Cibo contadino, specialità gourmet, simbolo di rinascita. La Pasqua porta a riflettere su un alimento ricco di significati e di potenzialità

Alimento, simbolo religioso e persino paradosso filosofico: è l’uovo. Dalla solida reputazione gastronomica, parte della sua attrattività sembra legata ad una conflittualità intrinseca, caratterizzata da divisioni strutturali, cromatiche e modi di utilizzo. Ancora, dalle numerose diverse specie di animali che lo producono, si evidenziano altrettante difformità visive e gustative. Nella riscoperta del gusto originario di questo ingrediente e per riconoscerne le eccellenze, si considera in primis quello più profondamente cesellato nella nostra cultura gastronomica, l’uovo di gallina.

 

Ad esempio, nascono da galline livornesi le famose uova Paolo Parisi, il quale, paladino del concetto d’industria agroalimentare anticonsumistica, alleva le sue chiocce lasciandole razzolare libere e ne completa le necessità proteiche non con gli oleosi semi di soia ma con il latte delle capre presenti anch’esse nella sua tenuta, in totale assolvimento della filosofia contadina del bastare a sé stessi. Il risultato è un uovo fuori dal comune, amato dagli Chef stellati, un vero “Superuovo”: guscio bianco, sapore fine e leggero, pulito al naso e in bocca.

 

Considerando altri ovipari, risalta, stavolta per dimensioni, il super-uovo dello struzzo: sfiorando in media il 1,5 kg di peso, è in assoluto il più grande. Dal guscio pregiato particolarmente difficile da rompere, ha sapore simile a quello di gallina ma è più digeribile e con minor contenuto di colesterolo. Curioso pensare che la frittata ricavabile da questo super-uovo, capace di soddisfare almeno 12 gole, rappresenti una quisquilia al cospetto della tradizionale frittata pasquale che si fa a Montaquila, in Molise. Di questa specialità locale, eredità della dimensione rurale d’un tempo dove pochi prodotti agricoli sostentavano intere famiglie e che proprio a Pasqua vive il suo momento di gloria (da sempre le uova sono anche simbolo di rinascita), parla l’artigiano Angelo Ricci dello storico Forno che porta il suo nome (oggi noto spazio polifunzionale all’avanguardia fornito anche di laboratori di pasticceria e cucina): la frittata si fa con almeno 100 uova di gallina, «ma arriviamo anche a 200, non c’è limite, perché più è grande più è buona», racconta l’esperto.

 

Alle uova vengono uniti salumi o coratella di agnello, formaggio primo sale ed erbe aromatiche tra cui la nepitella: si ottiene un impasto ricco ed estremamente compatto, la cui lunga cottura va sempre assistita ed il cui esito è una perfetta torta rustica per celebrare la festa. L’uovo può davvero essere chiave interpretativa della cucina italiana di domani: riconoscibile, immediato alla vista e all’assaggio, meritevole di tecniche che siano pura espressione del sapore.

 

DOLCE
La Cucina della Festa. Ritornare al pranzo della festa come momento famigliare che sia in casa o al ristorante. Magari assaporando quelle pietanze tipiche che profumano di quell’Italia stipata di ricette che non saranno codificate ma proprio per questo sono italiane.

 

E AMARO
La presentazione dei salumi ammassati. Se i formaggi sono presentati al ristorante con un ordine preciso, i salumi, vero grande vanto italico, purtroppo troppo spesso vengono serviti in modo disordinato e approssimativo con fette ammassate e spesso accavallate tra di loro