Dal 28 febbraio 2022, l’Unione ha trasformato lo “Strumento europeo per la pace” in serbatoio per rimborsare i Paesi membri che spediscono materiale bellico all’Ucraina. La cifra spesa da Roma arriverà a 183,5 milioni entro dicembre

Oltre 133 milioni di euro in un anno. Questa è una cifra reale, non una stima, che mostra lo sforzo economico italiano per armare l’Ucraina. Secondo i documenti del governo consultati da L’Espresso, Roma ha versato oltre 133 milioni di euro in un anno (giugno 22/giugno 23) in quel che viene definito lo Strumento europeo per la paceEuropean peace facility (in sigla Epf). È il fondo che fu istituito dall’Unione Europea un paio di anni fa per «prevenire i conflitti» nel mondo, ma che dal 28 febbraio 2022 è utilizzato per rimborsare (con quote dal 40 al 60 per cento) i 27 Paesi membri che sostengono militarmente la resistenza di Kiev contro gli invasori di Mosca.

Le spese europee e italiane in forniture belliche per l’Ucraina sono coperte da notizie classificate e segreti di Stato, una cautela estrema che dicono serva a evitare indebiti vantaggi all’esercito di Vladimir Putin, ma più che altro è necessaria a trattenere le informazioni per non spaventare la pubblica opinione. Le informazioni convenienti sono amplificate, quelle non convenienti sono limitate. Per esempio le istituzioni di Bruxelles esaltano spesso proprio lo Strumento europeo per la pace, che aveva una dotazione iniziale di 5,7 miliardi di euro per il periodo 2021/27, ma che, visto il cambio di uso per la guerra, ha indotto il Consiglio a portarla a 7,9 miliardi con l’intenzione già esplicitata di arrivare almeno a 12 in breve tempo.

Lo spagnolo Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, attraverso il portavoce Peter Stano, fa sapere a L’Espresso che 7,3 miliardi di euro su 7,9 sono «impegnati» per l’Ucraina in aiuti militari e umanitari e che fin qui i 27 Paesi membri hanno presentato richieste di rimborso per 10 miliardi di euro: «Molto di più del previsto». Fra aspettative, promesse e miliardi ancora virtuali, quant’è disponibile per lo Strumento europeo per la pace?

Alla vigilia dell’aggressione della Russia avvenuta il 24 febbraio 2022, nel fondo Epf c’erano circa 450 milioni di euro, impiegati in missioni in Africa e nel supporto militare a Georgia, Moldavia e Ucraina con una trentina di milioni. Per le proporzioni economiche, Roma partecipa con il 12,8 per cento, nel primo anno ha contributo con 55,3 milioni di euro allocati nel capitolo di spesa 3429 del ministero degli Esteri.

Il 28 febbraio 2022, come già ricordato, i capi di governo riuniti nel Consiglio europeo hanno modificato lo Strumento europeo per la pace e l’hanno trasformato in serbatoio collettivo per armare Kiev, prezioso soprattutto per i Paesi orientali e di confine (Baltici, Polonia, Repubblica Ceca).

Le posizioni dei Cinque Stelle sulle forniture belliche hanno lacerato il governo di Mario Draghi e ne hanno provocato la caduta il 20 luglio 2022. Ciò si riflette nei pagamenti italiani al fondo Epf. Non risultano erogazioni sino al 22 giugno 2022. Quel giorno vengono effettuati due bonifici da 5,15 e 37,20 milioni di euro, “uscite” che da settembre si ripetono con regolarità mensile per un totale di 64 milioni di euro, 13 in meno rispetto alle disponibilità.

Il governo di Giorgia Meloni non potrà mai avere esitazioni sulla guerra in Ucraina, la ferma adesione ai piani Nato/Usa ha permesso a Fratelli d’Italia di diventare un partito affidabile a differenza dei leghisti. Dunque a gennaio Roma ha girato 60 milioni di euro al fondo Epf e, per gli ultimi aggiornamenti di maggio, siamo a 69 milioni che, sommati ai 63 abbondanti del 2022, fanno oltre 133 milioni.

Il governo ha aumentato di 30,7 milioni lo stanziamento per il 2023, in capo sempre al ministero degli Esteri, per una somma complessiva di 119,5 milioni. In questo modo, entro dicembre, l’Italia avrà corrisposto 183,5 milioni al fondo Epf per le armi a Kiev. Al momento L’Unione Europea ha deliberato una spesa di 5,6 miliardi di euro per i rimborsi (di cui 2 per munizioni e missili). Roma ne dovrà inviare ancora molti di bonifici.