La manovra sui tassi della Bce ha permesso a Unicredit e Intesa di guadagnare ancora di più. Mentre i tassi sui risparmi non hanno seguito la stessa curva

ll governatore Ignazio Visco al Convegno del Forex del 3-4 Febbraio ha condiviso la manovra sui tassi della Bce pur sottolineando la necessità che la Banca Centrale «prosegua con la giusta cautela» e che «i rialzi dei tassi ufficiali sono gestibili per le finanze pubbliche del nostro paese dato che il costo medio del debito, grazie all’elevata vita media residua, aumenta in modo graduale».

 

Considerazioni che rilevano un conformismo oggettivo della Banca d’Italia che partecipa con un proprio componente al board della Bce. Non avrebbero potuto essere di tono diverso, dato il voto favorevole espresso sulla proposta della presidente Lagarde. Fa riflettere, invece, la preoccupazione di Visco su l’accensione della “spirale prezzi-salari”. Aumenterebbe il peso dell’inflazione, proprio nel momento in cui, secondo Visco, «le aspettative di inflazione a breve termine sono in calo sui mercati finanziari e la dinamica retributiva si è lievemente accentuata da ottobre». In questo quadro forse una riflessione avrebbe potuto essere svolta sugli eccellenti utili dell’esercizio 2022 registrati da Unicredit e Intesa San Paolo (più di 5 miliardi di euro per entrambi).

 

Nessuno credo non possa essere che soddisfatto della solidità patrimoniale e della redditività di questi due intermediari finanziari leader. D’altra parte il rapporto banca e impresa richiama il principio dei vasi comunicanti. Basta che uno di questi due batta in testa e il sistema economico vacilla. Rassicurano perciò le parole di Visco che intravede una luce in fondo al tunnel. E tuttavia le straordinarie performance di Unicredit e Intesa San Paolo, alla luce dell’inflazione, possono indurre anche a una riflessione ulteriore. Molto probabilmente sarebbero state buone lo stesso se, nell’ultimo trimestre del 2022, la crescita del margine di interesse, intorno più o meno al 30%, fosse stata ottenuta mantenendo la stessa forbice tra il costo del denaro dato a prestito e la remunerazione dei depositi di famiglie e imprese.

 

I tassi dei mutui a tasso variabile e delle operazioni attive sono aumentati in linea con i rialzi della Bce, quelli dei depositi a risparmio, invece, sono rimasti gli stessi, come se niente fosse accaduto. Visco, infatti, rileva che «il differenziale tra i tassi applicati ai nuovi prestiti a famiglie e imprese e il costo marginale della raccolta si è ampliato di quasi un punto percentuale, passando al 2,2%». Un’asimmetria vista più volte in passato, che i risparmiatori pensavano fosse superata con l’azione a tutto campo della Bce.

 

Nessuno mette in dubbio le conseguenze dannose della “spirale prezzi-salari”. Ma il pericolo in Italia non sussiste. La scala mobile è stata sepolta da un referendum molti anni fa. Mordono, invece, le crescenti difficoltà che l’inflazione a due cifre causa nei bilanci delle famiglie, dato che il costo della spesa su base annua, calcolato dall’Istat, nel 2022 è aumentato del 12%. Queste difficoltà stanno creando un profondo disagio in chi lavora. L’incremento della produttività, infatti, non si ottiene solo con gli investimenti in nuovi processi produttivi, ma anche con il mantenimento di una situazione lavorativa che non faccia lambiccare il cervello di chi torna a casa con il pensiero di far quadrare i conti della spesa. Il taglio del cuneo fiscale, sentite le parole del governatore Visco e le intenzioni della presidente Lagarde, diventa sempre più impellente al pari del rinnovo del sostegno pubblico a famiglie e imprese per il pagamento delle bollette, nonostante il calo delle aspettative sul prezzo del gas e sull’inflazione.