Il nuovo procuratore Cafiero de Raho, già noto per le sue indagini anti camorra, mette piede in un tribunale reggino avvelenato. Dove i pm che indagano sulle cosche continuano a ricevere minacce di morte. E persino le stanze segrete degli archivi vengono violate
Fuoco di sbarramento. Il nuovo procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, troverà un ambiente avvelenato quando si insedierà a Palazzo di giustizia. Due intimidazioni a tre diversi magistrati e il saccheggio di un archivio riservato sono il benvenuto al magistrato napoletano. Cafiero è noto per le indagini contro i Casalesi e contro l'ex parlamentare Pdl Nicola Cosentino e il suo ultimo atto a Napoli è stata la richiesta di il giudizio immediato per Silvio Berlusconi, Sergio De Gregorio e Valter Lavitola.
La determinazione del magistrato napoletano è il peggiore biglietto di presentazione per una città abituata da decenni a vivere di complicità politico-mafioso-giudiziarie, culminate nello scioglimento del Comune a ottobre del 2012 e nella dichiarazione di pre-dissesto finanziario dopo un decennio di gestione dissennata ribattezzata "modello Reggio".
Eppure, nonostante il livello di massimo allarme criminale, c'è voluto un anno e l'intervento del presidente Giorgio Napolitano perché il Csm nominasse il sostituto di Giuseppe Pignatone, mandato a guidare la Procura di Roma nel febbraio 2012. Un anno di ignavia istituzionale con il manuale Cencelli applicato alla magistratura.
Ma appena è stata sciolta la riserva sul successore di Pignatone, sono incominciate le manovre. La prima intimidazione ha colpito il pm Giuseppe Lombardo che poco più di due settimane fa è stato il destinatario di una missiva accompagnata da 50 grammi di polvere da sparo con un messaggio preciso: "Fermati. Perché se non ti fermi da solo lo facciamo noi con altri 200 chili". La lettera conteneva una serie di elementi che solo Lombardo e pochissimi addetti ai lavori potevano conoscere. Parole pronunciate da Lombardo in una riunione tempestosa tenuta nelle stanze della Procura solo qualche giorno prima dell'arrivo della missiva. Lombardo, uno degli investigatori di punta a Reggio con indagini importanti all'attivo (Meta, Breakfast, Bellu Lavuru), aveva già ricevuto varie minacce, tra le quali un messaggio di morte il 25 gennaio 2010, tre settimane dopo l'esplosione di un ordigno davanti alla porta della Procura generale.
La seconda minaccia è arrivata il 20 marzo con una busta contenente un proiettile recapitata fin dentro il palazzo che ospita la Procura. I destinatari sono il sostituto procuratore generale Francesco Mollace e il pm della Dda Antonio De Bernardo. I due magistrati seguono in Appello fascicoli che vedono alla sbarra pezzi da novanta del mandamento jonico. Uomini chiave non solo della struttura logistica delle 'ndrine, ma anche di quel sistema criminale che travalica la dimensione di chi si diletta con cariche e santini e che affonda le proprie radici malate nei centri di potere dello Stato.
Il terzo caso inquietante riguarda il blitz di ignoti al quinto piano dell'edificio che ospita la Procura. Qualcuno ha forzato l'archivio "Atti relativi", per metterlo a soqquadro e andare via senza curarsi di coprire le proprie tracce. Un atto che ha violato una delle stanze più segrete dell'intero palazzo, quella in cui è custodito anche l'archivio dell'ex procuratore capo Pignatone.
L'ipotesi più inquietante? La violazione dell'archivio forse non è stata fatta per sottrarre carte ma per adulterarne il contenuto, sostituendo pagine protocollate con copie identiche, archiviate con i medesimi numeri, ma modificate a vantaggio degli accusati. Un'alterazione difficilissima da scoprire. Ma che solo chi sapeva dove mettere le mani, che cosa cercare e dove trovarlo, potrebbe essere stato in grado di fare.