Gli spazi di Milano che ospitano la sede elettorale della candidata di Forza Italia alle Europee sono di proprietà dell'ex terrorista nero Guaglianone, indagato dalla Dia di Reggio Calabria insieme ad alcuni suoi soci in seguito allo scandalo che ha riguardato il Carroccio e gli investimenti in Tanzania

C'è il pubblico delle grandi occasioni per l'inaugurazione del Comi Point a Milano. La candidata alle elezioni europee di Forza Italia, Lara Comi, sfodera sorrisi ed elargisce strette di mano. Lei è una di quelle che dovrebbe farcela a tornare a Strasburgo, da sola senza ticket con il prediletto di Berlusconi Giovanni Toti.

Da sola ma con Pasquale «Lino» Guaglianone, ex terrorista nero, che le ha concesso la locazione del Comi Point in Corso Buenos Aires oltre a fornirle sostegno logistico per cene ed eventi di fundraising. Un legame pericoloso quello che lega la candidata a Guaglianone perché non può non sapere che l'ex tesoriere dei Nar è indagato dall'anno scorso dalla Dia di Reggio Calabria insieme ad alcuni suoi soci in seguito allo scandalo che ha riguardato il Carroccio e gli investimenti in Tanzania.

«Ciascuno nella sua qualità professionale, politica ed imprenditoriale prendeva parte ad una associazione per delinquere al cui interno opera una componente di natura segreta», si legge nel decreto di perquisizione dell'ufficio di Guaglianone in via Durini 41 a Milano, avvenuta nel 2012. Soci tra i quali spicca Bruno Mafrici, avvocato legato al clan De Stefano, finito nei guai per la vicenda Belsito (di cui era consulente al Ministero della Semplificazione amministrativa ai tempi di Calderoli) e ripiombatoci per la vicenda Scajola, dove secondo la Procura di Reggio Calabria era legato all'ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Lara Comi non sa, o finge di non sapere. Perché è un personaggio interessante, soprattutto per le Procure, questo Guaglianone. Uno che ha collezionato, grazie alle aderenze in Alleanza Nazionale, incarichi di rilievo in aziende partecipate del Comune di Milano e della Regione Lombardia, tra cui Ferrovie nord e Fiera Milano Congressi spa. Da cui esce precipitosamente nella primavera 2012, proprio quando l'inchiesta sulla Lega entrerà nel vivo.

Uno che fa affari coi nomi pesanti di una certa e chiacchierata imprenditoria calabrese. Soprattutto nell'ambito immobiliare: a Buccinasco, nell'hinterland milanese, con Mario Pecchia, già noto alle cronache giudiziarie, ma mai indagato, per l'inchiesta Cerberus, sul monopolio del movimento terra costruito dalle 'ndrine al Nord; a Reggio Calabria con Michelangelo Tibaldi, già indagato per i legami con le cosche e il cui nome è legato alle vicende della Multiservizi, la società mista del Comune reggino infiltrata dal clan dei Tegano.

Dal 2012 Guaglianone cambia nome alla sua vecchia società e ne apre un'altra, la Futura Counsel Spa, specialista in pubbliche relazioni, e cerca nuovi partner istituzionali, non più gli ex An che lo scaricano, ma Forza Italia. Individua Lara Comi, europarlamentare uscente, come cavallo su cui puntare. Un cavallo che, evidentemente, non sa o finge di non sapere chi è questo commercialista sessantenne dal passato di terrorista (rimedia nel 1992 una condanna a cinque anni) e da un presente ancora più inquietante.

Ma il legame con Lara Comi non parrebbe casuale. Una decina di giorni fa, l'ex ministro Scajola è a Milano e deve decidere a chi concedere i suoi pacchetti di voti dopo che Berlusconi gli ha rifiutato la candidatura alle europee. Tanti voti, perché nonostante le varie disavventure giudiziarie in Liguria, Scajola conta ancora e molto. Presso il Palazzo delle Stelline incontra due candidati di Forza Italia pronti a ricevere i suoi voti in dote. Sono Stefano Maullu e Lara Comi. Claudio Scajola, che mercoledì dovrà difendersi anche dall'accusa di concorso esterno con la mafia, con Lino Guaglianone ha abbastanza in comune, soprattutto quel Bruno Mafrici che teneva rapporti con Matacena.

Già nelle elezioni politiche del 2013, l'allora segretario del Pdl Alfano aveva preteso che Scajola fosse escluso dalle liste per le politiche. Soprattutto, si disse a Palazzo Grazioli, per il crescente fenomeno dell’infiltrazione della ‘ndrangheta in Liguria, in particolare a Ponente, proprio il serbatoio di voti dell'ex ministro. Lì dove i voti dei calabresi contano ancora (il superboss Domenico Oppedisano: «Siamo tutti una cosa, la Liguria è ‘ndranghetista»).

Da parte sua Lara Comi si è fatta accompagnare nel suo tour ligure proprio dal nipote di Claudio, Marco, consigliere regionale, il più votato nel 2010 a Ventimiglia dove è più numerosa la comunità calabrese. Marco Scajola per il quale Lara Comi spende parole con generosità: «Su di lui per la nuova Forza Italia facciamo molto riferimento». Il tutto mentre la Direzione Distrettuale Antimafia contesta a Scajola di essere l'erede di Matacena, cioè «la proiezione degli accordi e degli impegni assunti con le 'ndrine».

Situazioni equivoche, amicizie pericolose e circostanze ancora oscure che dovrebbero far riflettere la candidata di Forza Italia. L'attenzione richiesta a chi fa politica, senza riccorerre alla classica giustificazione: «Ma io come facevo a saperlo?».