Carrie e le sue amiche sono tornate. Ma del loro splendore resta ben poco. Grandi ricchezze, parole vuote e un grosso senso di disagio

Chi si fosse malauguratamente perso l’intervista a Flavio Briatore qualche sera fa a “Diritto e Rovescio” corra a recuperarla con slancio, perché si tratta di un’occasione esemplare per continuare a non comprendere il motivo per cui l’imprenditore è chiamato ad esprimersi nei talk show sulle questioni italiche. «Il povero mangia se c’è il ricco che lo fa mangiare», ha esordito il proprietario abbronzato del Billionaire. Per poi continuare: «Il povero (non uno qualsiasi s’intende ma proprio quello lì, ndr) lavora se c’è l’imprenditore che investe». E ancora: «Se fai venire in vacanza il povero ti lascia povero». Ecco.

 

Quel senso di disagio diffuso causato dal Briatore pensiero, è la stessa disarmonica sensazione che lascia la vista delle reduci di “Sex and the city” nel ritorno di “And just Like that” su Sky. Lusso, lusso sfrenato, coiffeur e couture, sfilate e corpetti, seta, molta seta e soprattutto quell’aria annoiata col broncio che vorrebbe essere tenera ma che è solo ricchezza fine a se stessa, che resta lì, come una ruga mal portata. Dopo una prima stagione in cui le tre (ex) mitiche eroine degli anni Duemila raccontavano come crescere fosse una cosa normale persino per le donne, hanno accartocciato il tutto per un universo di bambagia dorata senza spessore alcuno.

 

La magnifica Miranda, che è stata in qualche modo la Jo March del terzo millennio, da quando ha cominciato ad amare le donne ha smesso di amare se stessa. Abbandonata la brillante carriera di avvocata e lasciata la sua New York, si riduce a una sorta di orsacchiotto piagnucoloso e impacciato, talmente ostaggio della noia da perder tempo con i volontari ambientalisti.

 

La spontaneità di Charlotte ha lasciato il posto all’affettazione e solo lei sa quanto possa essere doloroso non recuperare l’abitino Chanel della sua prima figlia, signora mia che dolore. E Carrie, quella Carrie che aveva raccontato il sesso in città come un’entomologa, lei, che aveva reso il tutù a mezzogiorno uno stato d’animo, la moda un vezzo endemico che non prendeva mai il sopravvento ma stava lì, come contorno giocoso, proprio Carrie si riduce a zompettare in quegli abiti firmati rendendoli, purtroppo, più protagonisti di lei stessa.

 

Al punto che, stretta in un tailleurino fucsia, quando perde il suo podcast non se ne dispiace più di tanto: «Sex and the city ormai mi sta un po’ stretto», dice. Poi vabbè l’intera redazione resta a casa disoccupata ma lei inclina la testa vezzosa e riparte verso nuove inutili avventure. Insomma, si sa che i soldi non danno la felicità ma il rischio di apparire come il primo Briatore che passa è dietro l’angolo. Anche se indossi delle Manolo Blanik.

 

DA GUARDARE
“Domino Master” (Blaze) mette alla prova pazzi occasionali che si cimentano in costruzioni funamboliche, capaci di autodistruggersi. Della serie una cosa tira l’altra, se togli un tassello crolla il resto e soprattutto facciamoci guidare dalle tessere. Praticamente una metafora azzeccatissima per i nuovi palinsesti.

 

MA ANCHE NO
La cosa che stupisce di “Scene da un matrimonio” non è tanto il fatto che nel 2023 ci siano ancora coppie che hanno bisogno di raccontare le loro avventure amorose e di farle culminare in un matrimonio alla luce delle telecamere di Canale 5. La cosa che stupisce è che sentano il bisogno di rivolgersi ad Anna Tatangelo.