La colonna sonora della serie di culto sbanca le classifiche. Ma il momento è magico per tutta la musica partenopea che sorprende e conquista con nuovi ritmi e vecchie glorie

Non c’è solo il “mare” a essere “fuori” di questi tempi, fuori c’è Napoli, in tutto il suo rinnovato splendore musicale. Non è una novità ma questa forza di continuo riscatto fa sempre una certa impressione.

È l’ennesima nouvelle vague di una tradizione che riesce a rinnovarsi ciclicamente fin da tempi remoti, antichissimi, ed è attuale, tecno, trap, elettronica, di tendenza, internazionale, molto oltre la forza quasi interamente “locale” dell’universo dei neo-melodici. Stiamo parlando di una nuova scena già emersa in questi ultimi anni, ma oggi rafforzata dal successo strabordante della serie televisiva “Mare fuori” che porta con sé anche una cospicua scia musicale. In classifica in questo momento, grazie anche alla serie, si parla tanto dialetto, a cominciare dalla sigla “‘O mar for”, scritta da Stefano Lentini, autore della colonna sonora, e da Matteo Paolillo, con quel ritornello malinconico e struggente che dice «nun te preoccupa’ guaglio, ce sta ‘o mar for, ce sta o’ mar for, ce sta o mar for, aret e’ sbarr, sott’o ciel ce sta o mar for», ed è già sorprendente che possa diventare così popolare quello che rimane sostanzialmente un canto di carcere, e poi c’è lo stesso Paolillo che va a dialogare con Clara nell’altro pezzo che sta facendo furore, ovvero “Origami”.

Non solo, grazie alla serie, a fianco di Lentini, sta avendo successo anche la fantastica voce di Raiz, che nella serie interpreta il padre di due ragazzi, maestro e precursore di questa nuova scena napoletana. Per non dire di un vecchio, si fa per dire, pezzo di Liberato, “Me staje appennenn’amò”, che detto per inciso vuol dire «mi stai lasciando», rientrato in classifica a 5 anni dalla pubblicazione, generando anche giocosi sospetti e dicerie sulla possibilità che dietro la segreta identità di Liberato ci possa essere uno degli attori della serie. Oppure ancora, a giustificare il nome d’arte di Liberato, dietro ci potrebbe essere un ragazzo realmente detenuto nel carcere minorile di Nisida.

Ma non c’è solo la serie, in classifica ci sono Geolier, con più brani, c’è Luchè con “Non abbiamo età”, c’è Capo Plaza con “Capri sun”, e sono tutti da tempo dominatori di classifica e di streaming. È un fronte, una schiera, una ventata di modernità. Prima di loro erano arrivati Clementino e Rocco Hunt, ancora prima i 99 Posse e gli Almamegretta di Raiz, tanto per dire che le musiche che vanno oggi sono frutto di una genealogia forte e duratura. Grazie ai Nu Genea, l’underground napoletano viaggia in tutta Europa, e a scavare si scopre che c’è una Napoli sotterranea da visitare anche in musica. Dentro e fuori le sbarre.

*******************

UP & DOWN

Il suo nuovo pezzo si intitola “Milano dannata”, e Chiello riesce a cantare una sorta di serenata al contrario alla città amata-odiata: «Sei una donna che vuole apparire, con un vuoto dentro che non sa riempire. Milano dannata hai riempito il mio cuore di spine. L’hai buttato in un cassetto che non posso aprire».

 

Non si fa così, non è bello nei confronti dei tanti fan sparsi nel mondo. Non si sono sciolti, eppure non producono nulla da anni. Ora i Radiohead lasciano trapelare che entro un paio d’anni potrebbero uscire col tanto atteso nuovo album. Un annuncio tardivo, vago, per alimentare l’inappagato desiderio di nuove musiche.