Una rubrica sulle hit “costruite” per TikTok è stata rilanciata sui social da Tosca: e per questo sommersa dagli insulti degli estimatori di Annalisa. In un delirio che uccide il diritto di critica

La verità è che in alcuni casi il mondo della musica più che un universo di bellezza e di crescita sembrerebbe essere diventato il regno della perfidia e dell’insulto. E di vera e propria intimidazione. Di fatto non si può più dire nulla su nessun artista in circolazione senza incorrere in tempeste mediatiche, shit storm, palate di merda versate in abbondanza e senza ritegno sul malcapitato soggetto che ha osato esprimere un’opinione. A volte basta solo un’allusione, uno spunto di riflessione, un’innocente battuta, e comunque partono le truppe cammellate dell’insulto che evitano accuratamente di entrare nel merito e picchiano alla rinfusa colpendo dove ci si immagina stiano i punti deboli del soggetto. L’effetto è devastante, è una cappa minacciosa e incombente che tende a ridurre il pensiero, la libertà di giudizio, un atteggiamento minaccioso e fomentatore di odio.

 

È successo proprio a questa rubrica dove un paio di settimane fa proponevo una riflessione sul pericolo dei condizionamenti a cui è sottoposta la musica ai tempi di TikTok e prendevo come spunto il nuovo pezzo di Annalisa, senza nulla da ridire sul talento della cantante, peraltro indiscutibile. L’articolo è stato rilanciato da Tosca che, pur specificando di ammirare Annalisa, si diceva d’accordo con il discorso generale. Non l’avesse mai fatto. Invece di cercare di capire, e magari anche di argomentare con tesi diverse, Tosca è stata ricoperta di insulti, di fatto solo per aver “nominato” Annalisa. Quello che c’è dietro non conta, se c’è da imparare qualcosa non conta, se c’è da discutere non ha alcuna importanza. Conta solo massacrare, offendere, intimidire. Sarà un caso ma fateci caso, in televisione, in radio, ascoltare qualcuno che esprime una seppur vaga opinione su un cantante o su una canzone è una rarità, come se la musica fosse diventato un regno di intoccabili, esenti da quello che dovrebbe continuare a essere uno dei fondamenti del vivere, ovvero il pensiero critico.

 

Il pensiero critico è quella cosa per cui si osserva, si riflette, si analizza e poi si tenta di costruire un’opinione, più solida possibile, più aderente possibile al reale, più costruttiva possibile, nello sforzo di migliorare noi stessi e il mondo che ci circonda. Esattamente quello che sembra essere sparito dall’ambiente della musica. Non solo dalla musica, direte voi, è ovvio, il pensiero critico latita in molte zone della società, ma di sicuro per la musica è una sconfitta mortificante. Al posto di dialogo, confronto, stimoli, ci sono risse, permalosità e cattiveria. Più che amare, i fan, o almeno una parte di loro, presidiano, delimitano, vigilano. Ma agli artisti, fa davvero piacere tutto questo?

 

UP
Mahmood va come ospite all’Eurovision organizzata quest’anno a Liverpool. È la prima volta che accade a un artista italiano (era ora…) e va a infoltire una già ricca pattuglia nazionale composta da Marco Mengoni, Piqued Jacks, in gara per San Marino, e Alessandra, cantante italo-norvegese, in rappresentanza della Norvegia.

 

& DOWN

Non si capisce bene il desiderio degli U2 di confrontarsi col loro stesso repertorio, come hanno fatto in “Songs of surrender”, rivedendolo alla luce di una malinconica attuale vena acustica. Non mancano momenti di fascino, e ci mancherebbe che non ci fossero, ma la ragione profonda di alcune riletture rimane oscura.