Nel 1992 l’inchiesta Mani Pulite si allarga a tutti gli appalti regionali: al centro del sistema c’è il segretario amministrativo della Dc. Che in estate comincia a parlare, come gli altri «collettori» dei partiti, confermando le accuse a decine di imprenditori e politici

Dopo le confessioni di Mario Chiesa, l'inchiesta Mani Pulite continua ad allargarsi, in un clima mai visto prima: decine di imprenditori e politici fanno le file in Procura per ammettere le proprie colpe e confessare nuove tangenti. 

 

Tra la primavera e l'estate del 1992 le indagini travolgono tutte le aziende comunali e regionali e gli altri istituti governati dai partiti: Ipab (per le svendite di immobili pubblici), Mm (forniture per la linea 3 e parcheggi del metrò), Atm (acquisti di tram e bus), Sea (soprattutto il nuovo aeroporto di Malpensa 2000), Aem (appalti delle centrali elettriche), Ferrovie Nord (stazioni e treni regionali), discariche e progetti ambientali gestiti dalla Regione Lombardia. Le indagini svelano un sistema, cioè una rete di corruzione capillare, organizzata, gerarchica, che si ripete con diversi protagonisti: in ciascuna azienda pubblica, gli amministratori di nomina politica orientano gli appalti a favore di un club di imprese protette, che in cambio versano soldi in nero ai politici e ai partiti di governo. I personaggi centrali sono i tesorieri, che vengono ribattezzati collettori (cioè raccoglitori) di tangenti. Uno dei più importanti è Gianstefano Frigerio, il segretario amministrativo della Dc lombarda, che ha il ruolo di esattore e gestore delle tangenti sugli appalti di livello regionale. Incastrato dalle ammissioni degli altri collettori, anche Frigerio, dopo l'arresto, finisce per confessare una lunghissima serie di casi di corruzione e finanziamento illecito del partito.

 

In questo interrogatorio del 31 luglio 1992, in particolare, il tesoriere della Dc lombarda parla di tangenti versate dai colossi nazionali delle costruzioni. Frigerio ammette di aver intascato personalmente buste di soldi in contanti, che gli venivano consegnati da un manager del gruppo Gavio. E chiama in causa, ma per un presunto finanziamento gestito da altri tesorieri a Roma, anche un big dell'edilizia e dell'editoria come Francesco Gaetano Caltagirone, che ha sempre respinto ogni accusa. Dopo la riforma delle regole dei processi, che a partire dal 1997 ha reso inutilizzabili i verbali d'accusa non confermati in tribunale, Frigerio si è rifiutato di deporre, E Caltagirone, come tutti gli altri ex accusati, ha ottenuto una piena assoluzione. 

 

Negli stessi mesi, nel nuovo clima della Bicamerale e del dialogo sulla giustizia tra centrosinistra e centrodestra, il silenzio di Frigerio viene imitato da altri ex pentiti di Tangentopoli, con l'effetto di azzerare o ridimensionare le accuse in molti altri processi a imputati eccellenti. Nonostante tre condanne definitive per corruzione, concussione e finanziamenti illeciti, nel 2001 Frigerio viene candidato in Puglia da Forza Italia, in un seggio sicuro, e diventa parlamentare. Due giorni dopo l’elezione, viene colpito dall'ordine definitivo di esecuzione della pena, cumulata a quattro anni, ma dopo un tempestivo ricovero all'ospedale San Raffaele ottiene la detenzione domiciliare.

Nel maggio 2014 Frigerio viene riarrestato e ricondannato come uno dei registi delle tangenti dell'Expo di Milano e degli appalti della sanità lombarda.