MIlano, 17 febbraio 1992: il presidente del Pio Albergo Trivulzio viene ammanettato mentre intasca una mazzetta. A fine marzo, ammette vent’anni di corruzioni. Ecco l’atto d’inizio di Tangentopoli

L'inchiesta Mani Pulite inizia trent'anni fa, il 17 febbraio 1992, con un arresto in flagranza. Quel pomeriggio a Milano i carabinieri ammanettano un dirigente pubblico di nomina politica, il socialista Mario Chiesa, nel suo ufficio di presidente dello storico ospizio Pio Albergo Trivulzio. L’ingegner Chiesa ha appena intascato sette milioni di lire in contanti, pari a 3500 euro. Banconote consegnate da un piccolo imprenditore di Monza, Luca Magni, stanco di essere taglieggiato, che ha denunciato quella concussione all'allora semi-sconosciuto pubblico ministero Antonio Di Pietro.

L’arresto del tangentista con le mani nel sacco crea scandalo attorno al sistema di potere del Partito socialista italiano, il partito di governo che da più di un decennio è dominato da Bettino Craxi. Il 3 marzo il leader milanese del Psi, intervistato dal Tg3, tenta di circoscrivere il caso scaricando Chiesa: «Una delle vittime di questa storia sono proprio io... Mi trovo davanti a un mariuolo che getta un’ombra su tutta l’immagine di un partito che a Milano, in 50 anni, non ha mai avuto un amministratore condannato per reati gravi contro la pubblica amministrazione».

 

Chiesa resta in carcere e per più di un mese tace. Il 23 marzo 1992 rompe il silenzio: «Intendo dire la verità». Il pm Di Pietro e il giudice Italo Ghitti gli lasciano spiegare tutta la sua carriera politica, il dramma familiare provocato dall’arresto, la consapevolezza di essere stato lasciato solo dal vertice del suo partito. Quel mattino, a San Vittore, Chiesa non si limita a confessare l’accusa per cui è stato ammanettato, ma vuota il sacco. Ammette di aver intascato la sua prima mazzetta «nel 1974 circa» e la penultima «due o tre ore prima dell’arresto», precisando di aver buttato quei soldi nel water durante la perquisizione per l'ultima fatale tangente di Magni.

 

A verbale finiscono quasi vent’anni di corruzioni. Chiesa elenca 16 aziende che gli hanno versato denaro per vincere appalti. E mette a verbale anche a quali politici portava una parte dei soldi, confermando i nomi e le cifre annotate in un foglio sequestrato dai carabinieri a casa sua, tra cui spiccano gli ultimi due sindaci socialisti di Milano, Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri.

 

Pochi giorni dopo, le confessioni di Chiesa provocano la prima retata di otto imprenditori, che confessano e chiamano in causa altri. È l’inizio dell'effetto-valanga che fa crollare il sistema. Da un arresto all’altro, da una confessione all’altra, l’inchiesta si allarga in pochi mesi a tutte le centrali degli appalti pubblici del Comune di Milano e della Regione Lombardia.