Si muove la società civile per chiedere al governo di unificare e semplificare le norme sull’edilizia post-calamità. Perché per tutelare il nostro territorio fragile occorre puntare sulla prevenzione. Per evitare l’ennesima tragedia

L’Italia è un territorio vulnerabile, flagellato da terremoti, alluvioni e frane. Nell’ultimo mezzo secolo sono state sei le calamità sismiche devastanti. Ma non è solo colpa della geologia e del caso. È come se non imparassimo mai dall’ultima tragedia. Dai nostri errori. Bisognerebbe uscire dalla cultura infantile dell’emergenza per entrare nell’età adulta della prevenzione. Con una politica nazionale di riduzione del rischio, l’unica strategia spendibile specie alle nostre latitudini. Si risparmierebbero anche fior di miliardi. Tutte speranze, però, eternamente vane. Prova adesso a dare la sveglia un gruppo di organizzazioni della società civile riunite nella campagna #SicuriPerDavvero, intrapresa nel 2019 da ActionAid. Con un white paper, un documento d’indirizzo rivolto al nuovo governo per dotare il Belpaese di un codice delle Ricostruzioni. Un unico, organico strumento giuridico che faccia tesoro delle esperienze passate e semplifichi, omogeneizzandolo, il groviglio di discipline preesistenti.

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Dopo una falsa partenza. Come scrive ActionAid Italia, infatti: «Un anno fa, il 21 gennaio 2022, il consiglio dei ministri aveva approvato una legge delega in tal senso. Un passo storico, richiesto e atteso per garantire equità, velocità e centralità delle persone e dei territori nei processi di ricostruzione e ripresa che riguardano gran parte degli italiani». Purtroppo il percorso si è interrotto col tramonto della precedente legislatura «e nessun passo è stato ancora fatto» dall’esecutivo subentrato. Serve ricostruire rapidamente, ma bene, per evitare recidive future.

«L’assenza di un quadro normativo di riferimento porta con sé enormi difficoltà e lentezze nell’identificare ruoli, responsabilità e procedure adeguate, nonché gravi ripercussioni sulla vita dei cittadini colpiti», aggiunge la vicesegretaria Katia Scannavini. Senza un codice delle Ricostruzioni, sostiene l’organizzazione, è come se si ricominciasse sempre daccapo, affastellando commi e prassi a ogni nuovo disastro e successiva (pachidermica) ricostruzione. Nonostante i rischi siano ben mappati e la ciclicità delle catastrofi sia presente a chiunque.

Ogni cent’anni si verificano oltre cento terremoti di magnitudo tra 5 e 6, dai cinque ai dieci superiore a 6. Dal Belice a oggi, si sono contati più di 5 mila morti. Le scosse telluriche sono costate alle casse dello Stato, negli ultimi undici anni, 40 miliardi di euro. Il 36 per cento dei Comuni è in zona sismica 1 e 2, dov’è altamente probabile o plausibile che avvengano eventi. Vi vivono 22 milioni di persone, per un totale di sei milioni di edifici, il 56 per cento dei quali realizzato prima del 1970.

A questo si sommano i fenomeni meteorologici estremi, lievitati del 55 per cento nel 2022. Frane, alluvioni ed erosione costiera, assicura l’Ispra, minacciano addirittura il 94 per cento dei nostri centri abitati. Complici l’abusivismo e la cementificazione. Non c’è più tempo da perdere.