Nel bel ritorno su Tv8 anche la satira su un fantomatico portavoce del governo. Dove si fatica a distinguere il comico dall’originale

Sono tempi duri, anzi durissimi per la satira. Ma non tanto perché non si può più dire niente, che sembra essere diventato il tormentone preferito in odor di inutilità. Quanto perché ormai troppo di sovente il vero e il falso si confondono nella percezione comune.

 

Così accade che una comica come Luciana Littizzetto abbia dovuto salutare il suo pubblico della Rai sperando in un Paese in cui un ministro non dovesse più temere chi fa il saltimbanco, quando invece dovrebbe essere esattamente il contrario, come insegna il giullare imperituro di Dario Fo.

 

Accade poi da parecchio che Maurizio Crozza faccia delle imitazioni efficaci ma che risultano essere paradossalmente più deboli dei politici presi di mira. Infine, accade l’impensabile. Ovvero che un comico risulti essere talmente plausibile nella sua parodia di un soggetto politico da sembrare vero, mandando all’aria ogni buon senso del vivere comune.

 

Nel ritorno gioioso della Gialappa’s in tv, con uno show intriso di gradevolezze sparse su Tv8, tenuto in mano da un irresistibile Mago Forrest, c’è Stefano Rapone che veste i panni di un fantomatico Vice portavoce aggiunto del governo altrimenti detto Galeazzo Mussolini. E tutto quel che dice il comico avrebbe bisogno di un sottopancia che mettesse in guardia lo spettatore, tipo «attenzione, si tratta di una parodia».

 

«Noi della Destra non siamo retrogradi ma inclusivi. Basti pensare a Giorgia Meloni, che è il signor presidente del Consiglio, al maschile, per merito: lei è partita dal basso, dal suo essere donna e poi ha scalato tutta la piramide sociale fino ad arrivare al punto più alto, cioè quello di noi uomini». Non è vero, ovvio, ma potrebbe esserlo.

 

E ancora: «Tutti noi abbiamo un busto del Duce ma per rilanciare l’arte italiana è in arrivo il cimelio della Destra moderna, il busto di Pino Insegno, che è un po’ il nostro Dante». E poi l’uso spinto del blackface per ovviare alla poca presenza degli immigrati in tv, lo strapotere dei termini stranieri («Anziché dire gilé usiamo smanicato da omosessuale») e così via. Un elenco infinito di verosimili dichiarazioni irresistibili che hanno quel non so che di talmente sentito (tra ossessione per la razza, ceppo, omofobia generalizzata, diritti pazienza e il nome del povero Insegno che torna così spesso che quando mai riuscisse a fare un programma decente nessuno sarebbe in grado di attribuirgliene il giusto merito) che quasi varrebbe la pena di mandare in onda gli originali.

 

Così non resta che rallegrarci del lieto rientro televisivo degli amati Gialappi. Che una volta tanto possono essere scomodi quanto vogliono: difficile che li mettano in condizioni di scappare su Rai Tre.

 

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DA GUARDARE
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MA ANCHE NO
Tra la moltitudine di abbandoni e porte sbattute c’era almeno rimasta la soddisfazione della chiusura di Miss Italia. Niente più sfilate in costume da bagno era sembrata una buona notizia. Invece niente, Patrizia Mirigliani si riaffaccia su Rai Due con la corona e lo scettro per eleggere la più bella. E non vedremo l’ora di perdercelo.