Delitti, misteri, avventura. Ma anche un omaggio alla sinestesia di Kandinskij. Perché la suspence non è solo quella ad alto budget di Mission Impossible

Ci sono film in cui la fine di un’epoca fa capolino come una musica flebile ma ostinata. Di solito non è intenzione dell’autore, è qualcosa che accade quasi per caso ma con forza. “Il mistero del profumo verde”, eccentrica e a suo modo irresistibile spy-story ferroviaria sull’asse Parigi-Bruxelles-Budapest, appartiene a questa categoria evanescente e trasversale.

Terza regia di Nicolas Pariser, già autore di “Alice e il sindaco”, commedia insinuante sulle retrovie della politica, “Le parfum vert” deve il suo titolo sinestetico a un quadro di Kandinskij. Il tratto insieme netto e allusivo deriva invece da un acrobatico mix tra le avventure a fumetti di Tintin e l’Hitchcock inglese anni 30 (“Giovane e innocente”, “La signora scompare”), oggi noto solo agli appassionati ma saccheggiatissimo da tanto cinema Usa anni 90 e oltre.

Detto del tono, che in Pariser è quasi tutto, resta la sostanza, più attuale e livida di quanto sembri. Si comincia con un omicidio alla Comédie Française, cui segue il sequestro di uno degli attori (Vincent Lacoste), condotto nella villa di un carismatico spione di nome Hartz, nemico delle democrazie e gran collezionista di fumetti (il wendersiano Rüdiger Vogler, protagonista di “Nel corso del tempo” e “Alice nelle città”). Si prosegue con l’incontro improbabile eppure naturale tra quel giovane attore dallo svenimento facile e una disegnatrice più matura e decisa di lui (la sempre fantastica Sandrine Kiberlain, sessi e ruoli sono ironicamente invertiti).

Si decolla quando la strana coppia di fuggiaschi salta sul treno per Bruxelles. In un crescendo di segnali inquietanti e delitti inspiegati (anche nella sede della Commissione Europea) che contrasta con dialoghi e situazioni da commedia romantica.

Anche perché, tra una quasi-dichiarazione d’amore e una notte trascorsa insieme, emergono echi di un antisemitismo mai morto, si allude a cospiratori russi e fabbriche di fake news, compare un programma misterioso detto “Antracite” che vale l’AI maligna e onnisciente del nuovo “Mission Impossible”. Forse perché ben prima dell’Intelligenza Artificiale è toccato al cinema, per più di un secolo, assorbire e rielaborare lingue, codici, forme, saperi, in una vertigine che ci manca ogni giorno di più. Così succede che due film lontani anni luce come l’ultimo Tom Cruise e questa sofisticata commedia francese si diano idealmente la mano nel disegnare i contorni di un mondo sempre più minaccioso e sfuggente. Il primo difende il cinema-cinema a colpi di budget e performance, la seconda usa le armi della cultura e dell’eleganza. Ma lo sfondo non è così diverso. Anche in questo si sente la fine di un’epoca.

 

IL MISTERO DEL PROFUMO VERDE
di Nicolas Pariser
Francia, 101'

 

AZIONE!
Rarità su “Fuori Orario”. Due gemme mai viste in tv su Raitre il 28 luglio (ore 00.50- 6.00). Un corto femminista di Agnès Varda, “Réponse de femmes - Notre corps, notre sexe”, 1975. E il primo, bruciante film di Chantal Akerman, “Je, tu, il, elle”, 1974, un anno prima del celebre “Jeanne Dielman”

 

E STOP
Fairplay record negli italici media. La nomina di Giulio Base a direttore del Torino Film Festival prometteva l’inferno. Invece, “Foglio” a parte, profilo basso e avanti così. Eppure bastava la scena di “Caro Diario” in cui Moretti dice proprio a lui «Mi sa che io sarò sempre in minoranza...». Polemiche addio, non usa più.