Il segretario generale di Reporters sans frontières presenta la nuova iniziativa: «Contro la minaccia delle intelligenze artificiali, per costruire uno spazio digitale che possa liberarci dal controllo delle grandi potenze commerciali private e dei regimi dispotici»

Creare un nuovo Osservatorio potrebbe sembrare una sorta di scappatoia. Quante organizzazioni, istituite cogliendo l’opportunità del momento, non fanno altro che soffermarsi sulla realtà, osservarla con il binocolo o la lente di ingrandimento, per evitare di passare concretamente all’azione? La creazione di un Osservatorio può anche, a volte, rappresentare una manovra tattica per guadagnare tempo, trascinare per le lunghe una questione spinosa, fiaccare volontà e velleità collettive, per evitare, infine, di risolvere un problema. Ma «nessun problema può essere risolto nell’assenza di soluzioni», diceva un politico passato alla storia, e per questo motivo un Osservatorio potrebbe, in realtà, rivelarsi ben prezioso.

 

Tuttavia, per risolvere i grandi problemi a cui l’umanità è confrontata, non ci servono nuove strutture che girano, infruttuosamente, su se stesse. Dobbiamo, invece, rivelare e spiegare urgentemente la gravità dei problemi che ci attanagliano, per offrire nuovi punti di riferimento e cercare di mettere d’accordo, nella misura del possibile, il maggior numero di attori coinvolti, incitandoli ad agire, se questo è ciò che la situazione richiede. Chi potrebbe oggi affermare che il Gruppo internazionale di esperti sul clima (IPCC) è un organismo inutile? Questo ci offre elementi difficilmente contestabili sull’aumento generale delle temperature e sui possibili scenari che ci attendono, ed è anche diventato il fulcro di una nuova mobilitazione.

 

Come ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, in occasione di una riunione con il Forum sull’informazione e la democrazia e con Reporters sans frontières (RSF), nello scorso mese di dicembre: «Inizio veramente a pensare che vi è oggi una minaccia per l’umanità ancora più grande del riscaldamento climatico…e questa minaccia è l’intelligenza artificiale». Ora, se vogliamo evitare un’accelerazione della perdita del controllo democratico sulle nuove tecnologie, dobbiamo mettere insieme tutte le ricerche effettuate al riguardo nel mondo, produrre, in altre parole, una «meta-ricerca». E creare una sorta di “IPCC del caos informativo”.

 

L’Osservatorio sull’informazione e la democrazia, la cui struttura sarà presentata questa settimana a New York, e che sarà formalmente istituito nel prossimi mesi, avrà come compito quello di produrre una valutazione periodica dell’universo dell’informazione e della comunicazione, della sua struttura, evoluzione e del suo impatto sui processi democratici. Questo osservatorio potrebbe così diventare un collegamento tra due mondi che, spesso, non parlano la stessa lingua: quello della ricerca e quello della politica. Se necessario, potrebbe anche trasformarsi in un’agenzia di rating delle piattaforme digitali. Questo organismo, concepito da un gruppo presieduto da Angel Gurría, ex segretario generale dell’OCSE, e da Shoshana Zuboff, autore del best-seller Il capitalismo della sorveglianza, e di cui faceva parte anche Maria Ressa, insignita del premio Nobel per la pace 2021, offrirà ai responsabili politici una chiave di lettura comune sullo stato della ricerca attuale e offrirà uno slancio nuovo alla mobilitazione collettiva.

 

Tutto questo non è, tuttavia, un fine in sé. L’obiettivo non è di sapere in che salsa algoritmica saranno mangiate le nostre democrazie, e non è neanche quello dello scontro. La vera vocazione di questa iniziativa è quella di costruire uno spazio digitale che possa liberarci dal controllo delle grandi potenze commerciali private e dei regimi dispotici. Come? Riunendo i governi dei paesi democratici affinché lavorino insieme all’emanazione di direttive per regolamentare quel vuoto normativo causato dall’incredibile velocità dei processi evolutivi e dei cambiamenti di paradigma. Al di là del diritto, manca la stessa dottrina giuridica, ed è proprio questo vuoto che siamo chiamati oggi a riempire.

 

In quattro anni, siamo già riusciti ad ottenere l’avvio di un Partenariato sull’informazione e la democrazia, sottoscritto da 45 paesi, a cui si aggiungeranno presto altre nazioni: un testo che definisce alcuni principi generali per lo spazio globale dell’informazione e della comunicazione. Abbiamo, inoltre, creato un organismo di applicazione guidato dalla società civile: un Forum sull’informazione e la democrazia, che ha, appunto, come obiettivo la nascita di un nuovo Osservatorio, e che ha iniziato a fornire ai governi dei paesi democratici le basi normative per una nuova regolamentazione comune.

 

Le prime 350 raccomandazioni del Forum, che sono servite come base per le nuove disposizioni delle istanze europee, già adottate o che lo saranno presto, saranno discusse a livello internazionale dai ministri degli Affari esteri di numerosi paesi, durante il secondo Vertice per l’informazione e la democrazia (il 22 settembre a New York). Durante questo incontro, organizzato dalla Francia in concomitanza con l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, sarà avviata anche una discussione sulle modalità di contrasto alle “infodemie” e su un “New Deal per il giornalismo”.

 

Gli Stati saranno sufficientemente proattivi nella ricerca di soluzioni in grado di salvare le nostre democrazie? Ormai, non basta più deplorare o condannare le evoluzioni che stanno mettendo a repentaglio i nostri processi di deliberazione e le nostre libertà. I nostri governi e presto, se questo sarà possibile, anche i nostri parlamenti disporranno di un quadro normativo ad hoc e, grazie all’Osservatorio, anche di un organismo che lo tutelerà. La creazione di “gruppi tecnici”, costituiti dalle amministrazioni competenti, è già prevista. Il caos informativo non è ineluttabile. Ci basta, per contrastarlo, seguire il filo della costruzione democratica, ed imporla anche allo spazio digitale.

 

Christophe Deloire, presidente del Forum sull’informazione e la democrazia

segretario generale di Reporters sans frontières (RSF)