Scritto da un gruppo di donne, parlava di sessualità e ridicolizzava l’idea del maschio. Generò uno scandalo nel 1972, con tanto di ritiro del volume e processo per le autrici. Ma grazie a questo si arrivò al successo mondiale

È un Paese conservatore e immobile, da più di quarant’anni intrappolato in una dittatura colonialista, il Portogallo in cui nel 1972 esce “As novas cartas portuguesas”, “Le nuove lettere portoghesi”. Un libro scritto da tre donne in un Paese dominato dagli uomini, che parla di sessualità e piacere femminile, ridicolizza l’idea del maschio, ne smaschera vizi e presunzioni. E infatti il regime portoghese, che cadrà solo due anni dopo, il 25 aprile 1974, reagisce al libro scandaloso di Maria Isabel Barreno, Maria Teresa Horta e Maria Velho da Costa ritirando il volume tre giorni dopo la pubblicazione e incriminando e processando le autrici. Loro, da quel momento conosciute come le Tre Marie, avevano già pubblicato, ognuna per proprio conto, altre opere ritenute immorali dal regime.

 

L’ultima a farlo, Maria Teresa Horta, l’unica delle tre ancora oggi in vita, aveva subito, per il suo libro di poesie “Minha Senhora de mim”, “Mia signora di me,” persecuzioni personali, telefonate notturne e un pestaggio per strada. Horta, giornalista del quotidiano A Capital, in quel periodo aveva intervistato Maria Isabel Barreno, a sua volta amica di Maria Velho da Costa. Ne era nata un’amicizia e le tre avevano iniziato a incontrarsi ogni settimana per pranzo al ristorante Treze, ritrovo di giornalisti e intellettuali nel quartiere Bairro Alto di Lisbona. Fu proprio durante un pranzo al Treze che nacque l’idea delle Novas Cartas. L’arrivo di Horta piena di lividi dopo l’aggressione scosse le compagne che reagirono con la frase che diede inizio all’opera: «Se un libro scritto da una donna sola ha provocato tanto scalpore, immaginatevi che succederebbe se a scriverlo fossimo in tre».

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Le Novas Cartas ricalcano, stravolgendolo, il modello di un’opera epistolare amorosa del Seicento, in cui una monaca portoghese, Mariana Alcoforado, languisce d’amore per un soldato francese con cui aveva una relazione clandestina. Le Tre Marie riprendono la storia e le sofferenze di Mariana, riscattandola dalla sua posizione subordinata. Nelle Novas Cartas compaiono voci di donne che si intrecciano, dialogano, raccontano, si ribellano e ridono di un sistema che le penalizza e ne perpetua l’oppressione. È un’opera arguta e ironica, che indica, precisa e dissacrante, tutte le contraddizioni sociali e politiche della società portoghese, dalla guerra coloniale alla situazione delle donne.

 

«La scrittura a sei mani fu un gesto di solidarietà meraviglioso, sorprendente», racconta Maria Teresa Horta a L’Espresso: «Un giorno, dopo la mia aggressione, Isabel tirò fuori dalla borsa tre fogli di carta e ci disse: “Ecco, prendete, questo è il primo testo. Volevate scrivere un’opera epistolare? Ecco qua”. L’unica cosa che ci dicemmo sempre fu: la prima lettera è di Isabel, il resto nessuno saprà chi lo ha scritto. Fu un processo molto interessante, una delle cose più belle della mia vita».

 

Dopo l’uscita del libro le tre autrici furono sottoposte a interrogatori separati, ma non rivelarono mai chi avesse scritto cosa, nonostante l’insistenza della polizia che chiedeva chi di loro fosse l’autrice dei testi considerati più scabrosi. Si rifiutarono di rivelarlo anche successivamente. Gli interrogatori furono condotti dall’equivalente della buoncostume italiana, e non dalla Pide, la polizia politica, nel tentativo di sminuire e strappare all’opera il suo vero portato, non riconoscendone la profonda dimensione politica.

 

Un libro non concepito come femminista, ma che finì inevitabilmente per diventarne un manifesto, grazie anche alla lettura che ne fecero le femministe francesi e inglesi. Se in Portogallo infatti il regime lo censurò quasi immediatamente, il libro ottenne successo e notorietà all’estero. «Un amico di Maria Isabel Barreno portò il nostro libro in Francia. Non potemmo parlarne al telefono, né per posta. Ci incontrammo di persona e lui partì con due o tre copie», racconta ancora Horta.

 

L’opera arrivò a Marguerite Duras, Simone de Beauvoir, Doris Lessing e Iris Murdoch e soprattutto in Francia divenne un simbolo della ribellione femminile contro il potere oppressore. Fu lanciata una petizione di mobilitazione internazionale per chiedere il rinvio del processo e organizzate manifestazioni di solidarietà. Al Congresso della National Organization for Women (Now), nel giugno del 1973 a Boston, si parlò delle Tre Marie e furono distribuiti volantini con il resoconto delle udienze.

 

L’eco internazionale non arrivò però in Portogallo, ancora colpito da una pervasiva censura di regime. Antonio de Oliveira Salazar era morto nel 1970, due anni dopo una caduta da una sedia che lo aveva costretto a lasciare il governo a Marcelo Caetano. Nonostante la promessa di apertura del regime, Caetano aveva proseguito la politica dittatoriale, mentre cresceva nel Paese il malcontento per la decennale guerra coloniale in Africa.

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Arrivò solo, quasi nascosta e su pochissimi giornali, la notizia del processo che le tre scrittrici subirono nell’ottobre del ‘73. Qualche giornale ne parlò, dando conto della decisione del giudice di evacuare l’aula del tribunale dove si erano date appuntamento intellettuali straniere e portoghesi, giornalisti e osservatrici dei movimenti femministi.

 

Fu solo dopo il 25 aprile del 1974, con la fine della dittatura, che le tre Marie vennero definitivamente assolte. Un mese dopo la ritrovata democrazia il giudice Acácio Lopes Cardoso lesse la sentenza: «Il libro non è pornografico né immorale. Al contrario: è un’opera d’arte, di alto livello, come gli altri che le stesse autrici avevano scritto in precedenza».

 

“È un’opera senza eguali - spiega Manuela Tavares, attivista femminista e fondatrice dell’UMAR, storica associazione di donne - perché ha fatto entrare per la prima volta nella sfera pubblica portoghese le questioni intime e private delle donne. Durante la dittatura lottare per i diritti delle donne e definirsi femminista significava esporsi pericolosamente”.

 

Tavares racconta che “per l’Estado Novo il femminismo era un nemico ideologico perché andava contro tutto quello che la dittatura pretendeva dalle donne: una vita di sottomissione, casa, figli, marito”. Se da un lato, dopo il 25 aprile 1974, l’uguaglianza di genere si è fatta strada nella politica e nel dibattito pubblico portoghese, i temi “scandalosi” delle Novas Cartas rimangono centrali per la lotta femminista anche molto dopo la fine della dittatura. “In un paese che ha depenalizzato l’aborto solo nel 2007 - sostiene Tavares - il termine femminismo continua a essere una parola poco amata ben dopo il 25 aprile”.

 

Per questo e per la loro valenza letteraria, conclude, le Novas Cartas rimangono un testo fondamentale: “Quando entrai in contatto con il libro, molto tempo dopo la fine del regime, sentii che era imprescindibile che le donne portoghesi lo leggessero e ci riflettessero sopra. E continua ad essere rilevante ancora oggi, a cinquant’anni di distanza, e non solo per ragioni di memoria storica, ma perché è un’opera ancora in grado di scandalizzare e sorprendere”.