Una produttrice decisa a lasciare il marito, un cineasta egoriferito interpretato da Moretti. Attore e regista de “Il sol dell’avvenire”. L’attrice: “Per lasciarsi ci vuole grande coraggio, ci si sente soffocare ma non si ha la forza di cambiare”

Ha fatto cinque film con Nanni Moretti e ora vuole lasciarlo. O meglio, è Paola, la produttrice che Margherita Buy interpreta ne “Il sol dell’avvenire”, a voler chiudere quarant’anni di matrimonio con il cineasta egoriferito Giovanni (Moretti). «Un ruolo incoraggiante», lo definisce l’attrice, sottolineando che chiudere una relazione può coincidere con l’inizio di una nuova vita migliore per entrambi. Il suo sodalizio con l’ex marito Sergio Rubini lo dimostra, lo ha scelto per il suo primo film da regista “Volare”, attualmente in fase di montaggio. Intanto Buy attende il 10 maggio, giorno in cui saprà se alla sua collezione di premi si aggiungerà un nuovo David di Donatello come miglior attrice protagonista per la sua magistrale performance in “Esterno Notte” di Marco Bellocchio.

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Che cosa le è rimasto addosso di Eleonora Moro?
«Quel tipo di donna, diversa da me ma ugualmente combattiva, riservata, decisa a rifiutare l’idea di essere una first lady e in questo molto moderna. Ho sentito addosso una grossa responsabilità nei confronti del progetto, di Bellocchio, ma anche di questa donna poco rappresentata. Sono stata felice di raccontare la sua storia».

 

Che rapporto ha con i premi?
«Sono molto competitiva. Sin dall’asilo, le medaglie, i premi, mi piacciono. Li conservo tutti, un po’ sparsi ovunque, ci parlo pure ogni tanto (ride, ndr). Ma c’è ancora posto a casa, eh».

 

Parliamo di Nanni Moretti: è “faticoso” come il personaggio che interpreta nel nuovo film?
«Si prende molto in giro, è sempre una persona esigente e con grande rispetto del proprio pensiero, se uno non ci arriva le difficoltà poi ci sono. Per me è diventato semplice, perché lo conosco abbastanza bene lavorativamente, so soprattutto quello che non gli piace».

 

Cioè?
«Tutto ciò che è artificioso, che stona ed esce fuori dal suo disegno. Se si esce fuori dai puntini si irrigidisce, e lo capisco».

 

Come le comunica che la vorrebbe in un suo film?
«La prima volta mi è venuto un colpo. Pensavo fosse uno scherzo, ho sentito il respiro corto e ho dovuto prendere dei betabloccanti, un problema cardiaco che mi sono portata dietro per un po’, poi si è risolto. Un’altra volta mi ha passato un trattamento con scritto “Margherita” e detto: “Leggiti un po’ questo”. Questa volta, invece: “C’è un bel ruolo per te, siamo marito e moglie, mi raccomando”».

 

Non è la prima volta che sullo schermo siete marito e moglie
«Lo siamo già stati in “Tre piani”, è vero, sempre in crisi».

 

Questa volta però ha il coraggio di lasciarlo.
«Ho fatto un passo avanti. Per lasciarsi ci vuole sempre un grande coraggio, a volte ci si sente soffocare, eppure non si ha la forza di cambiare. Per la paura di rimanere soli, per l’incertezza delle novità. Eppure se non si cambia non succede niente. Ho trovato molto bello che Nanni assegnasse questo ruolo di cambiamento a una donna, è lei che fa il passo decisivo».

 

Sarà che le donne sono più coraggiose degli uomini in questo?
«Siamo più coraggiose nei cambiamenti: soffriamo in silenzio per un po’, ma quando decidiamo siamo forti. Ho avuto tanti miei cari che si sono separati in età avanzata, non è mai troppo tardi per reinventarsi una vita e chiudere una storia che non funziona».

 

Com’è stato cantare “Sono solo parole” di Noemi, considerato che a differenza di Moretti è molto intonata?
«Trovo meraviglioso che Nanni non si vergogni a cantare! Quanto a me, è dai tempi dell’Accademia che amo farlo. Al cinema non mi capita mai, magari il pubblico pensa sia stonata anch’io. Mi ero già divertita a cantare con Nanni “Soldi” di Mahmood, un pezzo non facile tra l’altro».

 

Nel film interpreta una produttrice decisa a produrre opere controverse ma moderne.
«È la prima volta che interpreto una produttrice, è una donna in cortocircuito che ha bisogno di grande libertà e in questo l’ho capita molto. Fellini diceva che il produttore è un nemico, qui lei invece è un mezzo per far funzionare le cose».

 

Ha appena finito di girare “Volare”, il suo primo film da regista. Come si è decisa?
«Sono lenta nelle decisioni. Prima della pandemia avevo scritto la storia, poi ho passato la pandemia videochiamandomi con gli sceneggiatori e mi è tornata la voglia di fare, riscrivere, mettermi in discussione. A un tratto sembrava che il film non si facesse più, poi sì, poi no, alla fine è andata. Incredibile, l’ho addirittura girato. Un miracolo».

 

Che tipo di film sarà?
«Un film leggero, in cui ho scoperto tanti nuovi talenti: mi ha fatto bene, cambiare prospettiva fa sempre bene».

 

Passata la paura di volare dopo il film?
«No, però è stata un’occasione per parlarne e parlare in generale di come le paure ci condizionino la vita».

 

Com’è stato autodirigersi?
«Una fatica assurda. Per fortuna il mio film non è come quello di Nanni, è piccolino».

 

Non ama rivedersi, stavolta è stata costretta.
«Per forza. Sono esperienze nuove e utili, per fortuna per il montaggio posso contare su Francesca Calvelli, bravissima. Resta che quando registi come Nanni mi dirigono non guardo nulla, mi affido totalmente».

 

Sergio Rubini ha detto che lei è la Meryl Streep italiana, nel senso che è brava come lei ma ha avuto meno opportunità.
«Ma quale Meryl Streep! Semmai dovessimo avere qualcosa in comune è solo che abbiamo avuto modo di sperimentare tanti ruoli molto diversi tra loro».

 

Riesce a dirsi “brava” oggi, a 61 anni?
«No. Devo ancora capire chi sono».

 

Che cosa direbbe alla Margherita che frequentava l’Accademia?
«Di avere meno paura. Di vivere all’estero ed esplorare senza timore ciò che non conosce bene».

 

Rimpianti?
«Rifarei tutte le scelte che ho fatto, mi aprirei solo un po’ di più».

 

Come vede oggi il cinema italiano?
«È fortissimo, ci sono tante storie e talenti validi, ma come dice Nanni non è sostenuto realmente. Non c’è una trasmissione di approfondimento sul cinema, come anni fa quella del mio amico Vieri Razzini, solo trasmissioni-contenitore di intrattenimento».

 

Il cinema non interessa in tv?
«L’interesse oggi è tenerci inchiodati al divano a vedere una serie. Invece per me un’ora e mezza in sala vale due milioni di puntate della serie anche più geniale: sono ancora convinta che il cinema possa cambiarci la visione del mondo».