Il concorso di bellezza per omosessuali non è una vetrina vuota, ma un evento che dà spazio a storie di mancanza di accettazione, bullismo, diritti negati. Come quella di Hussien, costretto a scappare dall'Iraq perché 'diverso', o del vincitore ferito in un'aggressione omofoba

L'Italia ha il suo Mister Gay, si chiama Giovanni Licchello, ha 26 anni e una cicatrice sul sopracciglio sinistro: se l'è fatta difendendo un amico da un'aggressione omofoba in discoteca. Barba scura e sguardo fiero, è lui l'uomo "più bello e rappresentativo del mondo gay" incoronato domenica sera al Mamamia di Torre del Lago (LU).

"Spero di incitare i giovani a dichiararsi" dichiara Mister Gay, che vive a Brindisi e fa il rappresentante di prodotti per studi dentistici. A ottobre lo aspetta una tournée per i locali lgbti: 12 tappe in cui parlerà con centinaia di giovani.

Con lui ci sarà Paolo Tuci, l'organizzatore della competizione targata Gay.it e Arcigay che va avanti da 16 anni. Mentre concorsi di bellezza più noti (ed etero) crollano. "Miss Italia ha un'immagine che viene fruita commercialmente dai media e finisce lì. Mister Gay ha uno scopo diverso" afferma Tuci. Ai concorrenti si chiede come hanno fatto coming out. Un finalista: "Durante una litigata con mia madre. Siamo scoppiati a piangere e lei mi ha detto ''ti amo''". Ma non sempre va così.

"Al di là della bellezza - racconta l'organizzatore - ogni concorrente ha una storia di bullismo, di mancanza di accettazione da parte dei genitori. Dei 7 finalisti, 5 sono stati adottati perché non voluti dalla famiglia di origine. Uno, nato in Romania, è stato adottato insieme alla sorella da una famiglia italiana, che, quando ha saputo della sua omosessualità, ha tenuto la sorella e abbandonato lui. Hussien addirittura era rifugiato".

A Hussien, 25 anni, è andato il premio speciale al "Coraggio". Niente di più adatto per un ragazzo fuggito a 13 anni dall'Iraq e da una famiglia che lo voleva morto perché gay. Da 2 anni circa ha due genitori italiani che gli vogliono bene e lo sostengono in tutto. Pure in questo concorso, nonostante i timori iniziali. "Pensavamo fosse una cosa frivola" spiegano. Poi, in prima fila telecamera in mano, si sono emozionati quando sul palco il loro figlio più grande - altri due sono adottati a distanza - non ha trattenuto le lacrime mentre i presentatori raccontavano la sua storia di rifugiato.

Sono orgogliosi i due "papi". Così Hussien chiama la coppia omosessuale che l'ha adottato. "Grazie a Hussien abbiamo scoperto di avere dei sentimenti di genitorialità che sono sempre stati ammazzati, tenuti nascosti, in quanto gay. Adesso non ci staccheremmo mai da lui" raccontano Claudio e il compagno Massimo Florio, vice presidente di Anddos, l'Associazione Nazionale contro le Discriminazioni Da Orientamento Sessuale, grazie alla quale hanno incontrato Hussien.

"Era impressionante. Quando l'ho conosciuto - ricorda Claudio - non ho capito immediatamente che fosse analfabeta: prendeva i treni, gli aerei, si spostava come una qualsiasi persona che sa leggere e scrivere. Impensabile se non sai leggere un tabellone, un orario. Aveva sviluppato degli espedienti per le fermate, i nomi, che erano soprattutto di fotografia". "Non mi avevano mai fatto studiare in Iraq. Era come se fossi cieco di fronte alle lettere" spiega Hussein, la cui storia sta ispirando un libro e un lungometraggio. "Qua - dice Massimo - ha ottenuto la quinta elementare e la terza media e sta facendo un corso professionalizzante per massaggiatore".

Sorride sempre ed è gentile, Hussien. Anche quando mostra le braccia: "A me non piacciono i tatuaggi. Ma se guardi bene sotto capisci perché li ho fatti". Ogni tribale nasconde delle incisioni nella pelle. Violenze inflitte dal padre in Iraq. "Ha visto morire l'amico del cuore" aggiunge Massimo. Il sorriso sparisce per un attimo dal volto del figlio. "Il suo nome l'ho tatuato qua sul petto dove rimarrà per tutta la vita. Metto in chiaro: non era il mio amante. Era un fratello. Io mi sfogavo con lui, lui si sfogava con me: non siamo due malati, siamo due gay, ci dicevamo. Purtroppo lui non ce l'ha fatta".

Non ha vinto il titolo di Mister Gay, Hussien, ma poco importa. "Ho vinto nella mia vita. Le mie vittorie - dice - ce le ho già: scuola, lavoro e genitori".