E cioè sconsigliare i trattamenti dopo i 50 anni.