Il microfono della Lepolda, quello da cui Matteo Renzi e i suoi ospiti parlano, non è uno degli ultimi modelli, minuscolo e quasi invisibile, bensì lo stesso di Togliatti e De Gasperi: grande, appariscente, vetusto. Nello stesso modo nello spazio di Renzi-il-nuovo-nuovo, nel suo teatrino, ci sono la bicicletta di Bartali e la Vespa di Corradino D’Ascanio. Com’è possibile che il rinnovatore, l’ex rottamatore, guardi al passato? Renzi vince perché è nuovo e insieme vintage: guarda al passato prossimo, non al passato remoto. La parola “Vintage” un tempo indicava i “vini d’annata” di particolare pregio (unione di inglese e francese, dalla parola francese vendenge, vendemmia), oggi funziona come “effetto nostalgia”, il corrispettivo del narcisismo di massa descritto da Christopher Lash decenni fa.

Il vintage connota un’estetica che coniuga insieme il glamour del presente e il rimpianto del passato (ma senza malinconia). Con il vintage l’estetica tende a trasformarsi in etica, in valori e comportamenti, e quindi necessariamente in fatto politico. Non l’ha scoperto certo Berlusconi con le sue televisioni che l’estetica è politica. Sono stati i regimi totalitari del Novecento a dare il giro di manovella all’estetizzazione della politica. La società dei consumi poi ha fatto il resto: depoliticizza il contenuto reazionario e lo trasforma in un motore economico. Renzi viene da lì. Ha capito che esiste un senso d’impotenza che nasce dalla promessa continua di futuro e insieme dalla dimenticanza del passato. Il sindaco di Firenze sposta contemporaneamente le lancette del suo messaggio estetico in avanti - il futuro quale novità - e insieme all’indietro - il passato come nostalgia. Qualcosa di decisamente nuovo in politica, anche se nel campo della moda tutto questo è già stato sperimentato ampiamente. L’innovazione, il cambiamento, che vintage e glamour promuovono insieme, è il rifacimento, la ripetizione, il ritorno dell’uguale.

La moda è un sistema continuo di ripetizioni, come aveva capito Roland Barthes. Uno degli aspetti fondamentali che il vintage promuove è l’assenza del conflitto; o se lo propone - padri/figli, giovani/vecchi, classi medie/classi alte, intellettuali/popolo - è del tutto presunto, quasi finto, perché privo di angosce e traumi. Renzi ha compreso questo prima degli altri. Di più: lo incarna nella sua stessa persona fisica. Lui stesso è il più vintage di tutti, da La Pira a Farinetti, dalla tradizione cattolica al futuro del made in Italy, la sua è l’industria politica del futuro.