La scadenza del 30 giugno per inviare la documentazione dell’assegnazione degli appalti non è stata rispettata. E si scopre che nell’ultimo documento è stato fortemente ridotto il numero di posti per i bimbi

C'era una volta il Pnrr, che predicava di investire 4,86 miliardi di euro per realizzare numerosi asili nido, così da destinare a 264.480 bambini da zero e sei anni un luogo in cui crescere e imparare, consentendo soprattutto alla mamma di lavorare. Una bella storia, senza dubbio, che rischia di restare tale e non concretizzarsi mai, se non in minima parte. Ma andiamo con ordine e vediamo cosa non quadra.

 

Prima di tutto il numero dei posti che saranno realizzati. Fino al 31 dicembre 2022 il piano italiano di Ripresa e Resilienza indicava in 264.480 i posti da realizzare, ma nell'ultima versione questo numero è stato modificato e i posti da creare sono magicamente diventati 228.000, quindi c'è stato un taglio di 36.480 posti per altrettanti bambini che dal 2026 non avranno alcun nido a disposizione. Perché questo taglio? In base a quale revisione è stato effettuato? Tutto tace. Di sicuro alla Commissione europea questo taglio neppure risulta, anche se non c'è dubbio che sull'ultima versione del Pnrr ci sia scritto esattamente 228mila posti, anziché 264.480.

 

Dunque, quanti sono esattamente i posti che saranno realizzati in Italia? Tra gli uffici di controllo e monitoraggio di Bruxelles e di Roma se lo stanno domandando in molti, senza tuttavia aver ricevuto ancora alcuna risposta da parte del ministero con delega al Pnrr governato da Raffaele Fitto, dove nessuno ha mai dichiarato con esattezza il numero esatto di posti nido. 

 

Quindi, senza informazioni di prima mano, l'Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb) ha dovuto calcolare il valore a spanne realizzando un complicatissimo meccanismo matematico che prima prende in considerazione il finanziamento ricevuto da ciascun comune, poi divide quel valore per i costi al metro quadro previsti per l'ampliamento  la costruzione ex novo al netto dell'inflazione, così da ottenere il costo lordo dell'investimento per i nuovi nidi e le scuole dell'infanzia. Solo successivamente, dividendo quel numero in base a ciascuna normativa regionale in termini di spazio dedicato a ciascun bambino (perché ogni zona d'Italia ha delle disposizioni diverse per gli asili nido) è possibile stimare il numero di posti al nido che saranno realizzati. E cosa si è scoperto? Che i posti sono ampiamente inferiori ai 264mila promessi, molto vicina ai 200mila posti. E la stima dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio è stata particolarmente generosa, visto che il calcolo si riferisce alle primissime graduatorie e si pensava che tutti i fondi sarebbero stati assegnati, cosa che invece non è avvenuta. Forse che qualcuno al ministero si è accorto dei rilievi dell'Upb e, pensando che nessuno se ne sarebbe accorto, ha modificato il numero di posti scrivendolo nell'ultimo documento aggiornato del Piano di Ripresa e Resilienza? Qui sta il secondo punto, perché nonostante svariati enti, italiani ed europei, abbiano a più riprese lamentato la scarsità di trasparenza sul fronte asili nido, dal ministero non è mai arrivato alcun chiarimento.

 

Il caos sui numeri e l'incertezza sul progetto asili nido e scuole dell'infanzia rischia ora di sortire un effetto boomerang. Ieri mattina il Sole24 Ore ha rivelato che gli ispettori europei hanno contestato al governo tutti i progetti che riguardano gli ampliamenti degli asili nido già esistenti.

 

Dice il giornale che secondo la Commissione Europea i soldi possono essere spesi solo per nuove strutture e questo mette a rischio oltre un miliardo di euro di quelli a disposizione per le strutture dell'infanzia e, di conseguenza rischiano di saltare un centinaio di posti. E il governo che fa? In base alla ricostruzione del Sole24Ore il governo, alle prese con questa vicenda già da parecchi giorni, ha intenzione di inserire il finanziamento a rischio all'interno della prossima legge di bilancio.

 

Detto altrimenti, visto che l'Europa non intende finanziarli, dovremo finanziarli noi cittadini con i soldi delle nostre tasse. Però, un economista che da tempo lavora su questa tematica e contattato dall'Espresso, fa notare che fin dal primo testo del Pnrr inviato a Bruxelles è sempre stato esplicitamente dichiarato che «con questo progetto si persegue la costruzione, riqualificazione e messa in sicurezza degli asili e delle scuole dell'infanzia al fine di migliorare l'offerta educativa», c'è scritto al punto 1.1 del piano, dedicato proprio al «Piano per asili nido e scuole dell'infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia».

 

Insomma, la parola “riqualificazione” non è spuntata come un fungo nei documenti di approvazione delle opere inviati a Bruxelles, ma è sempre stata presente sin dall'inizio. Resta quindi da capire perché il governo non abbia alzato un dito per far valere il proprio diritto, dal momento che il testo del Pnrr è stato approvato e controfirmato dalla Commissione Europea. Per avere certezza di quanto è successo sarà necessario attendere che gli uffici di monitoraggio della Commissione Europea, ora contattati dagli enti certificatori a proposito di questa vicenda, offrano la loro versione dei fatti.

 

Di sicuro l'assenza di trasparenza del ministero – un fatto unico, che sta facendo parecchio irritare la Commissione - gioca a sfavore dell'Italia che, non fornendo dati certi sul progetto nidi, sta rendendo più complicata qualsiasi valutazione nel merito dell'attuazione del piano.

 

La buona notizia è che Fitto e il suo ministero possono fare con calma, non hanno alcuna fretta dal momento che la scadenza del 30 giugno è stata bucata: fra gli obiettivi non raggiunti c’è proprio la presentazione di tutte le gare d’appalto assegnate per la realizzazione degli asili nido, ma circa il 25 per cento dei progetti finanziabili non si è concluso con l’assegnazione dei lavori. Il governo ha chiesto a Bruxelles una proroga di 4 mesi per consegnare un nuovo Pnrr aggiornato. Nel frattempo la terza rata del Pnrr da 19 miliardi di euro (che doveva essere versata da Bruxelles in primavera) non è mai stata pagata e slitta a data da destinarsi anche al quarta rata da 16 miliardi, vincolata proprio agli obiettivi da raggiungere entro il 30 giugno, che non sono stati centrati.