La tradizionale festa di primavera ha tra i suoi piatti tipici anche minestre e pani che da sempre simboleggiano povertà e condivisione

Se la festa del Papà ha valenza diciamo così “sentimentale”, quella di San Giuseppe ha una portata più profonda e per questo ricca di antiche tradizioni, anche culinarie. Ecco allora una panoramica tra le tante preparazioni in memoria di questa ricorrenza sacra. Partiamo dalla Minestra di San Giuseppe dai richiami storici legati alla figura del Santo, paradigma di povertà, di umiltà e di carità. Viene preparata con legumi, erbe dell’orto e dei campi completandolo con gli immancabili ditali: formato di pasta che si accompagna benissimo. Si parte con ammollare tutti i vari legumi e dopo la loro cottura si aggiungono ad un saporito soffritto. Quindi si uniscono abbondanti verdure di stagione tagliate o spezzettate, si completa con sale, pepe e, a cottura ultimata, si butta la pasta fino a cottura. Si offriva ai viandanti in segno di ringraziamento al Santo, per grazia ricevuta.

 

In Sicilia la ricorrenza è celebrata come da antica tradizione con festeggiamenti religiosi molto suggestivi, come la preparazione dei pani tipici da offrire al Santo. Una festività particolarmente importante per il rituale cristiano che si riallaccia a quello pagano in quanto il 19 marzo con l’avvento della stagione primaverile era una giornata dedicata a Demetra, nella mitologia greca, e a Cerere, in quella romana, mentre nella tradizione cattolica si ricorda l’ultima Cena di Gesù con gli Apostoli.

 

Ancora oggi il “Pane votivo” rappresenta un simbolo di fratellanza e comunione tra i fratelli più indigenti allestendo altari per chiedere al Santo la sua protezione offrendo pani dalle forme simboliche di carattere religioso (bastone del Santo, Croce, Corona, Palma). Il Pane di San Giuseppe è a base di farina di semola, acqua, strutto o olio, lievito, sale, semi di finocchio (in alcune contrade) e l’immancabile abilità della padrona di casa farà il resto presentandolo in varie forme con decorazioni di valenza sacra.

 

Ma che festa sarebbe se non ci fossero deliziosi dolci soprattutto fritti e guarniti con creme golose per festeggiare? Nel palermitano sono imprescindibili le Sfincie di San Giuseppe: grosse frittelle morbide preparate con una pastella di farina, uova, che dopo la lievitazione si friggono dorate in olio o nello strutto, quindi si ricoprono con una crema di ricotta punteggiata da gocce di cioccolato, decorate con zuccata e scorze di agrumi canditi e spolverizzate con granella di pistacchio. Spostandoci nel catanese sono tradizionali le Crispelle di riso o zeppole di riso. La loro preparazione prevede il riso cotto nel latte con l’aggiunta di farina, zucchero, scorza di arancia grattugiata e lievito di birra. Dopo la lievitazione, la frittura dei rotolini di impasto in olio o strutto bollente prima di un tuffo nel miele caldo.

 

DOLCE
Bucatino
Tanto noto nell’immaginario collettivo quanto poco sfruttato dalla ristorazione (e non solo). Comprendiamo la difficoltà di cuocerlo e la personalità così esuberante, però difficile trovare tanto italico carattere in una pasta lunga.

 

E AMARO
Il servizio con i bricchetti
Si sostiene, a ragione, che la sala – inteso come servizio - nella ristorazione non sia valorizzata. Da qui a dire che il continuo servizio di salse al tavolo con i bricchetti da parte dei camerieri sia la panacea di questo problema ce ne passa.