Il caso dei posti letto per studenti non realizzati, che ha bloccato l’erogazione della terza rata dei fondi europei, dimostra che il problema dell’Italia è eseguire le opere

Dopo mesi di attesa, è stato finalmente trovato un accordo tra il governo italiano e la Commissione europea che consentirà di erogare i miliardi previsti per la terza rata del Piano nazionale di Ripresa e di Resilienza (Pnrr), cioè quella relativa alle condizioni da realizzare entro il dicembre scorso. Non proprio tutti i miliardi in questione, ma quasi: 18,5 miliardi di euro, contro i 19 previsti, ma i 500 milioni mancanti andranno ad aumentare la somma legata al raggiungimento degli obiettivi della quarta rata, ossia quella relativa alle condizioni da realizzare entro il giugno 2023.

 

Mi rendo conto che non sia facile seguire questo susseguirsi di rate e condizioni, ma è importante capire cosa è successo perché indicativo di quello che potrebbe succedere in futuro, con persino maggiore frequenza e intensità.

 

L’erogazione dei fondi del Pnrr è legata al raggiungimento di milestones (tradotto in italiano con il termine traguardi) e targets (tradotto in italiano con il termine obiettivi). Ce ne sono 527 spalmati dal dicembre 2021 al giugno 2026. C’è una fondamentale differenza tra traguardi e obiettivi. I traguardi sono di natura “qualitativa” o formale: riguardano approvazione di leggi, regolamenti, atti amministrativi, bandi di gara. Gli obiettivi sono invece di natura “quantitativa”: riguardano i risultati delle azioni del governo, ossia la realizzazione di opere.

 

L’oggetto del contendere relativo alla terza rata riguardava proprio uno degli obiettivi da realizzare: aver completato 7.500 nuovi posti letto per studenti, un anticipo dell’obiettivo finale di 60 mila posti letto da raggiungere entro il 2026. Non ci siamo riusciti. Visto che il nuovo governo ha iniziato a lavorare a metà ottobre, non può certo essere il solo responsabile del mancato completamento. Ma non è questo il punto. Il punto è che il Paese non è riuscito a raggiungere uno dei primi obiettivi previsti dal programma. Sì, uno dei primi perché, finora, le condizioni del Pnrr riguardavano soprattutto i traguardi qualitativi, non gli obiettivi quantitativi.

 

È questa una delle caratteristiche del Pnrr: nei primi anni predominano i traguardi, ossia passaggi formali necessari per il completamento delle opere pubbliche. E noi siamo bravissimi nel passare atti formali ed è per questo che, finora, il Pnrr era avanzato senza problemi. Ma, da fine 2023 in poi, la stragrande maggioranza delle condizioni del Piano riguarda gli obiettivi, insomma i risultati, le opere pubbliche. E lì stanno i nostri problemi: non nel fare leggi, regolamenti, bandi, ma nell’eseguire le opere. È quindi probabile che il caso dei posti letto non completati sia il primo di una lunga serie.

 

Nel caso in questione, la soluzione per sbloccare l’impasse è stata proprio quella di trasformare la condizione relativa al completamento dei posti letto in un nuovo traguardo, relativo al bando dei posti letto che dovranno essere completati. Insomma, a una condizione difficile se ne è sostituita una facile, spingendo in avanti (al 2026) la scadenza per il completamento di tutti i posti letto. È ovvio che questo escamotage non potrà essere seguito sempre, altrimenti si rischierebbe il ridicolo. Sia come sia, è chiaro che da qui in avanti il percorso del Pnrr diventerà molto più difficile perché alle parole (comprese quelle stampate in leggi, regolamenti, atti amministrativi) si dovranno sostituire i fatti.