Affascinato dalla terra del Nilo, attratto dal culto della divinità dai mille volti, l’imperatore romano si circondava di opere e amuleti egizi. Un legame ora raccontato alla Domus Aurea

La reggia di Nerone sul Colle Oppio, la Domus Aurea, non testimonia soltanto un grandioso progetto architettonico e l’originalità delle decorazioni. Grazie ai continui restauri, svela sempre nuovi aspetti della cultura e della concezione dinastica del suo ideatore.

A documentarlo è la suggestiva mostra appena iniziata, ricca di reperti: “L’amato di Iside. Nerone, la Domus Aurea e l’Egitto” (fino al 14 gennaio 2024, catalogo Artem).

«L’esposizione nasce dal recupero di molti affreschi a tema egizio nel Grande Criptoportico», racconta Alfonsina Russo, direttore del Parco archeologico del Colosseo e curatrice della mostra, insieme con Francesca Guarneri, Stefano Borghini e Massimiliana Pozzi. «L’insistenza di immagini relative al culto di Iside ci ha spinto ad approfondire l’argomento e, nella ricerca, si sono moltiplicati i riferimenti materiali. L’iniziativa, inoltre, si inserisce nel programma di ampliare le offerte culturali ai visitatori a seguito di restauri e interventi innovativi».

Lungo la rampa illuminata del nuovo ingresso inizia il percorso con i ritratti di Nerone e del suo entourage familiare, per proseguire nella Sala Ottagona con oculo centrale nella cupola, dove si è sempre immaginata la volta che girava giorno e notte descritta da Svetonio. Proprio qui, dove gli architetti avevano realizzato una cascata d’acqua, attuando effetti della meccanica idraulica noti in età alessandrina, viene proposto il rapporto fra Nerone e L’Egitto. Un interesse e una fascinazione iniziati presto, perché suoi principali insegnanti, che oggi definiremmo pluridisciplinari, furono Seneca, che aveva scritto un’opera sulla terra del Nilo, e il filosofo Cheramone, sacerdote e direttore della Biblioteca di Alessandria.

Forse, neanche la seconda moglie Poppea era estranea ai culti egizi: nelle case pompeiane dei suoi parenti, si sono trovati affreschi che rimandano a Iside. Senza dimenticare il bisnonno Marco Antonio, assurto a figura regale-divina accanto a Cleopatra, e l’aura di mistero e sfarzo che avvolgeva il paese delle Piramidi.

Una volta salito sul trono, Nerone – al pari di chi l’aveva preceduto e lo seguirà – in Egitto, ormai provincia romana, veniva raffigurato come un faraone: gonnellino, ureo sulla fronte, copricapo fino alle spalle. Egli però aveva osato farsi ritrarre come sovrano egizio a Roma se, come pare, gli si può attribuire la statua che è esposta, con caratteri faraonici ed erculei.

A sottolineare tali aspetti anche negli ambienti radiali della Sala, ci sono ritratti e il richiamo alla famosa spedizione per scoprire le sorgenti del Nilo attraverso ori, sculture di coccodrillo e leone, ori, un mosaico nilotico. Ricostruzioni in 3D ci faranno altresì conoscere l’antica Alessandria e i templi di File e Dendera. È in quest’ultimo luogo che si legge l’iscrizione: “Autokrator Neron…Re dell’Alto e del Basso Egitto… l’amato di Iside”.

I vari imperatori ebbero statue e dediche per la loro generosità nel paese conquistato; l’Egitto era troppo importante: da Alessandria salpavano le navi colme di grano, marmi, e poi di aromi, spezie, pietre preziose importati dall’Oriente. Non tutti però ne ricambiarono la devozione sacra, come appare nella sezione “L’Egitto a Roma”. Nella capitale, il santuario di Campo Marzio eretto nel I sec. a.C. ospitava il culto di Iside e Serapide, con alterne censure nel periodo giulio-claudio per una supposta amoralità, finché Tiberio, dopo uno scandalo, fece gettare nel Tevere le statue fatte a pezzi (in mostra, documenti di quell’evento). Ci pensò Caligola a ripristinare il santuario e, in seguito, i Flavi si mostreranno legatissimi al culto che vi si praticava.

Nerone, negli ultimi anni, tendeva sempre più a un potere assoluto di stampo ellenistico all’insegna dello stupefacente: la Domus Aurea, con le ardite soluzioni tecnologiche e i bagliori dorati doveva rappresentarlo.

L’Egitto era esemplare in quanto a sfoggio di regalità, ma l’imperatore apprezzava anche un altro bene del Nilo: la pianta prodigiosa dal nome modernissimo “laser”.

Il racconto, scandito da statue colossali e reperti religiosi, culmina nel Grande Criptoportico e in aule adiacenti. Tutto ruota intorno alla figura di Iside, la “dea dai mille volti”, che rimbalza dagli affreschi; lei guariva, proteggeva i naviganti, la fertilità, si mostrava madre affettuosa allattando il figlio Horus. In una vetrina è riunita una vasta serie di amuleti egizi e romani, legata all’aspetto magico e più popolare della dea. In quanto a superstizione, Roma Pompei e Alessandria non temevano confronti.