Alessandro Borghese prima, Flavio Briatore poi: basta un’intervista per riaprire l’inutile dibattito sui giovani che non hanno voglia di faticare. Parlassero invece di quello che ai ragazzi viene chiesto in cambio di nulla

Sono un accanito fruitore dei programmi di Alessandro Borghese. Rivedo “Quattro Ristoranti” anche alla centododicesima replica, sperando che per una volta i ristoratori molisani non si coalizzino contro il collega israeliano solo perché fa le pallotte cacio e ova meglio di loro. Mi sta molto simpatico. E siccome conduce una media di un milione di trasmissioni l’anno, oltre a gestire un piccolo impero culinario, mai mi azzarderei a metterne in dubbio l’operosità.

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Proprio per questo, mi sento di rivolgergli un appunto fraterno: Alessandro, ma che c***o dici? Cioè, ma davvero anche tu, come da intervista apposita, con ’sta storia che i giovani non hanno voglia di lavorare, che ai tuoi tempi sì che si faceva sul serio, che è normale fare praticantato non pagato, che addirittura c’è gente che pretende i giorni di riposo… Intanto perché non hai l’età. Certe cose sarebbe meglio lasciarle ai babbioni come me. Poi, perché ci si espone ai malpensanti.

 

Dacché non è reato nascere da lombi patrizi, ovvio. Colpe e meriti dei genitori non ricadono sui figli. Ma finisce che qualche malfidato ti ricorda papà produttore e mamma attrice. E rischi di risultare, ecco, un filo anacronistico. Il punto però è un altro, decisivo: che alla fine ti vien dietro Briatore. Altra intervistona, altri panegirici su queste generazioni, a cui tra parentesi le nostre hanno ciucciato di tutto, pensione compresa. E i giornali la rimestano all’infinito, forse perché la loro platea giovane non è, e quindi pensano di vellicarla a colpi di nostalgismo. Che poi Briatore la gavetta l’ha anche fatta, e secondo recenti evidenze ci anche pagato l’Iva. Però, ecco, come modello di capitalismo francescano proprio non me lo vedo.

 

Cioè: non è che uno debba essere Adriano Olivetti, anche perché non ne esistono più da tempo, e abbiamo la peggiore classe dirigente dell’universo mondo. Ma sciabola e champagne, se la meni agli altri pretendendo sacrifici, un po’ confliggono. E un po’ come nel tuo programma di culto, il «’è sempre fatto così» non significa che sia fatto bene. Per dire: “Quattro ristoranti” è un format tedesco. In Germania, se proponi stage gratuiti, se la ridono alla grandissima. Pagano i dipendenti il giusto, di norma. In chiaro. E sarà forse per quello che molti dei nostri ragazzi, invece di emolumenti in visibilità, preferiscono il primo volo per Berlino. O per Londra. O per un qualunque posto nel mondo in cui chi carriera l’ha fatta non spieghi loro che devono pagare, prima di ricevere, per un gioco che è spesso truccato.

 

Quando un altro giornalista si prende la briga di verificare perché l’imprenditore solingo non trova dipendenti, quasi sempre scopre che lo stipendio era la metà di quello sbandierato. Stipendio che ai candidati, tra l’altro, spesso manco viene anticipato. Perché così si sentono i nostri imprenditori: donatori di lavoro. Chi giovane lo è ancora, può persino uscire da questa narrazione. O, come dice un tizio che appunto mi sta simpatico, ribaltare il risultato.